Il nord serra le fila

Lo scioglimento dei ghiacci artici sta per innescare la corsa alle risorse del Polo nord. Le alleanze tradizionali sono sempre meno stabili. Per far fronte a queste e altre sfide, i paesi scandinavi uniscono le forze tramite accordi di cooperazione militare e civile.

Pubblicato il 7 Dicembre 2010 alle 12:18

Pochi conoscono gli ambienti della sicurezza nell’estremo Nord d’Europa come il parlamentare estone Tarmo Kouts. Negli anni ‘70, giovane ufficiale della Marina mercantile sovietica, Kouts trasportava legname in Europa attraverso i mari di Kara e di Barents. Quando l’Estonia ha conquistato la propria indipendenza ha contribuito a costruirne le forze armate, ascendendo fino al grado di vice ammiraglio prima di dedicarsi alla politica.

Nel 2007 ha appreso in diretta la notizia che un sottomarino russo aveva piantato una bandiera di titanio sul fondale oceanico sotto il Polo Nord. “Quell’operazione è stata un segno da parte dei russi, come dire: ‘Siamo qui, siamo arrivati primi e questo posto ci appartiene’. Nel Mar glaciale artico i russi hanno capacità navali significative, a Murmansk e in molti altri siti”, ha detto.

Pur non essendo originario di uno dei paesi nordici – Danimarca, Finlandia, Islanda, Norvegia e Svezia – Kouts sostiene appieno l’iniziativa dei cinque stati di allearsi per far fronte allo scioglimento delle calotte e all’imminente corsa per lo sfruttamento delle risorse minerarie e delle rotte commerciali.

L’Accordo nordico è stato presentato dai ministri degli esteri nel corso di un vertice svoltosi a novembre a Reykjavik, e sarà ridiscusso nuovamente a Helsinki ad aprile. Il suo programma si ispira direttamente al rapporto Stoltenberg, una serie di proposte presentate nel 2009 da Thorvald Stoltenberg, ex ministro degli esteri della Norvegia, ministro della difesa e padre dell’attuale primo ministro.

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Il rapporto suggerisce di creare una task force civile e militare per le regioni instabili, un’unità anfibia comune, un’unità per il pronto intervento in caso di calamità, un team di guardiacoste, un sistema di difesa cibernetica, una sorveglianza congiunta aerea, marittima e satellitare, cooperazione nella governance dell’Artico e infine una squadra di investigatori per indagare sui crimini di guerra.

Il rapporto prevede anche di raggruppare i servizi dei consolati dei cinque paesi dove ancora non hanno delegazioni, e ispirandosi direttamente al quinto articolo dello statuto della Nato afferma: “I paesi potrebbero esplicitare in termini vincolanti in che modo intendono reagire qualora un paese nordico fosse sottoposto a un attacco dall’esterno o a indebite pressioni”.

Stoltenberg afferma che il suo progetto è una conseguenza dei cambiamenti geopolitici in atto: “Oggi da soli non possiamo occuparci delle ricerche e di eventuali operazioni di salvataggio nell’Articolo. Sul versante militare, il prezzo delle tecnologie avanzate aumenta così rapidamente che o ci decidiamo a collaborare oppure assisteremo al degrado dei nostri sistemi difensivi. Se non collaboreremo, entro venti anni ci saranno solo quattro eserciti credibili in tutta Europa: quelli di Russia, Germania, Francia e Regno Unito”.

Alleanza naturale

Stoltenberg definisce “naturale” l’Alleanza nordica, e la spiega in questi termini: “È tutta questione di geografia, cultura e valori. Parliamo lo stesso linguaggio. Ci sentiamo più vicini e simili rispetto a qualsiasi altro popolo. Già ora esiste un’eccellente forma di collaborazione tra i servizi d’intelligence dei paesi nordici”. Stoltenberg ha anche osservato che quantunque Finlandia e Svezia non siano membri della Nato, tra i cinque paesi già esiste una solidarietà implicita che ricalca quella dell’Alleanza.

Il programma di Stoltenberg rispecchia anche alcuni sviluppi in atto nell’Unione Europea: Il Servizio europeo di azione esterna (Seae) è stato lanciato il primo dicembre per coordinare meglio la politica estera dell’Ue. La Commissione Europea sottolineerà, in un “Rapporto sulla cittadinanza” che sarà pubblicato nel 2011, che i consolati degli stati membri devono aiutare i cittadini dell’Unione se il loro paese di appartenenza non ha delegazioni dove loro si trovano, e ha auspicato in caso di crisi la condivisione degli obblighi da parte dei vari consolati.

La Polonia si prefigge, durante il suo mandato alla presidenza dell’Ue che inizierà nel 2011, di attivare una clausola prevista dal trattato di Lisbona inerente alla cooperazione per la difesa. Il primo ministro britannico David Cameron il 19 gennaio 2011 accoglierà i leader degli stati nordici e baltici, che si riuniranno per discutere di problemi energetici nell’estremo nord.

Il ministro degli esteri finlandese Alexander Stubb crede che un’intesa che ricalchi la proposta Stoltenberg potrebbe spianare la strada alla creazione di nuove strutture difensive dell’Unione Europea. Egli ha aggiunto che “per il momento” in Artico non vi è alcuna “corsa all’oro”, e che in ogni caso ci sono dei limiti alle affinità nordiche. “Le nostre priorità sono molteplici e diverse. Non esiste alcun blocco nordico nell’Ue: ci scambiamo idee e condividiamo informazioni, ma non necessariamente la pensiamo nello stesso modo”. (traduzione di Anna Bissanti)

Questo articolo è comparso su Analys Norden, organo del Consiglio nordico.

WikiLeaks

Il piano segreto della Nato per il Baltico

"La Nato ha approvato un piano di difesa segreto per gli stati baltici", annuncia El País. Il quotidiano di Madrid pubblica alcuni documenti diplomatici statunitensi confidenziali diffusi da WikiLeaks, che confermano come l'Alleanza atlantica abbia deciso il 22 gennaio scorso "di estendere la propria strategia di sicurezza per la Polonia [Eagle Guardian] anche a Estonia, Lettonia e Lituania". La Nato avrebbe agito su insistenza degli stati baltici, preoccupati per la loro sicurezza all'indomani della guerra in Georgia. L'Alleanza si trovava alle prese con il "dilemma" fra "la volontà di tranquillizzare le tre repubbliche, a rischio di irritare il Cremlino" e il desiderio di "distendere i rapporti con la Russia", che "non è più considerata un nemico dal 1997". Proprio per questo motivo i negoziati tra Usa, stati baltici e Nato hanno avuto luogo attraverso un "lungo percorso di pressioni e veti, nella più totale segretezza", conclude El País.

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