Attualità Salute riproduttiva

Ovuli spagnoli, spermatozoi danesi... e un bambino europeo

Molte coppie che desiderano un figlio sono costrette ad andare all’estero per poter accedere ai trattamenti per la fertilità. A seconda del paese le leggi sono più (o meno) permissive, rendendo il percorso verso la genitorialità un "viaggio". Per le donne single, è ancora più complicato.

Pubblicato il 20 Maggio 2025

Fabian* si dondola sopra una grossa palla da ginnastica insieme alla figlia Josefine*, di pochi mesi, che tiene appoggiata al petto dentro a un marsupio. Lui e la compagna Anna* sono da poco diventati genitori grazie a una donazione di ovociti proveniente dall’Estonia

Da giovane, Anna si era dovuta sottoporre a un’operazione in cui le erano state rimosse entrambe le ovaie: “Abbiamo sempre saputo che, se avessimo desiderato un figlio, ci saremmo dovuti affidare a una clinica per la procreazione assistita e a una donatrice di ovuli”, racconta. Sebbene in Austria la donazione di ovociti sia legale dal 2015, nella realtà le donatrici sono poche perché la legge impone che la pratica avvenga a titolo gratuito e proibisce qualsiasi forma di intermediazione commerciale. 

Per questo motivo, Anna e Fabian decidono di cercare una soluzione alternativa in un altro paese dell’Ue.

E non sono gli unici a farlo. Chi ha bisogno di assistenza medica per poter avere figli scopre presto che in Europa le regole cambiano da paese a paese. In Austria, per esempio, solo le coppie sposate o conviventi possono accedere ai trattamenti della fertilità, anche se dal 2015 questa possibilità è stata estesa anche alle coppie lesbiche.

Nel paese, le coppie possono usufruire di fondi pubblici per la Fiv (fecondazione in vitro), stanziati dal ministero della salute, che coprono il 70 per cento del costo del trattamento fino a un massimo di quattro tentativi. L’erogazione del contributo è tuttavia vincolata a determinate condizioni: la donna deve soffrire di determinate patologie e avere un'età inferiore ai 40 anni. A rimanere totalmente escluse sono le donne single, mentre chi, come nel caso di Anna e Fabian, necessita di una donazione di ovociti, deve farsi carico di tutte le spese.

Una busta da mille euro

Nell’Unione europea, la metà di tutte le donazioni di ovuli arriva da donne spagnole e un terzo di queste è destinato a pazienti residenti in altri paesi. Alba ha donato per la prima volta i suoi ovuli a Madrid nella primavera del 2023, spinta dal desiderio di aiutare altre persone: “Ho sempre pensato che un bambino nato grazie a una donazione di ovuli debba considerarsi molto fortunato perché significa che è stato davvero desiderato”. Successivamente, Alba decide di fare una seconda donazione, questa volta per ragioni economiche: “La prima volta sono uscita dalla clinica con in mano una busta da 1.000 euro in banconote da 50”, racconta.

La somma corrisponde a quanto riportato nel documento programmatico della Società europea per la riproduzione e l’embriologia (Eshre nell’acronimo inglese), secondo cui in Spagna – dove una donatrice su quattro è studentessa – il compenso medio per le donatrici di ovuli si aggira intorno ai 900 euro, un importo relativamente elevato seppur non il più alto dell’Ue. La legge tutela l’anonimato, vietando di rivelare l’identità della donatrice sia ai futuri genitori sia ai figli nati grazie alla donazione. 


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Per Anna e Fabian, al contrario, conoscere l’identità della donatrice è un aspetto fondamentale : “Abbiamo sempre desiderato che Josefine possa conoscere la storia della sua nascita” spiega Anna, aggiungendo che entrambi vogliono che la figlia “abbia la possibilità di incontrare questa persona se la riterrà un pezzo importante per la sua vita o un tassello mancante”. 

In quasi la metà dei paesi europei questo non è possibile. Dopo alcune ricerche, la coppia trova infine una piccola clinica che collabora con una banca di ovuli estone e che permette ai figli di entrare in contatto con la donatrice una volta raggiunta la maggiore età.

L’uovo d’oro

Le responsabili della clinica e della banca si mettono quindi alla ricerca di una donatrice che possa assomigliare a Anna. Qualche tempo dopo, la coppia riceve una breve lista anonimizzata delle possibili donatrici con relative informazioni su colore di occhi e capelli, peso, altezza, interessi e formazione. “Quando ci hanno inviato la lista è stato molto strano” racconta Anna, “importa veramente se [la donatrice] è bionda, castana o se ha gli occhi del mio stesso colore?” Invece che analizzare diverse liste, Anna e Fabian decidono di fare un tentativo con la prima donatrice dell’elenco. “Alla fine abbiamo pensato che non avrebbe fatto alcuna differenza” afferma Fabian, “perché nostro figlio sarebbe comunque cresciuto nella pancia di Anna”.

Lo sperma di Fabian e gli ovuli della donatrice vengono quindi spediti in Estonia, dove dalla loro fecondazione si formano tre embrioni che vengono poi inviati alla clinica austriaca. Anna rimane incinta al primo tentativo ma perde il bambino alla settima settimana. Anche il secondo impianto dell’embrione fallisce. Dopo alcune analisi e una serie di flebo, il terzo e ultimo tentativo va a buon fine: la gravidanza procede senza complicazioni e Josefine nasce al termine di quella che Anna descrive come una gravidanza “da manuale”.

“Per quanto riguarda la procedura di transfer, c’è una buon servizio di assistenza” racconta Anna parlando dell’impianto, e aggiunge: “I fondi per la Fiv coprono gran parte delle spese. Tuttavia, chi è costretta a ricorrere alle donazioni viene lasciata completamente sola”. Per la donazione degli ovuli, i trattamenti e le visite mediche, Anna e Fabian hanno speso in totale circa 10mila euro. “L’abbiamo soprannominata il nostro uovo d’oro” dice Fabian con un sorriso, riferendosi alla figlia Josefine.

Mentre le coppie che desiderano avere un figlio ricevono assistenza medica nella maggior parte dei paesi, per le donne single le opportunità si riducono drasticamente.

È il caso, per esempio, delle donne austriache che non sono in coppia e che per realizzare il proprio desiderio di maternità sono costrette ad andare all’estero. Secondo l’organizzazione Fertility Europe, le persone single possono ricorrere a donazioni di sperma in 37 paesi europei e a donazioni di ovuli in 31. 

Sola nel caos totale

Ariane* è una delle tante donne single che, all’alba dei 40 anni, ha deciso di provare ad avere un figlio: “Insomma, lo farò da sola. Tra cinque anni non voglio avere il rimpianto di non aver neanche provato a realizzare il mio desiderio di diventare mamma solo perché al momento non ho un partner”.

La donna ha sempre saputo che sarebbe dovuta andare all’estero, tuttavia trovare informazioni a riguardo non è stato facile. “[Le regole] sono diverse in ogni paese, a volte persino da una clinica all’altra. Ci sono leggi e limiti di età differenti e in alcuni paesi solo alle coppie è permesso accedere al servizio ” racconta Ariane, “è un caos totale”.

Molto presto Ariane viene a conoscenza della società danese Cyros International, che ha sede a Aarhus e si autodefinisce la più grande banca di ovuli e sperma a livello mondiale, offrendo i suoi servizi in oltre 100 paesi. Dalla sua fondazione negli anni Ottanta, Cyros International ha contribuito a rendere la Danimarca una delle principali mete europee per i trattamenti della fertilità. Nel paese, infatti, le leggi sono molto permissive e la fecondazione artificiale fa ormai parte della normalità: circa il 10 per cento dei bambini danesi viene concepito attraverso la procreazione medicalmente assistita, e molti di loro nascono dalle cosiddette solomors, ovvero le madri single.

Ariane analizza i profili di centinaia di donatori. “Alla fine ho capito che avrei preferito un donatore di cui potessi conoscere l’identità” racconta la donna, aggiungendo “non avevo altre sensazioni, era tutto molto spaventoso”. 

Quando si imbatte nel profilo di uno studente danese, qualcosa dentro di lei cambia. Ariane va quindi in Danimarca dove si sottopone a tre trattamenti di Fiv, ma nessuno di essi termina in una gravidanza. Poco dopo scoppia la pandemia.

“Sono andata in panico” afferma Ariane, ricordando il momento in cui ha capito che non sarebbe più potuta tornare in Danimarca a causa dell’interruzione di tutti i voli. La sua unica alternativa è recarsi a Monaco: in Baviera anche le donne single possono accedere alla fecondazione in vitro e la città è facilmente raggiungibile in treno. 

In Germania, la donna si sottopone a tre ulteriori trattamenti ma anche questi falliscono. “È stato davvero frustrante e sono stata più volte sul punto di arrendermi” ricorda Ariane.

Doppia donazione

Terminato il lockdown, Ariane riesce a tornare in Danimarca, dove per la prima volta ottiene un test di gravidanza positivo. Il tentativo termina tuttavia in un aborto spontaneo precoce e anche i sucessivi, nonostante alcuni segnali positivi facessero sperare in un esito diverso, non portano ad alcuna gravidanza. “A quel punto, i medici mi hanno consigliato di provare con la donazione di ovuli” racconta la donna, “all'epoca avevo 45 anni”.

Inizialmente Ariane fatica ad accettare l’idea e si prende sei mesi per riflettere: “Mi sentivo in uno stato di shock” racconta la donna. Nel frattempo, Ariane ha anche superato il limite di età per accedere sia ai trattamenti in Danimarca che alle adozioni in Austria e così decide di fare un ultimo tentativo con la donazione di ovuli. Tuttavia, ovunque si rivolga, Ariane continua a imbattersi nello stesso problema: “nella maggior parte dei paesi sono le cliniche o i medici stessi a scegliere la donatrice” spiega Ariane, mentre lei vorrebbe vedere almeno una foto della donna, percepire un qualche tipo di connessione. Alla fine, anche lei, come Anna e Fabian, si trova costretta ad andare in Estonia.

Ariane trova una clinica a Tallinn che le consente di sottoporsi alla fecondazione in vitro con donatori scelti da lei. In Estonia, anche le donne single possono accedere a questi trattamenti e il limite di età è più alto rispetto ad altri paesi.Dopo un totale di nove cicli di FIV, 16 tentativi di impianto e numerosi viaggi in tre diversi paesi europei, Ariane finalmente rimane incinta e dà alla luce un bambino.

“È assurdo che ci sia ancora tanto stigma nei confronti delle donne single” afferma Ariane. In Austria, infatti, alle donne single non è solo vietata la donazione di sperma, ma anche il cosiddetto social freezing, ovvero il prelievo e il congelamento di cellule uovo in assenza di una motivazione medica. Eppure, con l’avanzare dell’età, la fertilità si riduce e aumenta il rischio di anomalie genetiche. Avere la possibilità di utilizzare in un secondo momento i propri ovociti, prelevati nel periodo di maggiore fertilità, permetterebbe di ridurre il peso finanziario, fisico e psicologico legato alla ricerca della maternità. “Nonostante tutto, lo rifarei altre mille volte” afferma Ariane. 

👉 L'articolo originale su Der Standard
🤝 Questo articolo è stato realizzato nell'ambito del progetto collaborativo PULSE, con la partecipazione di Andrea Muñoz di El Confidencial.

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