C'è un uomo con un paio di folti baffi che guarda severo dai manifesti in russo affissi per le strade della Lettonia. Non siamo negli anni Cinquanta, però, e l'uomo non è georgiano, ma italiano.
Giulietto Chiesa, "Dzuljeto" come lo chiamano da queste parti, è uno strano e in qualche modo simbolico esemplare di politico europeo dell'era post-ideologica. Piemontese di Acqui terme, dopo la gavetta nella Fgci e nella sezione genovese del Partito comunista nel 1980 Chiesa ottenne il posto di corrispondente dall'Unione sovietica per l'Unità e partì per Mosca, dove è rimasto vent'anni lavorando anche per La Stampa.
Nel 2004 Chiesa si è presentato per la prima volta alle europee con la strana coppia Di Pietro-Occhetto e la loro lista "Società civile". Ben presto però ha sbattuto la porta, deluso da quella che definisce la "degenerazione" di Di Pietro e disorientato dai nuovi schieramenti. "Non so come definirmi oggi. Certo non mi piace la destra. E fatico a riconoscermi nel Partito socialista europeo."
Un giorno a Strasburgo ha incontrato l'europarlamentare lettone Tatiana Zhanoka, che gli ha chiesto di unirsi a lei in una lista che rappresenta i diritti della minoranza russofona lettone. Dzuljeto ha accettato subito. Ha affittato una casa a Riga e va su e giù ogni settimana. Speranze di essere eletto? "Poche. Diciamo nessuna. Ma è una battaglia che andava fatta."