Quando si parla dell'attualità in materia di migrazione, mi viene in mente la recente caduta politica di Rishi Sunak. Per evitare una debacle elettorale, l'ex primo ministro conservatore del Regno Unito si era aggrappato alla questione migratoria. Sunak aveva moltiplicato le proposte come la “soluzione ruandese” e messo in discussione la Corte europea dei diritti dell'uomo (Corte EDU) – che gli aveva impedito di attuare il suo piano di espulsione – in una operazione che alla fine aveva visto trionfare la sinistra britannica.
All'epoca, Sunak sembrava solo.Oggi le cose sono ben diverse. In una lettera pubblicata il 22 maggio, nove paesi europei (Danimarca, Italia, Polonia, Belgio, Austria, Repubblica Ceca, Estonia, Lettonia, Lituania) hanno attaccato la Corte, accusandola di aver in alcuni casi ampliato eccessivamente la portata della Convenzione europea dei diritti dell'uomo. Secondo loro la Corte impedirebbe agli stati membri di esercitare la loro autorità in materia di espulsione di stranieri che hanno commesso reati e, per questo, chiedono che venga rivalutato il ruolo dell'istanza internazionale.
Il Consiglio d'Europa, da cui dipende la Corte, ha richiamato all'ordine gli stati firmatari e ha invitato a non politicizzare la questione, e si è rifiutato di indebolire la Convenzione europea dei diritti dell'uomo (Cedu).
Una china pericolosa
“Sono sorpresa e triste nel vedere che il Belgio si allea con paesi che hanno già attaccato frontalmente la giustizia”, si rammarica Françoise Tulkens, ex giudice e poi vicepresidente della Corte europea dei diritti dell'uomo, intervistata da Agathe Decleire per il quotidiano belga Le Soir. “Il Belgio è sempre stato all'avanguardia su queste questioni”, precisa. “Questa firma è difficile da capire”.
Per Tulkens, l'argomento secondo cui la Corte si sarebbe allontanata dalla sua interpretazione originale non regge, dato il suo carattere vivo e malleabile e vede nella lettera aperta un “attacco allo stato di diritto” e nell'interpretazione richiesta dai firmatari un “becchino dei diritti fondamentali”. La posta in gioco è alta: la Corte europea dei diritti dell'uomo può impedire un'espulsione se la persona interessata rischia di subire torture o trattamenti inumani o degradanti nel paese di destinazione.
Il quotidiano belga ha inoltre pubblicato la risposta di quindici docenti universitari scandalizzati dall'atteggiamento degli stati firmatari.
Sul quotidiano danese Berlingske, Kalinka Aaman Agger intervista Zenia Stampe, portavoce del partito Radikale Venstre (RV, centro-sinistra). Anche se il suo partito sostiene l'idea di poter espellere i cittadini stranieri che hanno commesso reati, Stampe si pone diverse domande. "Qual è la definizione di criminale incallito? I piccoli delinquenti rischiano di essere espulsi? E cosa serve per essere espulsi?". Per Stampe, emerge una domanda: vogliamo abbandonare l'idea di proporzionalità nel giudizio? “Lo scenario peggiore è che anche le persone con passaporto danese ma di origine straniera comincino a temere di essere considerate cittadini di seconda categoria, di cui in realtà si cerca la prima occasione per sbarazzarsi”, scrive.
“I diritti fondamentali non sono concessioni”
Su Valigia Blu Giulio Fedele propone un'analisi lunga ed esaustiva della lettera aperta e delle sue possibili derive. Tra le altre questioni, Fedele sottolinea il fatto che essa mette in discussione “il concetto stesso di diritti umani, suggerendo che la loro protezione debba essere ‘meritata’ e possa invece essere persa qualora un cittadino non si conformi alle regole del vivere sociale”.
La lettera, osserva Fedele, “afferma che alcuni migranti avrebbero scelto di non integrarsi, ‘isolandosi in società parallele e allontanandosi dai valori fondamentali di uguaglianza, democrazia e libertà’, fino a non contribuire ‘positivamente alla società che li ha accolti, optando per la commissione di reati’. Da ciò si deduce che, proprio per queste ragioni, la tutela dei loro diritti dovrebbe essere ridotta o attenuata: ‘È incomprensibile come alcune persone possano arrivare nei nostri paesi, godere della nostra libertà e delle nostre ampie opportunità e, addirittura, scegliere di commettere reati’”.
Quando si parla di migrazione, emerge una questione fondamentale: a chi spettano i diritti? “I diritti fondamentali non sono concessioni discrezionali, bensì garanzie imprescindibili da rispettare per ogni individuo, indipendentemente dalla condotta, dal status, dalle circostanze politiche, dalla presenza di precedenti penali o dalla maniera regolare o irregolare in cui l’individuo entra nel territorio dello Stato”, conclude.
Su Il Manifesto, Giansandro Merli si interroga sulla finalità di una simile rivalutazione del ruolo della Corte europea dei diritti dell'uomo. “Per scardinare i diritti si parte sempre dai casi limite, dai ‘nemici pubblici’. Ma non ci si ferma mai là”, afferma: “Lo dimostrano le deportazioni illegali di Donald Trump, che coinvolgono anche persone senza precedenti penali e sono al centro di un duro scontro con la magistratura. La lettera si inserisce in quel solco: ha toni soft, ma il segnale è evidente”.
La Corte non è un'istituzione completamente scollegata dal resto del mondo: il suo bilancio dipende in gran parte dai finanziamenti degli stati membri e i giudici sono nominati a livello nazionale, come ricorda Merli.
Pasquale De Sena, professore di diritto internazionale a Palermo, precisa al giornalista che “la cosa grave è che quest’azione può preludere a un inadempimento collettivo e concertato delle sentenze Cedu in materia, nel caso in cui non si arrivi a un accordo. Ma la giurisprudenza di una Corte non può essere oggetto di contrattazione”.
“In ogni caso, per quanto ne dica Meloni, la lettera non ha riscosso successo. Oltre alla Danimarca [e all’Italia], l’hanno firmata solo in sette”, conclude Merli. “Colpisce l’assenza di Germania e altri grandi paesi Ue. Nove sui 27 membri Ue è poco. Nove sui 46 membri del Consiglio d’Europa, dove la Cedu è incardinata, ancora meno. Ma tant’è: la strada è stata aperta.”
Un paese contro la Corte europea dei diritti dell'uomo ieri, nove oggi. Quanti domani?
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