Affermazione da verificare: Con l'istituzione di centri di detenzione per persone migranti in Albania, il governo italiano afferma che i giudici in Italia non possono non applicare le leggi nazionali, anche se in contrasto con la legislazione dell'Ue.
Contesto: Il governo italiano sostiene che i giudici italiani devono applicare le leggi nazionali, anche se in conflitto con la legislazione dell'Ue. Tensioni tra il governo italiano e la magistratura sono nate in seguito a un decreto che definisce i “paesi sicuri” per i richiedenti asilo, che secondo i critici viola il diritto dell'Ue. Esperti legali confutano questa affermazione, citando la supremazia del diritto dell'Ue sulle leggi nazionali in caso di conflitto, come stabilito dalla Corte di giustizia europea.
La conferenza stampa è stata convocata in tarda serata, dopo che il governo italiano si è riunito per ore a Palazzo Chigi per scrivere una nuova legge sui paesi considerati sicuri per le procedure accelerate di asilo a cui sottoporre i migranti, dopo che il 18 ottobre 2024 i giudici del tribunale di Roma non hanno convalidato il trattenimento di 12 richiedenti asilo, trasferiti forzatamente nei nuovi centri di detenzione in Albania e poi riportati in Italia in seguito alla decisione della Corte. Il caso ha scatenato uno scontro istituzionale tra magistratura e governo e rischia di fare naufragare il protocollo che Roma ha firmato con Tirana nel novembre del 2023 e che ha portato alla costruzione di due centri di detenzione gestiti dall’Italia a Shëngjin e a Gjadër, in Albania.
Dopo le organizzazioni umanitarie e i giornalisti, sono finiti sotto attacco del governo i giudici che, secondo Giorgia Meloni e i suoi alleati, non dovrebbero intromettersi in questo tipo di decisioni. “Non penso che siano i giudici a dover stabilire quali siano i paesi sicuri, ma il governo”, ha detto Meloni il 18 ottobre, chiarendo di voler portare avanti l’accordo con l’Albania per l’esternalizzazione delle richieste di asilo.
Durante la conferenza stampa il 21 ottobre 2024, il ministro della giustizia italiano, Carlo Nordio (Fratelli d’Italia, estrema destra) ed ex magistrato, ha accusato i giudici di non avere “compreso e letto” le indicazioni arrivate dalla corte di giustizia europea sui paesi sicuri e ha affermato che questa nuova legge non potrà essere disapplicata dai magistrati, suscitando molte critiche da parte degli esperti.
“Il giudice non può disapplicare una legge, tenderei a escludere che possa farlo”, ha detto il ministro, rispondendo alla stampa. Ma gli esperti, come il giurista Fulvio Vassallo Paleologo, lo hanno accusato di “mentire, sapendo di farlo”. Per la docente di diritto europeo all’università di Firenze Chiara Favilli: “È necessario rispettare la normativa europea. Tra l’altro è in virtù di questa normativa che abbiamo introdotto la lista dei paesi sicuri, quindi poi non possiamo decidere di dare il significato che vogliamo alla definizione di ‘paese sicuro’”.
Per il giurista e presidente del Consorzio italiano di solidarietà Gianfranco Schiavone, membro dell’Associazione studi giuridici sull’immigrazione (Asgi): “La norma europea è sovraordinata a quella nazionale, in caso di contrasto tra le due la seconda deve essere disapplicata dai giudici”. Per Schiavone, la nuova legge sui paesi sicuri sarebbe in contrasto con la normativa europea, in particolare con la direttiva 32 del 2013, la cosiddetta “direttiva procedure”, come è stato ribadito anche da una recente sentenza della corte di giustizia europea del 4 ottobre 2024, che ha stabilito che può essere considerato sicuro un paese, solo se lo è verso chiunque (anche verso le minoranze), in qualunque parte del suo territorio.
Il parere dei giuristi è stata confermato dalla decisione presa dal tribunale di Roma l’11 novembre 2024 quando ha rinviato alla corte di giustizia dell’Unione europea la decisione sul trattenimento di sette richiedenti asilo, il secondo gruppo di migranti provenienti dall’Egitto e dal Bangladesh, che sono stati portati in Albania con una nave militare italiana, dopo essere stati soccorsi nel Mediterraneo. I giudici italiani hanno ravvisato un contrasto tra il nuovo decreto “paesi sicuri” voluto dal governo italiano e la direttiva procedure dell’Unione europea.
In un comunicato stampa l’11 novembre il tribunale di Roma ha spiegato: “I giudici hanno ritenuto necessario disporre rinvio pregiudiziale alla corte di giustizia dell’Unione europea, formulando quattro quesiti, analogamente a quanto già disposto nei giorni scorsi da due collegi della stessa sezione […]. Il rinvio pregiudiziale è stato scelto come strumento più idoneo per chiarire vari profili di dubbia compatibilità con la disciplina sovranazionale emersi a seguito delle norme introdotte dal decreto legge”.
La decisione di Giorgia Meloni di scrivere una nuova legge e di andare avanti con i trasferimenti forzati in Albania, nonostante il parere negativo dei tribunali, ricorda la vicenda del premier conservatore britannico Rishi Sunak, quando la corte suprema del Regno Unito bocciò l’accordo di Londra con Kigali per esternalizzare in Ruanda le richieste d’asilo. Anche in quel caso Sunak provò a scrivere un’altra legge per aggirare la sentenza della corte. Anche altri tribunali italiani hanno chiesto un parere alla corte che ha sede nel Lussemburgo: il tribunale di Catania, Palermo, Bologna e Roma.
Il 25 ottobre il tribunale di Bologna ha chiesto alla corte di giustizia dell’Unione europea di esprimersi e di chiarire la sua posizione sulla nuova norma voluta da Meloni. Il tribunale era stato chiamato a esprimersi sul caso di un richiedente asilo proveniente dal Bangladesh, la cui richiesta di asilo è stata rigettata perché il suo paese di origine è stato considerato sicuro. Ma il tribunale italiano ha chiesto alla corte europea di giustizia di risolvere “alcuni contrasti interpretativi che si sono manifestati nell’ordinamento italiano e più in generale alla regolazione dei rapporti tra il diritto dell’Unione europea e il diritto nazionale”.
Nella sua richiesta alla corte di giustizia europea, il tribunale di Bologna ha usato un parallelo ardito con la Germania nazista che Meloni in una trasmissione televisiva ha definito “propagandistico”.
“Si potrebbe dire, paradossalmente, che la Germania sotto il regime nazista era un paese estremamente sicuro per la stragrande maggioranza della popolazione tedesca: fatti salvi gli ebrei, gli omosessuali, gli oppositori politici, le persone di etnia rom ed altri gruppi minoritari, oltre 60 milioni di tedeschi vantavano una condizione di sicurezza invidiabile. Lo stesso può dirsi dell’Italia sotto il regime fascista. Se si dovesse ritenere sicuro un paese quando la sicurezza è garantita alla generalità della popolazione, la nozione giuridica di paese di origine sicuro si potrebbe applicare a pressoché tutti i paesi del mondo, e sarebbe, dunque, una nozione priva di qualsiasi consistenza giuridica”, è scritto nel rinvio alla corte europea.
Nel frattempo il giudice che ha chiesto il rinvio alla corte di Strasburgo è stato attaccato sui social network e raggiunto da minacce, in particolare per aspetti della sua vita personale come la sua omosessualità. Stessa sorte per Silvia Albano, una delle sei giudici del tribunale di Roma che non hanno convalidato il trattenimento dei migranti in Albania, che è sotto scorta, dopo avere ricevuto negli ultimi giorni minacce di morte e lettere minatorie.
Sono sotto protezione anche i pubblici ministeri di Palermo che hanno chiesto sei anni di reclusione per l’attuale vicepremier e ministro dei trasporti Matteo Salvini, che è accusato di sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio, per avere bloccato per 19 giorni più di 100 migranti a bordo di una nave umanitaria, la spagnola Open Arms, al largo di Lampedusa nell’agosto del 2019, quando era ministro dell’interno. La sentenza definitiva per il leader della Lega è arrivata il 20 dicembre e Salvini non è stato condannato ma intanto la tensione tra il potere esecutivo e quello giudiziario è molto alta.
"C’è un’insofferenza dichiarata nei confronti di un potere che non risponde alle direttive del governo”, ha denunciato il presidente dell’Associazione nazionale magistrati (Anm) Giuseppe Santalucia. “I magistrati non sono il braccio esecutivo del governo", ha aggiunto parlando durante un’assemblea straordinaria a Bologna il 2 novembre. Per il giurista Vassallo Paleologo su X (ex Twitter, dove il suo account è stato nel frattempo sospeso): “Il governo italiano vuole dare una spallata alla magistratura prima della sentenza nel processo Salvini a Palermo. E spingere verso una riforma che prevede la separazione delle carriere dei magistrati, in modo da aumentare il suo controllo sulle procure”.
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