falco migration voxeurop

Indesiderati eppure essenziali: l’Europa di fronte all’immigrazione

In tutta Europa l’immigrazione è diventata un tema centrale delle campagne elettorali e sta contribuendo a ridisegnare gli equilibri politici, come dimostrano le recenti elezioni in Germania. Con l’aggravarsi della crisi demografica, il dibattito si fa sempre più acceso e rivela paradossi inaspettati.

Pubblicato il 11 Marzo 2025

Guardando rapidamente la mappa delle elezioni federali che si sono tenute lo scorso 23 febbraio in Germania emerge una cruda realtà: il paese appare diviso in due blocchi che ricordano quelli del periodo della Guerra fredda precedentemente alla riunificazione del 1990. Mentre nella ex Germania ovest prevalgono i tradizionali nero e blu della Cdu/Csu, il partito conservatore guidato da Friedrich Merz, nei Land un tempo parte della Repubblica Democratica tedesca domina l’azzurro del partito di estrema destra Alternative für Deutschland (Afd), guidato da Alice Weidel.

“Perché est e ovest votano in modo così diverso?” si chiede Mona Trebing su ZDF. Riprendendo alcune idee di Oliver Lembcke, politologo all’Università della Ruhr a Bochum, Trebing evidenzia alcuni fattori chiave che rendono la Germania orientale più esposta ai movimenti populisti, tra cui una minore fiducia verso i partiti politici e una società civile meno solida.

Trebing sottolinea inoltre come l’elevata affluenza negli stati dell’est –  77,7 per cento in Sassonia-Anhalt e 81,5 percento in Brandeburgo – abbia avuto un ruolo fondamentale nel trionfo di Afd che è riuscita a convincere soprattutto l’elettorato più giovane.

Immigrazione: dove è indispensabile diventa indesiderata

Sulla Frankfurter Allgemeine Zeitung, Markus Wehner analizza il successo di Afd attribuendolo a diversi fattori: la capacità del partito di mobilitare anche chi in passato non votava, la solida base elettorale e la sua crescente normalizzazione nel dibattito pubblico, che ha reso gli elettori meno riluttanti a esprimere apertamente il proprio sostegno a Afd. In questo contesto, sottolinea Wehner, le politiche sull’immigrazione sono state un elemento cruciale poiché costituiscono un punto debole dei partiti tradizionali: per gli elettori insoddisfatti delle attuali posizioni del governo sull’immigrazione, Afd ha rappresentato indubbiamente un voto di protesta.

Sull’altra sponda dell’Atlantico, Amanda Taub sul New York Times individua nei recenti sviluppi tedeschi uno schema comune a tutte le nazioni più sviluppate alle prese con le numerose sfide legate all’immigrazione. Dopo la riunificazione nel 1990, la Germania orientale ha visto i segmenti più giovani e istruiti della sua popolazione, soprattutto donne, emigrare verso ovest alla ricerca di migliori opportunità. Questo esodo, sostiene Taub, ha dato inizio a un circolo vizioso: negli stati dell’est sono rimaste principalmente le persone più anziane, che sono anche le più suscettibili a ideologie di estrema destra, il che ha provocato un deterioramento dei servizi pubblici e una stagnazione dell'economia. L’insoddisfazione a livello locale, per la quale vengono accusati la classe dirigente e i partiti tradizionali, ha alimentato il sostegno per le posizioni anti-immigrazione di Afd.

Tuttavia, come fa notare Taub, il paradosso è eclatante: sono proprio questi gli stati che hanno un disperato bisogno di immigrati per garantire il funzionamento dei servizi e l’assistenza a una popolazione sempre più anziana. Questa narrativa delle “regioni abbandonate” è stata ulteriormente rafforzata dalla scarsa attenzione dedicata a queste aree del paese dai partiti tradizionali durante la campagna elettorale. Secondo Taub, questo paradosso rappresenta un grande rischio per tutti i paesi sviluppati caratterizzati da grandi disparità economiche a livello regionale. 

Quando i dati raccontano una storia

Con un tasso di fertilità crollato nel 2023 a i 1,35 figli per donna – un livello di fertilità “ultra basso”, come lo ha definito il Financial Times – la Germania si trova di fronte a una verità scomoda: ha un disperato bisogno di immigrati. Eppure, come spiegano gli economisti Marcel Fratzscher e Sabrine Zinn su Die Zeit, i principali esponenti politici tedeschi si stanno muovendo in tutt’altra direzione: il leader dei cristiano-democratici Friedrich Merz promette di inasprire i requisiti per ottenere la cittadinanza tedesca, mentre Alice Weidel di Afd auspica una “remigrazione”, ovvero il rimpatrio delle persone con un background migratorio nei loro paesi d’origine. 

Fratzscher e Zinn spiegano che l’economia europea, con 1,7 milioni di posti di lavoro vacanti e 5 milioni di pensionamenti previsti per il prossimo decennio, necessita di un afflusso annuo di 400mila stranieri per mantenere la propria stabilità. Negli ultimi cinque anni, sottolineano i due economisti, i lavoratori stranieri hanno rappresentato l’80 percento della crescita occupazionale, ma le barriere burocratiche continuano a ostacolare l’arrivo di nuovi immigrati. Nell’articolo, Fratzscher e Zinn propongono di integrare 1,6 milioni di lavoratori stranieri entro il 2029, semplificando il processo di riconoscimento dei titoli e potenziando i programmi di integrazione, e avvertono che in assenza di queste riforme la Germania rischia di compromettere la propria competitività e prosperità economica.

La rinascita economica della Spagna, di cui avevamo scritto lo scorso gennaio, è stata in gran parte trainata da un’immigrazione di massa, come raccontano Antonio Maqueda e Yolanda Clemente su El País. Secondo la loro analisi, negli ultimi sei anni quasi un milione di spagnoli in età lavorativa ha lasciato il paese, mentre oltre 2 milioni di stranieri sono arrivati  per colmare questo vuoto. L’impatto, scrivono i due giornalisti, è stato significativo: nel 2024 gli immigrati hanno coperto l’88 percento dei nuovi posti di lavoro, contribuendo all’economia del paese per circa 60 miliardi di euro.

In otto anni, la quota di residenti nati all’estero ha subito un forte aumento, passando dal 14,6 percento al 20,9 percento, e i nuovi arrivati – provenienti principalmente dai paesi di lingua spagnola dell’America Latina – sono diventati essenziali in alcuni settori chiave. Maqueda e Clemente credono che questa trasformazione demografica possa avere un duplice vantaggio: incentivare da un lato la crescita economica e supportare dall’altro il sistema pensionistico spagnolo in vista di un generale invecchiamento della popolazione.


Il meglio del giornalismo europeo, ogni giovedì, nella tua casella di posta

Non tutti vedono con favore questo boom economico spagnolo trainato dall’immigrazione. I giovani – soprattutto quelli vicini al partito di estrema destra Vox – percepiscono questo afflusso di stranieri in modo negativo, come scrive Estefanía Molina sempre su El País. La loro opposizione non deriva solo da sentimenti xenofobi, ma anche dalla paura che la disponibilità degli immigrati ad accettare salari più bassi possa aggravare ulteriormente il loro futuro professionale già precario. Molti ritengono che l’immigrazione serva principalmente a sostenere il sistema pensionistico e che, di conseguenza, a trarne vantaggio sarà solo la generazione dei loro genitori, a scapito invece di quelle più giovani.

Questa convinzione è ulteriormente rafforzata dal fatto che quasi la metà dei lavoratori stranieri non è qualificata. Per i giovani elettori, le attuali politiche sull’immigrazione sono l’ennesima prova di come la classe dirigente continui a dare priorità alla sicurezza pensionistica delle generazioni più anziane, ignorando le difficoltà dei giovani legate all’aumento dei prezzi degli alloggi e alla precarietà lavorativa.

Un calo demografico da Grande Guerra

Il calo delle nascite e la dipendenza dall’immigrazione non sono più un problema limitato solo all’Europa occidentale, dal momento che anche gli stati centro-orientali del continente – caratterizzati un tempo da una forte emigrazione – stanno diventando meta di molte persone. Come racconta Jan Beránek su Hospodářské noviny, in Repubblica Ceca si è registrato un drastico calo delle nascite, con solo 85mila bambini nati nel 2024 – un dato che segna una diminuzione del 25 percento rispetto al 2021 e un minimo storico per il paese, almeno da quando è iniziata la raccolta di questi dati all’inizio del XVIII secolo.

Mentre Praga ha resistito meglio al calo delle nascite, le regioni più povere stanno assistendo a una diminuzione drammatica della loro popolazione, a causa del basso numero di bambini nati negli anni 90 e che ora stanno raggiungendo l’età fertile, dell’aumento del costo della vita e di una minore predisposizione alla genitorialità. Nonostante ciò, come racconta Přemysl Spěvák su Deník, il paese, che ha una popolazione di 10 milioni di abitanti, sta diventando una calamita per gli immigrati, con oltre 1 milione di stranieri che lo considerano ormai casa. 

Con quasi 580mila persone, gli ucraini sono il gruppo più numeroso, seguiti da slovacchi e vietnamiti: a livello europeo, infatti, la Repubblica Ceca è iI paese che ospita il numero più alto di rifugiati ucraini in rapporto alla popolazione, circa 35 ogni 1.000 abitanti. In generale, solo nei primi nove mesi del 2024, l’immigrazione ha contribuito a far aumentare la popolazione ceca di 15mila persone, confermando una tendenza più ampia che vede l’intera Europa ospitare 27 milioni di stranieri, pari al 6 percento dell’intera popolazione


Fico sopravvive alla crisi di governo in Slovacchia

Hospodárske noviny | 19 febbrario | SK

Nonostante l’organizzazione di proteste di massa in tutta la Slovacchia e il progressivo sgretolamento della maggioranza parlamentare, Robert Fico, astuto leader del partito populista di sinistra Smer, è riuscito a mantenere saldo il suo potere. “Fico ha risolto la crisi attraverso una politica di puro potere”, osserva su Hospodárske noviny la politologa Darina Malová. Dopo un rimpasto di governo attuato dal primo ministro, sempre più orientato verso posizioni pro-Russia, Smer ha acquisito il controllo di altri due ministeri, portando il totale da sette a nove, a scapito degli altri membri della coalizione: il partito moderato Hlas (una branca di Smer) e il nazionalista Sns di Andrej Danko.

La manovra sembra avere l’obiettivo di tenere sotto controllo alcuni deputati ribelli dei due partiti minori che avevano minacciato la stabilità della coalizione. Una volta risolti i suoi problemi interni, Fico si è recato a Washington per intervenire, un po' a sorpresa, alla Conservative Political Action Conference, dove il premier di sinistra ha trovato un'accoglienza inaspettatamente calorosa tra i sostenitori della destra americana, guadagnandosi applausi e persino una menzione nel discorso di Donald Trump: una singolare testimonianza della capacità del populismo di superare le tradizionali divisioni ideologiche.

In collaborazione con Display Europe, cofinanziato dall'Unione europea. I punti di vista e le opinioni espressi sono esclusivamente quelli dell'autore o degli autori e non riflettono necessariamente quelli dell'Ue o della Direzione Generale per le Reti di Comunicazione, i Contenuti e la Tecnologia. Né l'Unione europea né l'autorità che ha concesso il finanziamento possono essere ritenute responsabili.
ECF, Display Europe, European Union
Leggli gli altri commenti Divento membro per tradurre i commenti e partecipare

Perché gli eco-investitori si ritrovano a finanziare le “Big Oil”? A quali stratagemmi ricorre la finanza per raggiungere questo obiettivo? Come possono proteggersi i cittadini? Quale ruolo può svolgere la stampa? Ne abbiamo discusso con i nostri esperti Stefano Valentino e Giorgio Michalopoulos, che per Voxeurop analizzano i retroscena della finanza verde.

Vedi l'evento >

Sei un media, un'azienda o un'organizzazione? Dai un'occhiata ai nostri servizi di traduzione ed editoriale multilingue.

Sostieni un giornalismo che non si ferma ai confini

Approfitta delle offerte di abbonamento oppure dai un contributo libero per rafforzare la nostra indipendenza

Sullo stesso argomento