Attualità COP21 a Parigi

È ora che l’Europa agisca concretamente sul cambiamento climatico

In materia di riduzione delle emissioni di gas serra gli europei dovrebbero ispirarsi all'approccio pragmatico di Barack Obama e concentrarsi sulle politiche e sulla loro messa in atto anziché fissare degli obiettivi ambiziosi e a volte irraggiungibili, ritiene il fondatore di Climate Answers.

Pubblicato il 30 Novembre 2015 alle 09:01

Da oggi i leader mondiali si riuniscono a Parigi per la conferenza annuale dell’Onu sul clima (COP21), che quest’anno coincide con l’undicesima sessione della Riunione delle Parti del Protocollo di Kyoto. Il presidente degli Stati Uniti Barack Obama sarà presente, come anche il suo omologo cinese Xi Jimping. A dirigere i lavori della conferenza sarà il ministro degli esteri francese Laurent Fabius.

Ma questo sembra essere l’unico contributo europeo al dibattito. L’Unione europea si vanta di essere fra i leader della lotta al cambiamento climatico, ma in realtà la sua è un’azione di supporto. Di questo ne risente l’azione internazionale per il clima, dato che l’Europa è una delle maggiori produttrici di gas serra. Inoltre ne risente anche il “progetto europeo”. Le frontiere dei singoli stati non fermano l’inquinamento, e le politiche ecologiche sono ben più efficaci su scala continentale che non nei singoli Stati.

È vero che l’Europa in passato è stata leader nei negoziati internazionali e nella definizione degli obiettivi. L’Ue ha assunto il più grande impegno per la riduzione dei gas serra nel Protocollo di Kyoto del 1997. Inoltre, l’Europa ha rivestito un ruolo fondamentale nella creazione di un Sistema sovranazionale di scambio delle quote di emissione (Ets, dall’inglese Emissions Trade System). Ma le decisioni sulla decarbonizzazione sono state deludenti, e il prezzo del carbonio stabilito dall’Ets è irrisorio.

I negoziati di Parigi porteranno probabilmente ad un accordo. I governi annunceranno un significativo passo avanti; le Ong condanneranno l’ennesimo fallimento; il settore industriale farà presente che l’accordo non dà chiarezza sulle politiche future. La conferenza di Parigi è organizzata dalla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti Climatici (UNFCCC), ma una conferenza dell’Onu non è il quadro più adatto per stabilire una linea politica, e in ogni caso l’UNFCCC ha adottato una strategia dal basso in cui i firmatari della Convenzione (inclusi l’Ue e i suoi stati membri) dichiarano cosa sono pronti a fare per ridurre le emissioni. Questo approccio è stato scelto affinché il presidente degli Stati Uniti possa poi ratificare l’accordo senza dover passare dal Congresso, dato che al momento non ci sono chance che il Senato americano ratifichi un trattato internazionale sul clima.

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Obama considera gli interventi a favore del clima come una parte importante del suo lascito politico, ed è per questo che sta mettendo in atto politiche ambiziose sull’energia e sull’ambiente. Durante il suo primo mandato, tentò di introdurre un sistema federale di cap-and-trade (scambio di quote di carbonio), basato su tetti massimi di emissioni permesse e sullo scambio delle quote avanzate, ma non riuscì a farlo approvare dal Congresso. Quindi si sta servendo del Clean Air Act del 1970 per regolare l’inquinamento provocato dalle centrali elettriche.

La legge del 1970 era stata approvata per occuparsi delle emissioni tossiche nell’aria, ma la Corte suprema degli Stati Uniti ha stabilito che anche i gas serra sono inquinanti, e possono dunque essere regolati dal Clean Air Act. Obama ne ha quindi assegnato la regolamentazione all’Agenzia statunitense per la protezione dell’ambiente (EPA, Environmental Protection Agency). Il Canada e il Regno Unito posseggono già delle leggi che vietano la costruzione di nuove centrali elettriche a carbone se sprovviste di impianto di cattura e stoccaggio del carbonio. Le leggi americane faranno lo stesso, ma imporranno questa norma anche alle centrali a carbone esistenti, e dunque molte di esse saranno costrette a chiudere.

Prezzo del carbonio

Grazie alla sua attenzione verso le scelte politiche e la loro realizzazione invece che verso la definizione di traguardi da raggiungere, Obama è il leader mondiale che dimostra l’approccio più efficace sugli interventi per il clima. È arrivato il momento che l’Ue segua il suo esempio. La Commissione dovrebbe proporre un regolamento che limiti la quantità di gas serra che le centrali elettriche possono emettere per ogni unità di elettricità prodotta. Il Consiglio e il parlamento Ue dovrebbero poi approvare questo regolamento.

In un mondo ideale, il prezzo del carbone aumenterebbe quel tanto da far chiudere le centrali a carbone (a meno che non abbiano impianti di cattura e stoccaggio del carbonio), e indirizzare gli investimenti verso risorse di energia a basso contenuto di carbonio dovrebbe essere la strategia migliore. Ma non viviamo in un mondo ideale. Negli anni Ottanta l’allora presidente della commissione europea Jacques Delors aveva proposto di istituire la tassa energia/carbonio, ma era stata rifiutata dagli stati membri, guidati dal Regno Unito secondo i quali la materia sarebbe stata gestita in modo più efficace a livello nazionale. Al suo posto, l’Ue introdusse l’Ets. I tentativi di rafforzare questo approccio e stabilire un adeguato prezzo del carbonio sono stati bloccati, di nuovo in parte per ragioni di sussidiarietà.

Le tasse sono materia di competenza dei governi nazionali, ma il sistema cap-and-trade è un meccanismo di mercato, quindi tecnicamente non una tassa. Tuttavia i tentativi di rendere operativa la definizione del prezzo del carbonio sono criticati dai politici dei Paesi euroscettici che li definiscono un insidioso federalismo fiscale. Al tempo delle trattative che portarono alla direttiva sullo scambio di quote di emissioni di gas serra del 2008, il premier dell’epoca Gordon Brown inviò una lettera di monito alla commissione in cui sostenne che quelle proposte avevano troppo l’aria di tassazione. La Commissione le attenuò e l’Ets resta uno strumento inefficace.

Nella politica per il clima, come in politica in generale, non ha senso contrapporre l’ottimo risultato irraggiungibile al buon risultato raggiungibile. Concepire regolamenti efficaci ha più senso di agognare un prezzo ragionevole del carbonio. L’Ue ha compiuto consistenti riduzioni dell’inquinamento tossico dell’aria derivante da centrali elettriche grazie alla regolamentazione: a esempio, la direttiva sui grandi impianti di combustione, quella sulla prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento e quella sulle emissioni industriali. Quest’ultima dovrebbe essere modificata in modo da includere degli standard di prestazioni in materia di emissioni, ossia un limite alla quantità consentita di gas serra che vengono emessi per ogni unità di elettricità generata. Questo condurrebbe a una notevole riduzione dell’inquinamento.

Potrebbe anche condurre alla creazione su vasta scala di centrali a carbone o a gas con impianti di cattura e stoccaggio del carbonio. Nel 2008 l’Ue aveva promesso che a partire dal 2015 sarebbero state operative fra le dieci e le dodici centrali elettriche di questo tipo. Non ne esiste nessuna. La lezione è semplice: ’epoca delle promesse e degli traguardi da raggiungere è finita; ora è arrivato il momento di agire.

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