Reportage Industria della carta
Piantagioni di eucalipto nel distretto di Gondôla, provincia di Manica, Mozambico. | Foto: ©Juan Maza Calleja Eukalyptusplantagen im Bezirk Gondôla, Manica, Mosambik. | Foto: ©Juan Maza Calleja

Terra e carta: l’industria europea della cellulosa in Mozambico

Aziende europee fanno crescere eucalipti in Mozambico, per poi trasformarli in pasta di legno in Europa. A che prezzo? L’erosione delle comunità rurali e l’ecosistema locale. Reportage.

Pubblicato il 9 Dicembre 2024
Eukalyptusplantagen im Bezirk Gondôla, Manica, Mosambik. | Foto: ©Juan Maza Calleja Piantagioni di eucalipto nel distretto di Gondôla, provincia di Manica, Mozambico. | Foto: ©Juan Maza Calleja

Mentre Gabriel Feijao travasa il miele in una bottiglietta di plastica con l’aiuto della figlia, sua moglie prepara le pagnotte, appena sfornate, da un forno tradizionale alimentato a carbone ardente. Il carbone lo produce un altro dei suoi figli a qualche centinaio di metri di distanza, usando tronchi di alberi raccolti nella sua terra. Carbone, miele, pane e verdure sono quello che la famiglia produce per sé ma, anche, in buona parte, per venderlo al mercato locale. Si tratta di un’agricoltura di sussistenza largamente diffusa in una zona rurale incontaminata nel centro del Mozambico, nel distretto di Sussundenga, provincia di Manica.

 The Feijão family, who refused to give up their land for eucalyptus cultivation, grows several varieties of grains and vegetables, in addition to producing honey and selling it at the local market. | Photo: Davide Mancini
La famiglia Feijão, che si è rifiutata di cedere la propria terra per coltivare eucalipto, coltiva diverse varietà di cereali e verdure, oltre che produrre miele e venderlo al mercato locale. | Foto: ©Davide Mancini

Il vasto paesaggio di savana e arbusti è interrotto solo da montagne granitiche e macchie di foresta che, viste da vicino, hanno forme geometriche minuziosamente definite: sono piantagioni di eucalipto.

“Ci hanno detto che volevano produrre carta, creare una fabbrica e tante altre cose. Ma la fabbrica è in Portogallo. Allora il beneficio è per loro là, non per noi qua. Noi vogliamo il cibo per poter mangiare. Se ci tolgono la terra, dove andiamo a produrre il nostro cibo?”. 

Gabriel Feijao non è l’unica persona ad essere arrabbiata della comunità rurale di Cortina-de-Ferro, ad almeno due giorni di auto dalla capitale Maputo, dove negli ultimi 15 anni un’impresa portoghese ha ottenuto il diritto d’uso della terra per piantare eucalipto, un albero usato esclusivamente per la produzione industriale di cellulosa, da cui si produce la carta ed il cartone. 

Ma in Mozambico, per il momento, non si produce cellulosa. Da qui vengono inviati i primi tronchi al porto di Beira, e da lì via nave fino ad Aveiro, in Portogallo, dove sono trasformati nella materia prima necessaria per produrre scatole, carta di alta qualità, imballaggi di ogni tipo, dai bicchieri take-away alle confezioni grafiche dei prodotti elettronici prodotti e consumati in Europa. 

La compagnia portoghese Navigator Company è l’azionista di maggioranza dell’azienda Portucel Mozambique, mentre il restante 20 per cento appartiene a l’IFC, International Finance Corporation (ramo finanziario della Banca Mondiale). 

Aerial view of one of Navigator Company's processing plants in Aveiro, Portugal, where the first shipments of eucalyptus grown in Manica, Mozambique, by the subsidiary company Portucel Mozambique, have arrived. | Photo: ©Juan Maza Calleja
Vista aerea di uno degli impianti di trasformazione di Navigator Company, ad Aveiro, in Portogallo, dove sono arrivati i primi carichi di eucalipto coltivati dalla sua succursale Portucel Mozambique a Manica, in Mozambico. | Foto: ©Juan Maza Calleja

Portucel Mozambique ha ottenuto i diritti d’uso della terra (Duat) per una durata di 50 anni su terreni agricoli per 356.000 ettari nelle zone interne dell’ex colonia portoghese. Navigator Company è la terza impresa esportatrice del Portogallo, con un giro d'affari annuo di quasi 2 miliardi di euro, e che contribuisce a circa l’1 per cento del Pil del paese. Dato che in Mozambico il terreno è prevalentemente di proprietà statale, l’azienda ha dovuto accordarsi per l’uso degli  appezzamenti con il governo mozambicano nel 2011. Invece che un’espropriazione della terra, che avrebbe costretto migliaia di famiglie a spostarsi, si è deciso per una cessione volontaria dell’uso della terra da parte dei residenti, con un contratto firmato tra le famiglie e l’azienda.

Ma molte persone intervistate accusano l’azienda ed il governo di non aver mantenuto le promesse inserite nel contratto, e di poca trasparenza in generale,  ritrovandosi ora senza terra e senza l’ingresso economico previsto.

Gabriel Feijao si è rifiutato di cedere la sua terra, ma crede che sia una questione di tempo prima che arrivino alla sua machamba, come viene chiamata in Mozambico la terra adibita ad agricoltura mista familiare, in un sistema tradizionale largamente agroforestale. 

Dei 236.000 ettari destinati alle piantagioni di eucalipto dell’azienda portoghese nel paese africano, solo 14.000 sono stati piantati ad oggi. Secondo l’azienda, l’investimento è ancora nella fase pilota: si tratta del maggior investimento estero in area agricola per il paese africano dalla sua indipendenza, ed equivale a circa 2.5 miliardi di dollari, in un paese il cui Pil nel 2023 era 20.6 miliardi. Con un’estensione territoriale 9 volte quella del Portogallo, il modello “mosaico” scelto dall’azienda prevede di piantare vicino alle comunità rurali, spesso sparse e sconnesse, dove le persone si spostano prevalentemente a piedi, alternando macchie di piantagioni, machamba e abitazioni, prevalentemente capanne costruite con materiali locali. 

Mugabe Augusto inside the eucalyptus plantation that was once the land he farmed.  | Photo: Davide Mancini
Augusto Mugabe all'interno della piantagione di eucalipto che un tempo era la terra da lui coltivata | Foto: ©Davide Mancini

“Dobbiamo camminare chilometri per arrivare al pozzo ora, perché il pozzo che usavamo prima si è seccato, un altro non è più potabile”, dice AugustoMugabe, in un’altra comunità. Mugabe ha invece ceduto i suoi 1.7 ettari di machamba con un contratto di cessione volontaria, e ora quello che era il suo terreno è ricoperto da alti eucalipti che lui stesso ha aiutato a piantare. Mugabe, come molte altre persone, dice che l’azienda aveva promesso lavoro per 50 anni a chi cedeva l’uso della terra: invece, la manutenzione delle piantagioni non richiede molta manodopera, e questo ha portato con gli anni tensioni tra chi si aspettava un miglioramento della propria qualità di vita e Portucel. 

Per Mugabe, il pagamento di 236 meticais per giornata lavorativa (circa 3.40 euro) non compensa la perdita della terra, dalla quale lui e la sua famiglia poteva trarre beneficio quando piantavano ortaggi. Dal canto suo Portucel risponde che durante gli oltre 10 anni di presenza nella regione, ha creato 250 posti di lavoro permanenti, e diversi contratti di lavoro precario o saltuario equivalenti a 1.500 impieghi a tempo pieno.

Ma il tutto avanza gradualmente, e solo 2.000 ettari sono stati piantati per ora nella provincia di Manica, una piccola parte di quelli previsti nel progetto approvato. L’azienda si impegna a contrattare manodopera prevalentemente tra le persone che hanno ceduto la terra o che sono parte della comunità, qualora fosse necessario.

Ricercatrice presso il College of Agriculture and Life Science alla Cornell University,  Natacha Bruna ha condotto varie ricerche sull’impatto di Portucel nella vicina provincia di Zambézia per OMR (Observatorio do Meio Rural), e secondo le sue analisi solo il 17 per cento degli intervistati ha ottenuto un lavoro permanente, e la maggior parte delle persone è stata impiegata solo per preparare i terreni alle coltivazioni degli eucalipto, senza una continuità lavorativa come sperato dai residenti. 

Il risultato, secondo Bruna, è un disastro sociale: “Sono venuti con il migliore dei discorsi proponendo best practices, ma quello che vediamo è un incremento della povertà localizzata dove sono emerse le piantagioni”. Secondo Bruna, qualche élite locale nelle comunità ha beneficiato dei lavori ottenuti a cambio di terra, ovvero chi aveva terra in abbondanza da poter cedere e conservarne una parte, ma molti piccoli proprietari si sono lasciati convincere dai leader locali, o è stato solo comunicato loro l’arrivo delle piantagioni.

Sergio Baffoni, campaign coordinator dell’Environmental Paper Network, ha seguito il caso Portucel Mozambique e altre operazioni legate al mercato internazionale della cellulosa: “La domanda di carta è in costante aumento in Europa. Negli ultimi 20 anni, il consumo di cellulosa è aumentato del 22 per cento, e l’approvvigionamento dalle foreste europee è aumentato del 9. La differenza è stata compensata dalle importazioni, da paesi come Brasile, Uruguay e Chile”. 

Il Mozambico è un nuovo attore sul mercato globale delle cellulosa, e Navigator Company dice che in realtà l’eucalipto mozambicano è destinato ad essere esportato verso il mercato asiatico, come la Cina, che ha un alto fabbisogno di cellulosa per produrre carta ed altri derivati, per consumo interno e per esportazioni nel cosiddetto “Nord globale”. La costruzione della fabbrica di cellulosa prevista da Portucel in Mozambico, è per il momento slittata al 2032, in attesa che venga ampliato il porto di Macuse, da cui l’azienda stima verranno inviati annualmente 1.5 milioni di tonnellate di cellulosa.

Dall'Australia al Portogallo

Nel frattempo, l’eucalipto, una pianta originaria dell’Australia, è diventata la specie dominante nelle foreste del Portogallo, il primo produttore europeo di cellulosa di eucalipto. A partire dagli anni Ottanta, a seguito dell’indipendenza delle ex colonie come Angola e Mozambico, la forte industria pubblica e privata della cellulosa ha impulsato la forestazione di eucalipto all’interno del proprio territorio, attirando molti piccoli proprietari terrieri portoghesi a piantare questa specie, che all’epoca sembrava offrire prospettive economiche floride a cambio di una manutenzione minima delle piantagioni. Dagli anni Ottanta ad oggi però molte di queste aree, soprattutto nel centro-nord del paese, sono state abbandonate senza una gestione dei terreni, per via dello spopolamento delle aree interne e la bassa rendita. 

Le piante australiane hanno preso sempre più spazio, fino ad occupare 845.000 ettari, il 26 per cento dell’area forestale nazionale portoghese, diventando la specie predominante in Portogallo. Con la tragedia di Petrogrão Grande, l’incendio che ha traumatizzato il Portogallo nel 2017, provocando 66 vittime e 53.000 ettari inceneriti (di cui la metà eucalipto), il governo portoghese ha deciso di mettere un freno all’espansione degli eucalipto, e di cercare forme di gestione più efficienti per questa specie che, se lasciata a se stessa, è una bomba ad orologeria per gli incendi.

Mugabe mostra il pozzo dove un tempo veniva a recuperare l’acqua per la sua machamba, ora circondato da file di eucalipto alti più di 15 metri. “Da quando hanno piantato qui, questo pozzo ed altri nella zona si sono seccati, perché l’eucalipto assorbe molta acqua nel terreno.” Mugabe, come altri suoi vicini, racconta che subito dopo aver piantato gli eucalyptus, e con l’arrivo della stagione delle piogge, diverse persone in questa zona hanno avuto problemi allo stomaco, e credono che sia per le sostanze chimiche usate nelle piantagioni. 

L'azienda utilizza un insetticida, il thiamethoxam, applicandolo alle radici della pianta durante il primo anno e mezzo di vita, per evitare che alcuni insetti possano comprometterne la crescita. L’utilizzo all’aria aperta di questa sostanza chimica è vietato in tutta l’Unione europea dal 2018, e considerato “moderatamente pericoloso per gli esseri umani” dalla FAO. In Europa è stato vietato l’uso soprattutto perché intacca indiscriminatamente insetti impollinatori come le api, fondamentali per la biodiversità. 

L’azienda sostiene, in uno scambio di mail, che in oltre dieci anni di esperienza non ha registrato il prosciugamento di pozzi, e non ritiene che le monocolture di eucalipto abbiano un impatto sulla disponibilità di acqua nel sottosuolo. Per quanto riguarda l’uso di pesticidi, Portucel risponde che vengono analizzate le acque dei fiumi e ruscelli vicino alle piantagioni due volte all’anno per verificare la presenza di pesticidi, e per il momento non c’è stato nessun riscontro. Inoltre, l’uso di chimici come il thiamethoxam è conforme alla legge mozambicana e rispetta le raccomandazioni dell’IFC e dei piani internazionali di certificazione, escludendo che le piantagioni abbiano alcun impatto sulle qualità dell’acqua nelle comunità.

A load of eucalyptus on the main road that connects the province of Manica with the port city of Beira, where the timber is piled up waiting to be sent by ship to Portugal. | Photo: ©Juan Maza Calleja
Carico di eucalipto sulla strada principale che collega la provincia di Manica alla città portuale di Beira, dove il legname è accatastato in attesa di essere spedito via nave in Portogallo | Foto: ©Juan Maza Calleja

“Ogni albero di eucalipto consuma tra i 30 e i 60 litri d’acqua al giorno” dichiara Sergio Baffoni basandosi su diversi studi internazionali, “moltiplicalo ora per milioni di alberi. E tutto questo per riempirci di immondizia in Europa”, dice, in riferimento al fatto che in Europa gli imballaggi assorbono il 50 per cento della carta e il 40 della plastica, rappresentando un terzo dei rifiuti prodotti a livello municipale. 

“Pensiamo che consumare meno significa avere una vita difficile e triste. Ma è più triste mangiare in un piatto di carta usa e getta o in un piatto riutilizzabile di ceramica?”, conclude Baffoni, riflettendo sulla sostituzione dell’utilizzo di materiale monouso di origine fossile con quelli derivati dalla cellulosa, causata indirettamente dalla Direttiva Europea sul Packaging, pesantemente influenzata dalle lobby di quest’industria per impedire che si incentivasse il “riuso” di imballaggi a fronte del “monouso”. Una transizione che inevitabilmente comporterà importare materie prime da altri continenti per soddisfare la domanda di consumo.

🤝 Questo articolo è stato sostenuto da Journalismfund Europe e pubblicato nell'ambito del progetto collaborativo Come Together.

Questo articolo ti interessa?

È accessibile gratuitamente grazie al sostegno della nostra comunità di lettori e lettrici. Pubblicare e tradurre i nostri articoli costa. Per continuare a pubblicare notizie in modo indipendente abbiamo bisogno del tuo sostegno.

Mi abbono
Do il mio contributo

Leggli gli altri commenti Divento membro per tradurre i commenti e partecipare
Live | Finanza verde: le promesse e il greenwashing. Le nostre inchieste

Perché gli eco-investitori si ritrovano a finanziare le “Big Oil”? A quali stratagemmi ricorre la finanza per raggiungere questo obiettivo? Come possono proteggersi i cittadini? Quale ruolo può svolgere la stampa? Ne abbiamo discusso con i nostri esperti Stefano Valentino e Giorgio Michalopoulos, che per Voxeurop analizzano i retroscena della finanza verde.

Vedi l'evento >

Sei un media, un'azienda o un'organizzazione? Dai un'occhiata ai nostri servizi di traduzione ed editoriale multilingue.

Sostieni un giornalismo che non si ferma ai confini

Approfitta delle offerte di abbonamento oppure dai un contributo libero per rafforzare la nostra indipendenza

Sullo stesso argomento