Quali paesi spendono di più per la difesa?
Ad oggi, i paesi con i più alti investimenti in materia di difesa sono Stati Uniti, Cina, Russia, India e Arabia Saudita. La crescita europea è stata superata dall’aumento della spesa militare della Russia, che ha più che raddoppiato i propri stanziamenti rispetto ai livelli precedenti all’invasione dell’Ucraina nel 2022.
Quanto spendono i membri della Nato per la difesa?
Il presidente statunitense, Donald Trump, ha più volte criticato gli alleati per non aver raggiunto l’obiettivo di spesa, pari al 2 per cento del Pil (fissato nel 2014), per la difesa dell’Alleanza. Ancora oggi, Croazia, Portogallo, Italia, Canada, Belgio, Lussemburgo, Slovenia e Spagna non hanno raggiunto questo obiettivo.
Nel 2024, la spesa per la difesa dei 23 paesi dell’Ue membri della Nato ha raggiunto l’1,99 per cento del Pil aggregato, e si prevede che raggiunga il 2,04 nel 2025.
Tuttavia, Trump ha avanzato la proposta che i membri della Nato portino la soglia minima di spesa per la difesa al 5 per cento del Pil: una posizione sostenuta anche dall’Alto Rappresentante per gli Affari Esteri dell’Ue, Kaja Kallas, nel gennaio scorso. Il presidente francese Macron ha invece suggerito un aumento della spesa europea per la difesa del 3 per cento.
La difesa è un’industria che necessita ingenti investimenti in ricerca e innovazione. Secondo Eurostat, nel 2022 i finanziamenti dell’Ue per ricerca e sviluppo (R&S) nel settore della difesa hanno raggiunto i 3,9 miliardi di euro. Tuttavia, secondo il rapporto Draghi, i sistemi di difesa di prossima generazione richiederanno investimenti molto più consistenti.
Dal 2014, gli Stati Uniti hanno dato priorità alla spesa in R&S rispetto ad altre categorie di spesa militare. Francia, Germania e Svezia sono tra i primi paesi europei a investire in R&S per la difesa.
Quali paesi europei stanno aumentando di più il loro budget per la difesa?
Dal 2014, alcuni paesi membri dell’Ue, come Ungheria, Repubblica Ceca, Polonia, Danimarca, Macedonia del Nord, Slovacchia e Svezia hanno raddoppiato le spese per la difesa; Lussemburgo, Lettonia e Lituania le hanno triplicate. Anche Germania, Paesi Bassi, Estonia, Romania, Bulgaria e Finlandia hanno quasi raddoppiato i propri stanziamenti militari.
Quanti militari ci sono nei paesi Ue?
Si stima che il numero totale di militari in servizio attivo in Europa, Regno Unito incluso, sia di circa 1,5 milioni di persone. Tuttavia, l’efficienza delle forze armate europee è ostacolata dalla mancanza di una struttura di comando e di sistemi militari comuni.
Alla fine del 2024, il numero di truppe russe in Ucraina era di circa 700 mila. Si stima che la Russia disponga complessivamente di 1,3 milioni di militari in servizio e 2 milioni di riservisti.
Secondo fonti ufficiali, circa 80 mila militari statunitensi sono in servizio attivo in Europa. Il numero totale, però, varia a seconda delle esercitazioni e delle rotazioni periodiche delle truppe, come evidenziato dal Council on Foreign Relations (Consiglio sulle relazioni estere). Mentre secondo gli esperti, l’Europa avrebbe bisogno di altri 300 mila militari in servizio attivo, pari a circa 50 brigate, per difendersi senza il supporto degli Stati Uniti.
L’Europa va verso un esercito comune?
No. Alcuni paesi, come la Francia, sostengono da sempre una maggiore autonomia militare dell’Ue, mentre altri, come la Polonia e i Paesi baltici, continuano a privilegiare il ruolo della Nato. Piuttosto che muoversi verso un esercito europeo unico, l’Ue sta puntando i suoi sforzi su una cooperazione militare più stretta, con appalti congiunti e forze di risposta più rapide, come previsto dallo Strategic Compass del 2022, che punta a creare una forza di dispiegamento rapido di 5 mila unità entro il 2025.
La mobilità militare resta tuttora una delle priorità della strategia difensiva dell’Unione, perché non esistono regole armonizzate per lo spostamento di truppe ed equipaggiamenti tra gli stati membri in caso di emergenza.
Perché e come l’Ue vuole potenziare la sua produzione di armamenti?
L’annessione russa della Crimea nel 2014, seguita dall’invasione su larga scala dell’Ucraina nel 2022, ha ridisegnato la politica di sicurezza dell’Ue, costringendo sia l’Unione che la Nato a ripensare le proprie strategie di difesa e ad aumentare la spesa militare per rafforzare le proprie capacità operative. La guerra in Ucraina e il presunto avvicinamento dell’amministrazione Trump a Mosca hanno riacceso il dibattito sull’autonomia strategica dell’Ue. Francia, e ora anche Germania, insistono per una maggiore indipendenza dalle strutture di sicurezza guidate dagli Stati Uniti.
Negli ultimi vent’anni, l’Ue ha introdotto diverse iniziative nel settore della difesa.
Per rafforzare la collaborazione militare sono stati fatti passi importanti, tra cui la creazione dell’Agenzia europea per la difesa (2004), il suo Piano annuale di sviluppo delle capacità (2008) e la Pesco (Permanent Structured Cooperation, 2017).
L’invasione russa dell’Ucraina nel 2022 ha accelerato ulteriormente gli sforzi di difesa dell’Ue, portando alla creazione dell’European Peace Facility (2021), EDIRPA (Procuring together defence capabilities), ASAP (Boosting defence production, 2023), e EDIS (Our common defence industrial strategy, 2024).
Attraverso il piano ReArm Europe, la Commissione europea punta a mobilitare 800 miliardi di euro per aumentare la spesa per la difesa, sostenere l’Ucraina e ampliare la base industriale europea.
Il piano prevede un nuovo strumento di 150 miliardi di euro in prestiti congiunti dell’Ue, l’allentamento temporaneo delle regole fiscali per le spese di difesa (che potrebbero liberare fino a 650 miliardi di euro nei prossimi quattro anni), l’uso volontario dei fondi di coesione e la modifica delle regole di investimento della Banca europea per gli investimenti (Bei), oltre allo “sblocco degli investimenti privati” attraverso il rilancio dell’Unione dei mercati dei capitali (Cmu), da tempo in fase di stallo.
Quanto è grande l’industria della difesa dell’Ue?
Il settore della difesa dell'Ue ha un fatturato annuo stimato di quasi 84 miliardi di euro, sostenendo direttamente oltre 196 mila posti di lavoro altamente qualificati e creando indirettamente più di 315 mila posti di lavoro aggiuntivi, secondo la Commissione. Ma l'industria europea della difesa ha bisogno di più lavoratori qualificati.
Il valore di mercato delle aziende europee del settore della difesa è aumentato vertiginosamente: la maggior parte di esse che ha raddoppiato il prezzo delle proprie azioni dall'invasione dell'Ucraina da parte della Russia. Tuttavia, i ricavi sono ancora piuttosto esigui, a dimostrazione del fatto che la loro capacità di espansione è frenata dalle dimensioni dei mercati nazionali e dalle restrizioni alle esportazioni. Ciò ha dato il via a un dibattito sull'opportunità di una preferenza europea per la spesa comune dell'Ue in materia di difesa. “Tale ‘preferenza europea’ è un contributo necessario per invertire l'attuale predominanza dei fornitori non europei sui mercati europei della difesa”, sostiene il settore. Ma i paesi dell'UE rimangono divisi.
Quali sistemi d’arma sono considerati prioritari per l’Europa?
L'Europa sta investendo in architetture di difesa aerea e missilistica multilivello perché, come ha detto l'anno scorso Paweł Ksawery Zalewski, segretario di Stato polacco per la difesa nazionale: “Avere un vantaggio nell'aria definisce la guerra”. Ad esempio, l'European Sky Shield Initiative (ESSI), lanciata nell'ottobre 2022, cerca di creare un sistema di difesa onnicomprensivo che integri capacità che vanno dal corto raggio ai livelli esoatmosferici.
Inoltre, droni, missili, artiglieria, strumenti strategici, mobilità militare, capacità informatiche e intelligenza artificiale sono stati elencati come aree prioritarie. In particolare, i droni sono diventati uno strumento cruciale nella guerra in Ucraina, spingendo sia Kiev che Mosca a sviluppare rapidamente la propria industria. Oggi, i principali esportatori di droni militari sono Cina e Turchia.

In che modo l’Ue può rafforzare le sue capacità militari?
Sebbene un aumento degli investimenti nella difesa sia ben accetto, l'industria cerca contratti di approvvigionamento a lungo termine o pluriennali per garantire stabilità, innovazione sostenuta e sviluppo tecnologico. Il sistema “built-to-order” tipico del tempo di pace, su cui si basa l'industria della difesa dell'Ue, ha comportato lunghi tempi di attesa per le capacità di difesa avanzate.
La cooperazione in materia di difesa, comprese le joint venture e gli appalti condivisi, è in crescita, ma rimane limitata. Ci sono stati sforzi specifici per aumentare la produzione di munizioni di artiglieria, un settore in cui l'Ucraina ha una forte domanda. Ma l'impegno dell'Ue di consegnare un milione di proiettili di artiglieria calibro 155 mm tra marzo 2023 e 2024 è stato impossibile da rispettare in tempo, per esempio. La Commissione europea ha stimato nel 2022 che la mancanza di cooperazione comporta costi annuali che vanno da 25 a 100 miliardi di euro.
Un altro dei problemi chiave per l'industria della difesa dell'Ue è la frammentazione, soprattutto al di fuori dei settori aeronautico e missilistico. La frammentazione non solo causa duplicazioni e costi di produzione più elevati, ma anche problemi di interoperabilità, limitandone la portata e l'efficacia operativa sul campo. A titolo indicativo, gli Stati membri dell'Ue hanno fornito all'Ucraina dieci diversi tipi di obici, secondo la relazione Draghi. Inoltre, l'Ue utilizza 12 diversi tipi di carri armati, mentre gli Stati Uniti ne producono solo uno (l'M1 Abrams).
Nel frattempo, entrano in gioco anche le dipendenze esterne. Tra il 2007 e il 2016, oltre il 60 per cento del budget europeo per gli appalti della difesa è stato speso in importazioni militari non Ue, il che ha portato a controlli e restrizioni sulle attrezzature da parte di paesi terzi. Una “preferenza europea” negli appalti della difesa, spinta principalmente dalla Francia, non ha trovato consenso durante i colloqui informali dei leader dell'Ue a febbraio e, data la necessità di aumentare rapidamente le dimensioni, molti paesi chiedono che il sistema sia il più aperto possibile.
I paesi europei hanno armi atomiche?
A gennaio 2022, la Francia aveva 290 testate, con 98 sistemi di lancio, inclusi missili sottomarini e missili lanciati dall'aria. Il Regno Unito 225 testate, 120 operative, schierate su cinque sottomarini, con 105 in deposito, secondo l'Arms Control Association.
Nel frattempo, è stato riferito che Belgio, Germania, Italia, Paesi Bassi e Turchia ospitano tutti armi nucleari statunitensi. La Polonia ha recentemente chiesto a Washington di schierare armi nucleari nel paese, ammettendo che avere una propria capacità richiederebbe decenni.
👉L'articolo originale su EUobserver
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