Voxeurop community L’Europa dopo il Covid-19

Europa Covid-dipendente, una (ri) costruzione è possibile?

Pubblicato il 2 Agosto 2021 alle 11:47

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L’Europa è sorta grazie a tentativi andati a buon fine, come quello della Comunità del carbone e dell’acciaio, ed altri abortiti, che hanno evidenziato errori dai quali sono nate concretezze che hanno realizzato nel tempo solidarietà e rinnovamento, un percorso partito dal quotidiano di allora e dal lungo respiro.

Un metodo di lavoro che così facendo, fuggendo gli estremismi, ha favorito l’equilibrio alla ricerca di un baricentro comune dove le realtà fossero superiori alle idee. Lo si è visto in occasione della recessione mondiale del 2008 e poi nel 2010 con la crisi del debito dove non è mancata la solidarietà, ad esempio verso la Grecia, frutto della ricchezza storico-politica europea creata in sessant’anni di negoziazione e cooperazione e grazie alle eredità delle rivoluzioni industriali, dalla prima più lunga che è durata 80 anni alla seconda di circa la metà, dalla terza di 30 anni fino alla quarta rivoluzione, quella legata alle innovazioni tecnologiche, che si sta stima possa durare fra i 5 e i 10 anni.

A differenza di quel che succedeva tempo fa, quando c’erano competenze che formavano per una vita, l’intelligenza artificiale sostituirà 800mila posti di lavoro entro il 2030 rischiando di generare una folla di adulti poco significativi e giovani senza riferimenti; da ciò l’importanza di quanto i cittadini europei dovranno costruire giorno dopo giorno il proprio bagaglio di formazione per così avere il pieno controllo sull’evoluzione delle macchine evitando che avvenga il contrario.

Così come la saggezza dell’Europa è stata fonte di (ri) costruzione sulle rovine delle due guerre mondiali e le macerie dei totalitarismi dando vita alla forma di convivenza civile che viviamo oggi, servirà attenzione agli equilibri tra uomo e ambiente sulla gestione degli oceani, la qualità dell’aria e del terreno per non incorrere più in “derive” come quella che stiamo vivendo con la pandemia da Covid-19, dove la saggezza si è  “distratta” con gli addetti ai lavori che maldestramente hanno fatto eco a ciò che inizialmente rassicurava l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) in merito i primi focolai cinesi di Coronavirus, sottostimando una faccenda che è risultata poi drammaticamente molto più complicata e via via incontrollabile.

Da parte dell’Unione europea c’è però bisogno di un cambio di passo radicale a prescindere, perché lo stridente lassismo di inizio pandemia ricorda responsabilità del passato

A cascata fino all’attualità che viviamo, col Fondo Monetario Internazionale che ha stimato un calo della produzione globale pro-capite causa pandemia del 4,2 per cento rispetto allo stesso parametro di riferimento realizzato nel 2009, anno successivo la crisi Lehman Brothers, che fu del 1,6 per cento; a fronte di ciò serviranno politiche di coesione contro le tensioni tra gli stati che potrebbero chiudersi nei propri confini ed è per questo che è stato fondamentale l’accordo dei 27 capi di Stato riuniti nel Consiglio europeo per un bilancio settennale di 1.074 miliardi di euro volto a finanziare un piano di (ri)costruzione post-Covid, che vede l’Italia largamente beneficiata.

Da parte dell’Unione europea c’è però bisogno di un cambio di passo radicale a prescindere, perché lo stridente lassismo di inizio pandemia ricorda responsabilità del passato, ad esempio per quel ritorno degli ebrei alla Terra Promessa (Hatikvà) che gli arabi considerarono irruzione o usurpazione e all’origine di ogni conflitto; un futuro imprevedibilmente variabile solo per chi allora dovette decidere, che sbagliò valori,  motivazioni e intenzioni, e scelse di renderlo così come oggi si presenta ai nostri occhi, destabilizzante e conflittuale.

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