Serve una nuova pianificazione urbana sostenibile, e subito. Lo abbiamo capito ancora di più durante la pandemia di Covid, quando ci affacciavamo alle finestre e trovavamo aria pulita, pochi rumori, strade senza traffico. In tanti abbiamo sperimentato la sensazione di abitare in luoghi più vivibili, e di poterci riappropriare degli spazi pubblici. Cosa è rimasto di questa esperienza?
Oggi diverse metropoli hanno avviato progetti e sperimentazioni che puntano sempre più su pedonalizzazione, piste ciclabili, trasporto pubblico e mobilità condivisa. L’obiettivo è che l’auto diventi necessaria solo per gli spostamenti fuori città. Ma se provassimo a immaginare un modello di agglomerato urbano completamente senza macchine?
Le città coprono circa il 3 per cento del territorio terrestre, ma producono oltre il 70 per cento delle emissioni di gas serra. In Europa si stima che entro il 2050 quasi l'85 per cento della popolazione vivrà in aree urbane. Oggi una persona su cinque abita in zone con un inquinamento acustico superiore ai livelli di sicurezza, e sono 300mila le morti premature causate ogni anno dal particolato fine prodotto dall’inquinamento generato dai veicoli.
L'Unione europea ha lanciato diverse iniziative per incoraggiare le città a diventare più verdi, più pulite e più sane. Nel 2020, oltre 100 sindaci in tutta Europa hanno firmato il Green City Accord, impegnandosi ad affrontare cinque sfide ambientali: qualità dell’aria, inquinamento dell’acqua, natura e biodiversità, economia circolare e rifiuti, rumore.
La Urban Nature Platform aiuta le città a sviluppare progetti per ripristinare il verde urbano e tutelare la biodiversità; mentre la Missione europea Climate-neutral and smart cities ha selezionato 100 città europee, più 12 dei paesi associati, per sviluppare una sperimentazione e raggiungere la neutralità climatica entro il 2030.
Ciononostante, il numero di automobili è paradossalmente in crescita: l'Ue nel 2023 ha superato i 256 milioni di veicoli, con un aumento del 6,5 per cento rispetto al 2018. L’Italia ha il primato negativo come paese europeo con il tasso di motorizzazione più alto, con 694 macchine ogni mille abitanti, contro una media Ue di 570.
Segue il Lussemburgo (675 auto ogni mille abitanti), Cipro (670), la Finlandia (664) e l’Estonia (630). Dall’altro lato della classifica, i paesi dove ci sono meno veicoli in circolazione sono la Macedonia, l’Albania, il Kosovo e la Turchia, che hanno meno di 300 automobili ogni mille abitanti.

L’idea di ripensare le città eliminando le macchine è stata teorizzata per la prima volta da J. H. Crawford nei libri Carfree Cities (2000) e Carfree Design Manual (2009). “Le strade delle città ospitano la comunità, e la comunità è fondamentale per la vita di una società civile, che dipende da un certo livello di esperienze e aspettative condivise”, scrive. “Le città senz’auto sono un'alternativa pratica, disponibile ora. Possono essere costruite utilizzando la tecnologia esistente a un prezzo accessibile. Offrono un futuro reale ai nostri figli”.
Alcune sperimentazioni già esistono. Il cambiamento, come spesso accade, parte dal piccolo.
L’esempio più famoso è Pontevedra, in Galizia (Spagna), cittadina di circa 84mila abitanti che dai primi anni 2000 ha eliminato le automobili nel centro storico e nei quartieri esterni. In un terzo della città non si fa distinzione tra la strada e il marciapiede. In quelle poche strade fuori dal centro storico dove il traffico è ancora consentito, è stato imposto un limite di velocità di 20 o 30 km orari. L'idea è stata portata avanti dal sindaco Miguel Anxo Fernández Lores, che è riuscito a ottenere un calo dell'inquinamento del 65 per cento.
Altrove, il modello di città senz’auto è stato portato avanti soprattutto in contesti già di per sé difficili da raggiungere via strada.
In Italia, la più famosa è Venezia, favorita dalla sua peculiare conformazione. C’è poi Chamois, paese a 1.800 metri di altitudine in Valle d’Aosta, ai piedi del monte Cervino: il centro abitato si può raggiungere solo con una funivia, altrimenti è possibile percorrere la mulattiera. In Grecia l’isola di Hydra, al largo della costa orientale del Peloponneso, è completamente senza automobili: l’amministrazione ha vietato l’uso di tutti i veicoli a motore, compresi i motorini.
Anche le grandi città europee stanno portando avanti sperimentazioni per pedonalizzare intere aree o quartieri. Nel 2019, Oslo è stata la prima capitale europea a bandire del tutto le automobili dalle zone centrali. La città ha potenziato la rete di trasporti pubblici e sono stati eliminati centinaia di parcheggi, sostituendoli con panchine, spazi verdi e piste ciclabili.
Anche a Bruges e Gand, in Belgio, il centro storico è car-free. Ci si muove a piedi e in bici tra vie e ponti sui canali. Analogamente, Amsterdam si è concentrata sul raggiungimento di una flotta a emissioni zero entro il 2030, riducendo la dipendenza dalle macchine a favore di alternative più ecologiche.
Friburgo, in Germania, ha sperimentato il modello zero auto nel quartiere Vauban, attraversato solo dal tram, che collega il sobborgo con il centro: grazie ai suoi 400 chilometri di piste ciclabili, il 30 per cento della città è percorsa solo da biciclette. A Barcellona sono stati creati i cosiddetti “superilles”, “super-isolati”: si tratta di spazi delimitati da strade su tutti i lati, che oggi sono stati rigenerati come aree pedonali ricche di verde, giochi per bambini e tavolini all’aperto.
Perché le città stanno rinunciando alle auto?
I benefici sono molti. Il primo riguarda naturalmente la riduzione dell’inquinamento, tra le principali cause della crisi climatica, oltreché fattore di rischio per la salute umana. Non solo: non far circolare le macchine migliora la sicurezza stradale, perché diminuiscono gli incidenti. Più verde e più zone di socialità rendono l’economia locale più solida, con i negozi di quartiere più frequentati. Ultimo ma non ultimo, ci sono i benefici psicologici legati alla riduzione dello stress e a un maggior contatto con la comunità e con la natura. Sembra banale, ma vivere in un ambiente più verde, più silenzioso e più partecipato fa la differenza.
Il cambiamento non è semplice, né a costo zero: togliere le automobili dalle città significa anche ripensare radicalmente il trasporto pubblico, potenziandolo e rendendolo accessibile a tutti. Serve attenzione per le persone fragili e con scarsa mobilità. Serve una logistica intelligente e serve, soprattutto, un cambiamento culturale.
Negli ultimi 100 anni, il nostro paesaggio urbano è stato dominato dalle automobili, uno dei simboli del boom economico e della libertà di movimento per tutti. Oggi, quella libertà sembra essersi trasformata in schiavitù. Le auto occupano spazio, tanto spazio: strade, parcheggi, garage, svincoli… Le città sono sempre più progettate a misura di macchina, non di essere umano. Gli spazi pubblici languono, e le comunità si disgregano.
Il modello della città senz’auto ci pone allora davanti a una sfida imponente e trasversale: è il momento di riprenderci le nostre città?
Elena Ledda ha contribuito alla realizzazione di questo articolo.
Questo articolo è stato prodotto nel quadro dell'iniziativa di giornalismo transfrontaliero collaborativo PULSE (coordinato da n-ost e OBCT)
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