Attualità Migranti nel Mediterraneo

Il confine più pericoloso del mondo

Nel 2016 3.230 persone hanno perso la vita nel tentativo di attraversare il Mediterraneo per raggiungere l'Europa. Sebbene da allora il numero di morti sia diminuito, attraversare il Mediterraneo è sempre più pericoloso.

Pubblicato il 12 Settembre 2019 alle 06:28

Tunisia, Pakistan, Costa d'Avorio, Algeria e Iraq: la gran parte dei migranti giunti in Italia nel 2019 via mare proviene da questi 5 paesi. La maggioranza ha scarse possibilità di ottenere protezione in Europa. In un documento stilato già nel febbraio 2017, la Commissione europea ha criticato le procedure per le richieste di asilo "spesso applicate male o indebitamente". Pertanto il sistema di asilo risulta "sovraccarico di domande presentate da parte di migranti che non cercano protezione ma un miglioramento delle loro condizioni di vita, spesso catastrofiche". La Commissione europea stima che circa il 70 per cento dei naufraghi tratti in salvo nel Mediterraneo centrale non fugga da zone di guerra o regimi oppressivi; quest’anno tale cifra si attesta all'80 per cento.

Se la stragrande maggioranza di migranti che arriva in ​​Grecia proviene da paesi con elevate probabilità di ottenere asilo, la maggior parte dei quali da Siria, Afghanistan, Repubblica Democratica del Congo e Iraq, la situazione sulle altre rotte è abbastanza diversa: in Italia, il numero stimato dei rifugiati che poteva contare su un esito positivo, compresa la protezione sussidiaria, umanitaria o temporanea, si attestava intorno al 50 per cento, nel 2016 intorno appena al 35,9 per cento, nel 2017 al 31,6 per cento. 

Nel 2018 e 2019 la situazione pare essere rimasta immutata: la maggior parte dei migranti proviene da paesi con scarse possibilità di riconoscimento, cioè Tunisia, Pakistan, Costa d'Avorio e Algeria, Bangladesh, Sudan, Guinea, Marocco, Camerun, Egitto, Senegal, Mali e Nigeria.


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In Spagna il 32 per cento degli arrivi via mare proviene dal Marocco, il 16 per cento dal Mali, il 15 per cento dalla Guinea, il 13 per cento dalla Costa d'Avorio e il 10 per cento dal Senegal, paesi, anche questi, con scarse probabilità di ottenere esito positivo.

Nel Mediterraneo pericolo di morte in aumento 

Il Mediterraneo è il confine più pericoloso del mondo. Il 2016 è stato l'anno che ha registrato il maggior numero di vittime: secondo l'Organizzazione internazionale per le migrazioni(Oim) sono ben 3.230 le persone che hanno perso la vita durante la traversata del Mar Mediterraneo. In risposta l’Unione europea ha intensificato la lotta contro il traffico di essere umani, lanciando una operazione di sicurezza marittima nel Mediterraneo denominata Operazione Sophia (EUNAVFOR Med Sophia). 

Anche la Guardia costiera libica è stata appositamente addestrata per intercettare e respingere le persone che cercano di attraversare il Mediterraneo. Oltre alla Libia, l'Unione europea offre supporto ad altri paesi africani nell’intento di impedire l’attraversamento da parte dei migranti verso l'Europa. Secondo questa logica rifugiati e migranti non sarebbero più in grado di raggiungere la Libia e, dalle sue coste, avventurarsi nel Mediterraneo.

In seguito a questi provvedimenti il numero di attraversamenti, e quindi di morti, è diminuito in modo significativo. Al contempo, a causa della violazione dei diritti umani, la missione è divenuta oggetto di forti critiche. Le Nazioni Unite denunciano infatti casi di tortura, schiavitù e stupri di gruppo. La Libia è un partner tutt’altro che affidabile e credibile: dal rovesciamento del regime di Gheddafi il paese è stato interessato da instabilità cronica, un governo centrale che funzioni è praticamente assente e sono le milizie a farla da padrone.

Traversate in calo, rischi in aumento

Sebbene nel complesso il numero di vittime in mare sia calato, le traversate sono diventate più pericolose. Secondo l'OIM, nel 2014 il tasso di mortalità era dell'1,25 per cento e nel 2015 appena dello 0,36 per cento, nonostante il fatto che via mare siano arrivate 1.032.408 persone.

Da allora il tasso di mortalità ha ripreso di nuovo a salire, toccando l'1,19 per cento nel 2016 e l'1,41 per cento nel 2017. Nella prima metà del 2019 i valori si attestano all'1,13 per cento. Siamo di fronte a un paradosso statistico: maggiore è il numero di attraversamenti, minore è il rischio di morte. Le rotte più brevi sono anche le più sicure e, come tali, sono le preferite. Se chiuse, la probabilità di morire sulle rotte alternative cresce.

In Italia sbarchi in forte calo

Il transito in Libia (e in parte in Tunisia e talvolta anche in Egitto) verso l'Italia e Malta espone a un rischio maggiore: se qui il tasso di mortalità nel 2014 era ancora dell'1,81 per cento, nel 2016 è salito a 2,27 per cento e a 4,3 per cento alla fine di giugno. Al contempo, l'Italia ha beneficiato maggiormente delle recenti misure introdotte dall'Unione europea, con un calo del numero di arrivi via mare di ben l'80%, passando da 119.370 nel 2017 a 23.370 nel 2018 e a soli 4.169 nell'anno in corso.

La Spagna sempre più attraente

La rotta del Mediterraneo occidentale, in virtù della sua brevità, risulta invece meno pericolosa. Tenuto conto che i 15 chilometri che separano il Marocco (e in parte l'Algeria) dalla Spagna possono essere percorsi anche da gommoni, nel 1991 la Spagna ha introdotto un obbligo di visto restrittivo per i migranti provenienti dagli stati del Maghreb. Ciò ha provocato un aumento significativo dell'immigrazione clandestina e quindi irregolare. 

Nel 1999 la Spagna ha risposto con l’introduzione di un rigoroso sistema di sorveglianza e sei anni dopo, su pressione spagnola, il Marocco ha approvato una legge che impone pesanti sanzioni che punisce gli espatri illegali. Ciò ha comportato la chiusura della rotta del Mediterraneo occidentale fino a metà agosto 2014, ma da allora il numero di attraversamenti su questa rotta è aumentato di nuovo drasticamente, passando da 22.103 nel 2017 a 58.525 nel 2018. Fino alla fine di agosto 2019 in Spagna sono arrivate attraverso il Mediterraneo 14.749 persone. Il tasso di mortalità è aumentato nuovamente passando dallo 0,5 per cento (su 4.256 arrivi) nel 2014 all'1,88 per cento un anno dopo (su 5.312 arrivi) e all'1,23 per cento nel 2018. Quest'anno il valore si attesta all'1,1 per cento.

La rotta del Mediterraneo orientale non più densamente trafficata

La rotta più sicura è quella che dalla Turchia conduce in Grecia. Qui nel 2014 e nel 2015 il tasso di mortalità era dello 0,08 per cento e, dopo essere salito allo 0,29 per cento l’anno prima, attualmente si attesta allo 0,19 per cento. Il numero più elevato di arrivi via mare in Grecia è stato registrato nel 2015: 1.012.910 milioni, ben due terzi di tutti gli arrivi. All’indomani dell’accordo sui migranti stipulato fra Unione europea e Turchia, i numeri sono diminuiti in modo significativo: nel 2017 gli arrivi erano ancora 29.501, nel 2018 erano 32.742. Attualmente, tuttavia, sono tornati a crescere: fino a metà agosto sono arrivate 20.300 persone.

Risultato

Chiusa una rotta, rifugiati e migranti ripiegano su altre, generalmente più pericolose. Il Mediterraneo oggi registra un numero decisamente inferiore di attraversamenti, benché ben più pericolosi. Il rischio di morire è il più alto mai registrato. Soprattutto nel Mediterraneo centrale le persone spesso non vengono salvate in tempo da possibili naufragi.

Allo stesso tempo sale il numero di coloro che non possono avvalersi di protezione poiché provenienti da paesi in cui non rischiano la persecuzione. Attualmente in Italia questo dato si aggira intorno all'80%. La questione della ripartizione dei migranti soccorsi in Europa è accesa a fronte delle difficoltà in cui si imbattono numerosi paesi europei nel rimpatriare i richiedenti asilo respinti. Si stima che proprio tali migranti da anni stiano optando sempre di più per la rotta del Mediterraneo centrale.

Le fonti

  1. Flow Monitoring der IOM
  2. Mediterranean Situation – UNHCR
  3. Four Decades of Cross-Mediterranean Undocumented Migration to Europe – IOM
  4. Missing Migrants – IOM
  5. European Political Strategy Centre, Irregular Migration via the Central Mediterranean

Metodologia

Come abbiamo ottenuto questi dati

Sia l'OIM che l'UNHCR cercano di quantificare non solo gli arrivi ma anche i morti e i dispersi sulla rotta del Mediterraneo. Secondo l'OIM (dall'UNHCR non ci è pervenuta risposta), vengono prese in esame le dichiarazioni, poi messe a confronto, di tutti coloro che sono coinvolti nelle operazioni di salvataggio, dai migranti, alla Marina, a Frontex o alle ONG. Tuttavia l'IOM sottolinea che si tratta di stime prudenti e che il numero effettivo è inevitabilmente maggiore, soprattutto perché i rifugiati e i migranti vittime di naufragi di solito passano inosservati. Al tempo stesso, tuttavia, va tenuto presente che mancano i dati relativi a coloro a cui le autorità tunisine, egiziane o marocchine hanno impedito l'attraversamento e ciò, a sua volta, fa salire il bilancio delle vittime.

Metodologia: modalità di valutazione delle probabilità di ottenere protezione

La registrazione degli arrivi via mare si basa sulla nazionalità. La probabilità di ottenere protezione varia tra un paese di provenienza e l’altro. Su questa base, l’OIM ha avanzato una stima approssimativa del numero di coloro che hanno bisogno di protezione e di coloro che invece hanno abbandonato il proprio paese per altre ragioni. Sebbene il rapporto dell’OIM si riferisca solo ai rifugiati ai sensi della definizione formulata nella Convenzione sui rifugiati di Ginevra, le cifre ivi citate (e quindi anche le nostre) comprendono anche la protezione sussidiaria e umanitaria.
Per il 2018 e il 2019 non si dispone di cifre e, per l'Italia, il metodo adottato è quello dell’IOM. Nel caso della Grecia, di cui sono disponibili solo informazioni sulla provenienza di tutti gli ​​arrivi, compresi quelli ​​via terra, non è stato possibile accertare il paese di origine del 14,7 per cento dei migranti giunti nel 2019. In assenza di tali dati, non è stato possibile effettuare alcun calcolo. Sulla base delle cifre totali, tuttavia, si può presumere che la maggioranza di coloro che sono giunti sulla rotta del Mediterraneo orientale anche negli anni presi in esame provenga da paesi con buone prospettive di esito positivo.

Anche la raccolta dei dati statistici in materia di asilo comporta alcune difficoltà: la registrazione degli arrivi e la procedura di richiesta di asilo sono due processi separati spesso condotti in paesi diversi o quantomeno da autorità diverse che non si coordinano in fatto di raccolta dei dati. Analogamente, le procedure di asilo variano da un paese europeo all’altro e concetti come "asilo negativo" non godono di una definizione uniforme. Inoltre, poiché la raccolta dei dati è anonima, è verosimile che lo stesso richiedente asilo figuri più volte, e in luoghi diversi, come migrante giunto in uno stato costiero europeo, come richiedente asilo in un altro paese (se ne fa domanda) e infine nei casi di espulsione.

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