Attualità Pensioni

Altro che quota 100

Secondo l'ultimo rapporto dell'Istituto croato di previdenza oltre il 50 per cento dei pensionati che sono ancora in attività vive sull'orlo della povertà senza altra scelta se non quella di continuare a lavorare. Un modello ormai diffuso in altri paesi europei.

Pubblicato il 14 Ottobre 2019 alle 07:38

La maggior parte dei pensionati in Croazia riceve la pensione media, che nel mese di luglio è stata di 2.228 kune (300 euro), molti però ricevono una pensione inferiore a 1.000 kune. Se consideriamo anche gli anziani che ricevono assegni compresi tra i due importi citati, le persone con un reddito inferiore a 2.228 kune raggiungono quota 586.613: si tratta del 55,31 per cento dei pensionati. L’idea di “tranquillità” e pensione è ben lontana dalla realtà:  

Il sistema pensionistico croato ha diversi problemi: dall'inizio del 2019, la procedura per richiedere una pensione di anzianità è diventata più complicata, e allo stesso tempo le pensioni anticipate vengono ridotte in maniera sistematica. È il grande dilemma del sistema croato, che cerca di trovare la “formula giusta" da trent'anni.

Con il sistema pensionistico previsto dalla legge, tutti i nati dal 1963 sono obbligati a lavorare fino a 65 anni, eccezion fatta per coloro che hanno già completato 41 anni di lavoro. Tutti i nati dopo il 1966 devono lavorare fino a 67 anni, a meno che non lavorino già da 41 anni.

Considerando i problemi odierni (difficoltà a trovare e mantenere un’occupazione, il lavoro precario in aumento, contratti di lavoro atipici, soprattutto per i giovani) sarà sempre più difficile raggiungere 41 anni di lavoro prima dei 67 anni. Raggiungere questo obiettivo sembra un sogno per la maggior parte delle persone.

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Chi sceglie o ha necessità di richiedere una pensione anticipata sarà punito dal governo: l’importo delle pensioni di anzianità sarà ridotto in modo costante dello 0,3 per cento per ciascun mese precedente il pensionamento, ossia del 3,6 per cento annuo e fino al 18 per cento nei cinque anni prima del pensionamento previsto dalla legge. La riduzione è permanente e non dipende dalla lunghezza del periodo qualificante completato.

L’iniziativa "67 è troppo" e l’azione civica per il cambiamento

I cittadini stanno organizzando proteste in risposta a questi problemi: il malcontento si evidenzia nel supporto alla campagna "67 è troppo" lanciata quest'anno. L’iniziativa chiede che una persona assicurata abbia diritto a una pensione di anzianità al raggiungimento dei 65 anni, come avveniva prima della riforma delle pensioni, e che vengano rimosse le sanzioni per le pensioni di anzianità anticipate. Inoltre, si chiede la fine delle discriminazioni nei confronti dei lavoratori più anziani e opportunità di lavoro dopo i 65 anni per tutti coloro che le desiderano.

L’iniziativa ha raccolto un numero sufficiente di firme, più di 740mila, a favore di un referendum da indire sull'età di pensionamento e sulla riduzione delle sanzioni in caso di pensionamento anticipato. Se dovesse avere un esito positivo, il referendum riporterebbe l’età pensionabile a 65 anni, abolendo il piano di innalzamento a 67. Inoltre, ridurrebbe le sanzioni sulle pensioni di anzianità anticipate, che scenderebbero dallo 0,3 per cento per ogni mese prima dell’età pensionabile allo 0,2 per cento. La maggior riduzione per il prepensionamento, nel caso di ritiro dal lavoro cinque anni prima della data ufficiale, sarebbe del 12 per cento invece che del 18.

Tuttavia, l'iniziativa non include una questione importante: la privatizzazione del sistema di assicurazione pensionistica, o più precisamente il cosiddetto secondopilastro dellepensioni. Questo schema, proposto dalla Banca mondiale, è stato introdotto nel corso degli anni Novanta come modello per i paesi in transizione.

Il modello è applicato da tutti gli ex paesi socialisti, ad eccezione della Repubblica Ceca e della Slovenia, che lo adottano su base volontaria. Dopo che il modello si è rivelato dannoso per la sostenibilità delle pensioni e delle finanze pubbliche, Ungheria, Polonia e Slovacchia hanno deciso di annullare questa modalità, mentre la Croazia non ha piani del genere per il momento.

L’unione dei pensionati croati ha evidenziato il fatto che assegnare più fondi al secondo pilastro provoca una riduzione del primo pilastro, quello cioè basato sulla solidarietà intergenerazionale. I fondi pensione investono utilizzando il secondo pilastro, al fine di far crescere la propria dimensione, anche se in realtà le cose funzionano in modo diverso.

Gran parte del problema con il secondo pilastro è che i fondi pensione sono stati investiti in imprese rischiose. Il caso del fallimento della ditta Agrokor, nelle cui azioni era investita la maggior parte dei fondi pensione, mostra quanto fossero mal gestiti gli investimenti. I pensionati hanno ora "libertà di scelta” tra i fondi pensione obbligatori che comprendono il primo e il secondo pilastro, e i fondi pensione obbligatori basati sulla solidarietà intergenerazionale. Nei primi quattro mesi di quest'anno, il 41,5 per cento ha scelto i fondi pensione obbligatori, percentuale che in agosto ha raggiunto il 60,8 per cento.

Il primo ministro Plenković ha di recente [dichiarato(https://www.index.hr/vijesti/clanak/plenkovic-prihvatio-sve-zahtjeve-inicijative-67-je-previse/2117496.aspx) che il governo accetterà tutte le richieste avanzate dall’iniziativa "67 è troppo". Ma i sindacati non cedono sul fronte referendum: hanno fatto tesoro della loro esperienza del 2010, quando hanno rinunciato a un referendum sulla legge sul lavoro, pur avendo raccolto 810mila firme.

Povertà quotidiana

Oltre l'età pensionabile, il livello molto basso delle pensioni rende difficile la sopravvivenza. Il dato più emblematico è livello delle pensioni in percentuale sul salario netto mensile medio. Nel 1990, la percentuale era del 77,23 per cento; dopo la guerra, era scesa al 45,88 per cento; oggi è solo al 37.7 per cento.

Lavorare da pensionati in Croazia

Dal 2004, in Croazia è possibile lavorare part-time dopo il pensionamento, ma solo per chi aveva diritto a una pensione di anzianità, quindi per gli uomini di età superiore a 65 anni e per le donne sopra i 62 anni. Dall'inizio del 2019, è consentito a chiunque, inclusi quelli con pensioni di anzianità anticipate, a dipendenti militari attivi in pensione, a funzionari di polizia e altri funzionari.

Secondo le ultime informazioni dell’istituto di previdenza sociale croato, ci sono attualmente 11.558 pensionati che lavorano, di cui 6.931 uomini e 4.627 donne. Il dato che evidenzia di più l'aumento di pensionati che tornano a lavorare è il tasso di occupazione media (la media del 2019 è calcolata sui dati raccolti fino alla fine di luglio). Dal 2017 al 2018 vi è stato un lieve aumento mentre nel 2019 il dato è raddoppiato.

I pensionati in Croazia lavorano principalmente in ambito tecnico e in attività professionali, oltre che nei servizi sanitari e nel commercio. Prima della stagione estiva appena trascorsa, si sono susseguiti annunci di lavoro in cerca di lavoratori stagionali pensionati. Uno di questi era particolarmente originale: la catena di negozi al dettaglio Spar proponeva ai pensionati un lavoro part-time con due giorni liberi, pasti caldi, spese di viaggio incluse e il pagamento nella prima settimana del mese. Si offriva anche "tempo libero per nuotare e prendere il sole" con un asciugamano e una crema solare in omaggio.

Prima della stagione estiva, l’ex Ministro del Lavoro e della Previdenza sociale, Marko Pavić, aveva fatto una dichiarazione rivelatrice: sempre più pensionati lavorano perché desiderano socializzare e non perché non hanno abbastanza soldi per vivere dignitosamente. Naturalmente, la sua affermazione è parzialmente vera, ma resta il fatto che il 50 per cento dei pensionati vivono sulla soglia della povertà e l’unica possibilità è continuare a lavorare.

Prospettiva europea e confronti

Nel marzo di quest'anno, il parlamento slovacco ha stabilito che l'età pensionabile doveva essere limitata a 64 anni. La decisione è stata presa nel corso dell'iniziativa di referendum avanzata dai sindacati che sostenevano la stessa richiesta. Croazia e Bulgaria sono gli unici membri Ue che hanno aumentato l'età pensionabile a 67 anni, nonostante registrino un’aspettativa di vita inferiore rispetto alla media comunitaria.

Nel corso degli ultimi due anni, Polonia e Repubblica Ceca hanno abbandonato il piano di aumentare l'età pensionabile oltre i 65 anni, seguite dalla Slovacchia. Fino a poco tempo fa, l'età pensionabile in Slovacchia era 62 anni, ma dall'inizio del 2017 ha cominciato ad aumentare in proporzione alla speranza di vita. Ciò ha spianato la strada a un aumento illimitato dell’età pensionabile: quest'anno, l'età per andare in pensione in Slovacchia è 62,5 anni, ma in base alle proiezioni, il limite di 64 anni sarà raggiunto entro il 2030.

Un sondaggio realizzato quest'anno da ING Bank mostra che la preoccupazione di non avere abbastanza denaro nel corso della pensione è per lo più presente nei paesi con una maggiore coesione sociale. Sono state intervistate 15mila persone, di cui 2.700 già in pensione. La principale scoperta è che la maggior parte delle persone hanno detto che le loro pensioni non sarebbero sufficienti per mantenere un tenore di vita dignitoso.

Le donne si preoccupano molto di più (66 per cento) rispetto agli uomini (56 per cento). I più preoccupati sono spagnoli e francesi, tra i quali la quota di quanti pensano di non avere abbastanza denaro raggiunge i due terzi. Negli Stati Uniti, la "fortezza del capitalismo", il 62 per cento degli intervistati ritiene che non potrà risparmiare sufficiente denaro per quando sarà in pensione. Circa la metà dei pensionati in Europa afferma di non godere dello stesso tenore di vita che aveva durante il periodo di attività lavorativa. 

Dall’altra parte, la metà dei lavoratori cechi si aspetta di mantenere lo stesso standard di vita durante la pensione. Questo perché la maggior parte dei Cechi prevede di continuare a guadagnare dopo il pensionamento: il 63 per cento degli intervistati in Repubblica Ceca prevede di lavorare durante il periodo della pensione, contro il 54 per di tutti gli altri europei.

La Danimarca e i Paesi Bassi stanno progettando modifiche per i propri sistemi pensionistici nel 2020, quando l'età pensionabile raggiungerà i 67 anni. Le condizioni più restrittive si trovano in Irlanda, attualmente “una terra promessa" per i croati: qui, l’età pensionabile è fissata a 66 anni attualmente, e dovrebbe aumentare fino a 68 entro il 2028. Ma molti cittadini si opporranno a questa riforma.

Una pensione pacifica sembra, al contrario, una battaglia.

Cet article est publié en partenariat avec the European Data Journalism Network

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