Un grande ritorno della destra e una spinta dell'estrema destra; ecco come riassumere le elezioni federali tedesche del 23 febbraio. I conservatori della Cdu/Csu, guidati da Friedrich Merz, si aggiudicano il primo posto sul podio, con il 28,6 per cento dei voti (164 seggi su 630, +4,4 per cento rispetto al 2021). Al secondo posto si è piazzata l'Alternativa per la Germania (AfD, estrema destra) di Alice Weidel con il 20,8 per cento dei voti, pari a 152 seggi, un risultato doppio rispetto alle precedenti elezioni. Il Partito socialdemocratico (Spd, centro-sinistra) del cancelliere Olaf Scholz conferma il suo crollo ottenendo appena il 16,4 per cento dei voti (120 seggi), con un calo di quasi 9,3 punti.
Il partito di sinistra Die Linke ha ottenuto l'8,77 per cento dei voti (64 seggi), il suo secondo miglior risultato dalla sua fondazione. Il partito dei Verdi, che incarnava la componente ecologista della precedente coalizione, ha ottenuto l'11,61, che gli dà diritto a 85 seggi. Queste elezioni sono anche caratterizzate da un tasso di partecipazione storico dell'82,5 per cento, il più alto dalla riunificazione del paese.
Quale coalizione governerà la Germania? Sebbene Merz abbia moltiplicato gli appelli all'estrema destra prima delle elezioni, si rifiuta, per il momento, di formare una coalizione con l'AfD. La Spd sarebbe il partner più ovvio – insieme, Cdu/Csu e Spd assicurano la maggioranza assoluta – ma potrebbe non essere sufficiente. Se l'Alleanza Sahra Wagenknecht (BSW, rossobruna 4,97 per cento) riuscirà a superare la soglia del 5 per cento dei voti necessari dopo un riconteggio, come desiderato dalla sua leader, sarà in grado di ottenere un numero di seggi sufficiente a indebolire la “Grande Coalizione” di Cdu/Csu e Spd e a costringerla ad accogliere un terzo partner, il che destabilizzerebbe significativamente il nuovo governo. Come un déjà-vu.
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