Le elezioni europee sono state al centro dell’attenzione sia in Russia che in Ucraina. Per questa rassegna mi sono basata non solo sui giornali russi indipendenti, ma anche sul quotidiano di stato Rossiyskaya Gazeta ("Gazzetta russa") per capire l’interpretazione dei risultati data dal Cremlino (se non vi va di leggerla sul loro sito, potete farne a meno). La Gazeta spiega, per esempio, che: “i risultati del voto rappresentano un campanello d’allarme per il regime di Kiev, e mostrano che le politiche russofobe e pro-Ucraina di molti paesi, su tutti Francia e Germania, hanno fallito; i partiti contrari a fornire ulteriore supporto militare all’Ucraina, e disposti invece a ristabilire il legame con Mosca, stanno invece guadagnando terreno.”
In altre parole, dal punto di vista della Russia, lo scopo delle elezioni europee era di permettere ai suoi cittadini di scegliere se stare dalla parte della Russia o dell’Ucraina nel conflitto che le contrappone. Si tratta di una visione piuttosto limitata della situazione, anche se l’autore dell’articolo suggerisce che “sempre più persone in Europa danno fiducia ai partiti più radicali, nella speranza che questi risolvano i loro problemi”.
Di quali problemi stiamo parlando?
“Molti elettori hanno visto salire i prezzi di beni e servizi, sono preoccupati per l’immigrazione e per i costi della transizione ecologica, e sono particolarmente sensibili alle tensioni geopolitiche, incluso il conflitto in Ucraina e gli aiuti finanziari a Kiev.”
Nella prospettiva del Cremlino i cittadini europei non ne possono più del supporto fornito dai loro governi all’Ucraina, e preferirebbero soddisfare le richieste della Russia per mettere fine alla guerra il prima possibile, uno scenario tipicamente difeso dalla burocrazia russa. La retorica consueta è che l’Europa non possa fare a meno della Russia e delle sue risorse energetiche, e che di conseguenza gli europei siano pronti a “svendere” l’Ucraina per riottenere le proprie forniture di gas.
Che sia chiaro: i buoni risultati di Alternative für Deutschland (AfD) in Germania e del Rassemblement National (RN) in Francia sono una buona notizia per Putin. L’AfD è un partito apertamente anti-europeista e filorusso, mentre Marine Le Pen ha una lunga storia di connivenza con il Cremlino, che include prestiti agevolati ottenuti da banche russe. Dopo l’attacco russo all’Ucraina nel 2022, Le Pen ha cambiato registro, se non altro per imbonire l’elettorato francese, ma i timori su legami ancora esistenti tra la direzione RN e il Cremlino rimangono.
Anche in Ucraina si è parlato dei risultati delle elezioni europee. Serhiy Sydorenko, direttore del rispettato magazine online Jevropejska Pravda ("Verità europea"), focalizzato sulle ambizioni europeiste dell’Ucraina, si dice ottimista rispetto allo scivolamento a destra del nuovo parlamento europeo. “Una svolta a destra non è sempre è una cosa negativa”, afferma il giornalista.
Malgrado l’estrema destra abbia vinto in Francia e sia arrivata seconda in Germania, Sydorenko sottolinea che gran parte dei tradizionalisti conservatori di destra in Europa sono filo-ucraini, citando ad esempio Giorgia Meloni, la quale sostiene ormai apertamente l’Ucraina (qualcuno potrebbe avere qualcosa da ridire, però, sul classificare Meloni tra i “tradizionalisti conservatori”). Secondo Sydorenko, “il recupero di terreno delle destre nel Parlamento Europeo non è certamente qualcosa di negativo”. Secondo i suoi calcoli, ora più di 500 parlamentari europei supportano inequivocabilmente l’Ucraina.
Il direttore di Jevropejska Pravda riconosce l’esattezza di molte analisi post-elettorali centrate sull’impatto politico dei risultati europei nei singoli paesi; dopotutto, è a livello nazionale che verranno affrontate molte questioni importanti, tra cui il supporto all’Ucraina in termini di armi e non solo.
Nelle ultime elezioni è stato senza dubbio il Rassemblement National francese a fare la parte del leone: totalizzando il doppio dei voti del partito di governo, ha spinto il presidente Emmanuel Macron a sciogliere il parlamento e indire elezioni anticipate. Una decisione che ha scosso non solo la Francia, ma l’Europa intera, e le cui conseguenze ultime saranno note soltanto tra qualche settimana.
In Belgio, intanto, le elezioni per il parlamento europeo si sono svolte in contemporanea con le elezioni parlamentari, perse dalla colazione del primo ministro Alexander De Croo. Ad ottenere il miglior risultato è stata la Nuova Alleanza Fiamminga (N-Va), che ha inaspettatamente sconfitto il partito di estrema destra Vlaams Belang ("Interesse Fiammingo") per pochi punti percentuali. Prima di trarre le conclusioni sulla futura politica estera belga occorrerà attendere la formazione del nuovo governo, che potrebbe durare mesi.
Secondo Serhiy Sydorenko, la situazione belga rappresenta una sfida per l’Ucraina, mentre quella francese è piuttosto infausta. RN, il partito favorito alle prossime elezioni, forse non è più così apertamente pro-Putin come in passato, ma le sue politiche potrebbero assomigliare a quelle di Viktor Orbán. Il nuovo governo potrebbe spingere Macron (che teoricamente manterrebbe il controllo sulla politica estera) a ritirare il supporto all’Ucraina in favore di una più comoda postura neutrale.
Un simile evento sarebbe motivo di giubilo in Russia, soprattutto considerando che Macron ha assunto, negli ultimi mesi, il ruolo di leader europeo più coraggioso (se non altro a parole) sulla questione della guerra in Ucraina. È stato proprio il presidente francese a rompere il tabù sull’eventuale invio di truppe della Nato in Ucraina, ovviamente su richiesta e con il consenso di Kiev. Le dichiarazioni di Macron hanno fatto infuriare il Cremlino, il quale ha risposto orchestrando una campagna propagandistica anti-francese. Non è chiaro, per ora, quali sarebbero le conseguenze di una vittoria elettorale del Rassemblement National sulla politica estera francese.
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