Idee L’Europa al tempo del Covid-19

Se non ci fosse stata l’Ue cosa ne sarebbe dell’Italia?

Davanti all’iniziale mancanza di solidarietà tra gli Stati europei mentre l’epidemia faceva strage in Italia, molti hanno criticato l’inerzia dell’Ue e addirittura auspicato la sua sparizione. Ma che impatto avrebbe la crisi se l’Ue non esistesse? Thierry Vissol, storico ed economista, cerca di rispondere.

Pubblicato il 26 Maggio 2020 alle 11:48

Sebbene la maggioranza dei sondaggi indichi che la prevalenza dei cittadini europei (51%) giudichi positivamente la cooperazione tra Stati e abbia fiducia nell’Ue (52%), l’Italia è il Paese che conta la minor percentuale di opinioni positive riguardo la cooperazione (30%) e la fiducia (45% positivi  e 50% negativi). Una visione che riflette il clima politico deleterio del Paese, ma non la realtà dei fatti o i sentimenti di altri paesi. 

 Così ad esempio, un sondaggio di Polit Barometer mostra che il 68% dei tedeschi sono favorevoli ad un aiuto finanziario da parte dell’Ue in favore dei Paesi particolarmente colpiti dalla pandemia come la Spagna o l’Italia. Inoltre, l’Italia sarebbe il Paese con più opinioni favorevoli (tra il 40 e il 42%, secondo i sondaggi) a un Italexit sia dall’Unione europea che dell’Eurozona, e il 71% pensa che la pandemia distruggerà l’Unione.

È inutile menzionare i miliardi di euro che l’Unione ha impiegato e impiegherà in favore dei suoi membri, o i programmi e le agenzie di cooperazione, particolarmente nel campo della ricerca epidemiologica. Diamo un’occhiata, piuttosto, a quale sarebbe la situazione di Paesi come l’Italia, la Grecia e la Spagna se l’Ue non esistesse. Non perché le conseguenze sarebbero positive per gli altri, ma perché questi Paesi sono più fragili a causa degli squilibri delle loro finanze pubbliche. 

L’Italia senza Europa

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Considerata la complessità dell’argomento, analizziamo esclusivamente il caso dell’Italia. Dall’inizio degli anni ‘90, il debito pubblico è sempre stato pari o superiore al 100% del Pil; il tasso di crescita, così come il tasso d’investimento, è rimasto significativamente inferiore a quello degli altri Paesi, tanto che il peso del Pil italiano nell’Ue ha perso 3 punti di percentuale dall’inizio del secolo. 

IlPaese è vittima di un esodo considerevole di giovani: nel corso degli ultimi anni, infatti, il numero di emigrati è superiore a quello degli immigrati. L’accesso al mercato finanziario internazionale, malgrado il sostegno costante della Bce, resta uno dei più costosi per via di un rating del debito vicino ai Junk Bonds (BBB+ per Standard e Poor’s e BBB- per Fitch). Tuttavia, le conseguenze della crisi porteranno il debito pubblico ad almeno il 170% del Pil e l’Italia avrà bisogno, da qui alla fine dell’anno, di 150 miliardi di euro di liquidità e di rinnovare 200 miliardi di titoli in scadenza.

L’Italia sarebbe arrivata ad una situazione del genere se l’Ue non fosse esistita? Probabilmente no: sarebbe già andata in bancarotta. Il Bel Paese era uscito dalla crisi del ‘92-’93 solo grazie al sostegno degli altri Paesi, alla flessibilità del sistema monetario europeo, ad un prestito della Bei (Banca europea degli investimenti) di un miliardo di Ecu (European currency unit, la moneta comune dell’epoca) e alle misure di austerità raccomandate dall’Unione. Tuttavia, malgrado il vantaggio dato dall’abbassamento dei tassi d’interesse grazie alla partecipazione all’euro, il Paese è di nuovo alla deriva dall’inizio degli anni 2000. Come aveva dichiarato il governatore dell’epoca, senza la protezione dell’Eurozona, la flessibilità delle sue norme e il sostegno della BCE “whatever it takes”(“a qualunque costo”) la crisi del 2008-2012 sarebbe senza dubbio stata fatale.

L’Italia avrebbe ricevuto gli aiuti in tempo e in quantità sufficiente dalla Cina e dalla Russia? Piuttosto improbabile. In effetti, i primi aiuti dalla Cina (una squadra composta da 30 medici, maschere e materiale sanitario) sono arrivati soltanto il 12 marzo, quelli dalla Russia il 22 marzo. Sfortunatamente, la maggior parte di questi aiuti si è rivelato inadeguato dal punto di vista tecnico (ventilatori), non conforme (nel caso delle maschere) e in ogni caso insufficiente per far fronte ai bisogni. I camion militari russi trasportavano dei prodotti di imprese sotto embargo di cui la maggior parte non era conforme. Alla fine, l’Ue ha consegnato all’Italia, una settimana più tardi, tutti gli aiuti cinesi ricevuti al Centro di coordinazione della reazione d’emergenza (ERCC), grazie al meccanismo di protezione civile dell’Unione (MPCU). 

L’impatto macroeconomico, senza l’Ue, sarebbe devastante. La Banca d’Italia avrebbe potuto creare valuta riacquistando il debito nazionale, ma ciò avrebbe avuto un impatto diretto sull’inflazione e, allo stesso tempo, avrebbe causato una svalutazione del tasso di cambio: tutto ciò avrebbe avuto come conseguenza la fuga dei capitali e il ritiro degli investimenti stranieri. Le esportazioni, la cui competitività dipende più dalla qualità tecnologica che dal prezzo, non sarebbero state stimolate dalla svalutazione della moneta, visto che l’economia e l’agricoltura sono ferme. 

Al contario, i costi delle importazioni, particolarmente dell’energia, sarebbero aumentati (nonostante la diminuzione del prezzo del petrolio), riducendo ulteriormente la competitività. Infine, il rating del debito sarebbe stato  abbassato al rango di junk bonds, rendendo quasi impossibile l’accesso ai mercati finanziari internazionali. Insomma, un fallimento bello e buono, con conseguenze sociali profonde e povertà.Una situazione che l’Argentina ha conosciuto alla fine degli anni ‘80 e di nuovo tra il 1998 e il 2002, e da cui ne è uscita con grandi difficoltà, grazie all’aiuto del FMI e alle drastiche misure che il Paese è stato costretto ad adottare... E lì, non c’è Europa da biasimare.

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