Sospendere la Repubblica Ceca, emarginarla... Il presidente ceco Václav Klaus si è rifiutato di ratificare il trattato di Lisbona, e ora Bruxelles pensa a come punire Praga. Ma anche il popolo ceco deve pagare per le scelte del suo presidente?
I poteri del capo dello stato sono limitati, e il suo ruolo dovrebbe essere puramente rappresentativo. Ma Klaus si sente intellettualmente superiore, e continua a confondere il suo ruolo istituzionale con le sue opinioni personali, che esprime ogni volta che ne ha l'occasione. Per distinguersi è pronto a sostenere idee contrarie a quelle della maggioranza. Ad esempio, mentre il mondo scientifico è ormai concorde nell'affermare il riscaldamento del pianeta, Klaus pubblica libri in cui spiega che la terra si sta raffreddando. Con Lisbona è lo stesso: anche se i cechi vogliono che lui ratifichi il trattato, il presidente resiste. Gira le spalle all'Europa e si rivolge a Mosca, per aprire le porte del nucleare ceco alle imprese russe. Non riesce ad essere popolare in Europa? Allora sarà “il suo oppositore”, l'uomo che mostra i muscoli e gode del suo temporaneo potere. La strategia sembra funzionare, perché i cechi continuano a sostenerlo, come mostra un recente sondaggio del quotidiano Lidové Noviny.
Alla vigilia della sua rielezione, nel 2008 – è stato votato dai parlamentari, non con elezioni popolari – il settimanale Respekt consigliava a Klaus di curare la sua deriva narcisistica, che lo rende incapace di rispettare i limiti stabiliti al suo ruolo dalla Costituzione. La Repubblica Ceca, già considerata un paese “esotico” nel panorama europeo, non ha guadagnato affatto dalla sua presidenza. Le pressioni di Bruxelles rafforzano il narcisismo di Klaus, il suo narcisismo isola ancora di più il paese, e il dibattito sull'Europa è diventato una questione personale. M.B.
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