Manifesto di una campagna per l'unità del Belgio. K/Flickr

Bruxelles volta le spalle al francese

Ovunque a Bruxelles, e non solo nelle istituzioni internazionali, la lingua francese perde terreno in favore dell'inglese. In un paese che non ne ha una comune, la lingua di Shakespeare permette di evitare di scegliere tra il francese e il fiammingo, spiega il corrispondente di Le Monde in Belgio. 

Pubblicato il 22 Dicembre 2009 alle 16:08
Manifesto di una campagna per l'unità del Belgio. K/Flickr

Alla Commissione europea, durante quel grande circo mediatico che è l'incontro con la stampa organizzato per le centinaia di corrispondenti presenti a Bruxelles, il francese si batte per mantenere il suo posto. Insieme all'inglese rappresenta una delle due lingue di questa seduta un po' dimessa, in cui il portavoce del presidente Barroso e diversi commissari rispondono alle domande. Per convinzione, per distrazione o per incapacità, alcuni di questi funzionari evitano però di fare ricorso al francese. Sono talvolta richiamati all'ordine dai giornalisti francofoni, aiutati da molti colleghi dell'Europa latina, dei paesi dell'est e da alcuni tedeschi che rifiutano di piegarsi a monopolio dell'inglese.

Un po' più lontano, nel quartiere generale della Nato, la posizione della lingua francese corre rischi ancora maggiori. Infatti il francese, che pure è la seconda lingua ufficiale dell'Alleanza atlantica, è ormai quasi assente dalle riunioni e dalle sedute di informazione. La predominanza americana, la successione di segretari generali per lo più anglofoni, la situazione a lungo paradossale della Francia - un piede dentro e uno fuori dall'Alleanza - e la presenza limitata di corrispondenti di media francofoni concorrono a giustificare questa situazione.

Poche illusioni

A Bruxelles, regione bilingue popolata per circa il 90 per cento da francofoni, questa lingua perde terreno anche al di fuori delle grandi organizzazioni internazionali. È sempre meno praticata ovunque, si dice alla Maison de la Francité, una struttura che vuole promuovere la lingua di Voltaire. In un rapporto pubblicato di recente, questa emanazione del Parlamento regionale di Bruxelles ha messo in evidenza un livello di anglicizzazione che si spiega con il suo status di capitale internazionale, ma che desta comunque viva preoccupazione. "L'inglese permette agli organismi e alle imprese non solo di eludere il multilinguismo, ma di minimizzare l'importanza reale del francese", osserva Serge Moureaux, presidente della Maison de la Francité.

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Quanto valgono, di fronte alla realtà dei fatti, le affermazioni dei difensori del francese? A quanto pare non molto. La constatazione fatta dalla Maison de la Francité non lascia illusioni. Nei messaggi ufficiali della pubblica amministrazione belga, delle imprese (pubbliche o private), del mondo culturale o dei media, l'inglese ha ormai un ruolo preponderante, fino ad arrivare a risultati paradossali. Oggi infatti vengono tollerate frasi come: "Voglio fare un print con gli slashs in bold", si vola su una compagnia il cui motto è "Flying your way", si apre un centro congressi battezzato Brussels Meeting Center, si compra un biglietto della metro alla Bootik, si presenta la propria dichiarazione dei redditi sul sito Tax on Web, si va a vedere un film d'essai alla Cinematek e una mostra al Bozar.

Salvare il salvabile

Perché tanto odio per il francese? Perché l'inglese, qui più che altrove, è l'idioma più comune, quello che permette a tutti di capire più o meno quello che dice l'altro; perché permette di evitare di scegliere fra il francese e l'olandese - due delle tre lingue ufficiali del regno belga, oltre al tedesco; perché non disturba nessuno, neanche i francofoni, in un paese "poco a suo agio con la lingua", come spiega lo scrittore e giornalista Nicolas Crousse. In questo strano paese che non possiede alcuna lingua comune (non esiste la lingua "belga"), il fiammingo e il "francese del Belgio" sono accanto ai loro fratelli maggiori (il neerlandese dei Paesi Bassi e il francese della Francia) "dei moscerini davanti a un leone, delle malformazioni genetiche", dice Crousse. Ecco perché il belga francofono ha preso l'abitudine di esprimersi soprattutto per immagini, stanco di sentirsi dire complimenti del genere: "lei parla bene per essere un belga".

In un tentativo tanto disperato quanto commovente, la Maison de la Francité cerca di salvare il salvabile. Una sua pubblicazione raccoglie un elenco di anglicismi ammessi e altri da evitare. Fra i primi milk-shake, call-girl o pole position. Fra i secondi, bulldozer, chatter e camping-car. Ma è difficile immaginare dei sinonimi in francese altrettanto efficaci.

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