L’identikit dei fedeli italiani è impietoso sentenzia il rapporto Ipsos 2022: un terzo del totale crede “poco o per nulla” (33 per cento) mentre è allarmante la percentuale che riguarda i cattolici “praticanti e partecipanti” che negli anni si è ridotta oggi al 17 per cento. Il restante 50 per cento è infine composto da quelli “saltuari” o che “non praticano” o di “altri culti”; numeri da capogiro che vogliono accusare responsabili e responsabilità a tutti i livelli ecclesiastici, e operare per invertire la rotta. Questo se si vorrà meritare un miracolo da parte dell’uomo che da 2023 anni è ancora la più grande “celebrità” della terra.
Le ragioni
Troppo semplice liquidare la faccenda del default di presenze alla vita delle diocesi italiane adducendo unicamente le colpe a chi fa (male) il prete perché non ha avuto esempi e riferimenti a in merito la passione spirituale ed il rigore intellettuale; è comunque vero che chi vive le comunità clericali al giorno d’oggi è stato spesso lasciato orfano della presenza di teologi e storici illuminati.
Inoltre può essere vero che a volte è venuto a mancare l’”imprinting” in grado di assicurare un lavoro rigoroso sul cammino del Vangelo dei tempi; papa Ratzinger d’altronde fece “carriera” anche grazie al grande teologo svizzero Hans Kung. E come non dimenticare l’importanza concettuale di un autore come Erich Przywara per Papa Bergoglio.
In fin dei conti però la verità di questa “fuga dalla fede”, soprattutto cattolica, sembra essere d’altro genere.
Passato, presente e futuro hanno vissuto, vivono e vivranno una multireligiosità soprattutto di matrice islamica e ortodossa, che sarà sempre più intramezzata da una miriade di minoranze locali (avventisti, luterani, battisti, ecc.) che eroderanno sempre più appeal ai cristiani di fede cattolica, senza poi dimenticare la gran parte di credenti di altre chiese dall’alto valore simbolico (testimoni Geova, buddisti, mormoni, hindu, ecc.) che causeranno loro ancor più defezioni da conseguenze pratiche non trascurabili, prima fra tutte l’accesso all’otto per mille.
Anche da qui le preoccupazioni e lo sconcerto del mondo cattolico che, a differenza di quanto lo siano altri osservanti di culto, ha finito per “chiudersi” temendo scenari incerti (anziché combatterli) scegliendo di non abbandonare il porticciolo sicuro, sebbene ormai deserto, anziché “aprirsi” al dialogo con le altre fedi.
Conseguenza di ciò le messe domenicali che negli anni sono diventate un raduno di capelli grigi e occhiali da vista, al pari delle defezioni dagli oratori causa lo sconcerto da parte di famiglie intere in merito le insignificanti iniziative ludico-sociali programmate per la loro prole.
Le ragioni semplici e banali che il lessico teologico è stato solito narrare sono negli anni finite nel dimenticatoio, pillole di saggezza che indicano la fede come un cammino e una corsa in avanti al pari di quelle che ritengono sia altrettanto utile volgere lo sguardo anche al passato, fino ad esplicitare la realtà delle tante piccole comunità di fedeli che sono cresciute a tutto tondo anche al di là di qualunque steccato.
Come non ricordare il calcio praticato nei campetti parrocchiali, all’oggi scomparsi, che sono sempre stati (come lo sarebbero tuttora) la location ideale per ragazze e ragazzi a sostenersi, a soffrire, a vincere e a perdere fuori e dentro il rettangolo di gioco, al pari di quanto sarebbe stato utile poter ancora disporre di spazi di lettura dove sfogliare testi religiosi o quel po’ di tutto che si poteva trovare dentro le anguste biblioteche delle sagrestie di qualche decennio fa, pure queste scomparse.
Come le pochissime che ci sono oggi, queste hanno forgiato mente e carattere (nel rispetto altrui) anche se nel silenzio della lettura, ciò che poi in fondo aiuta a far capire il senso della vita.
I rimedi
Un mondo cattolico trovatosi così ingessato da diocesi che più non osano, ha ritenuto perciò idonea la scelta meno temibile, ovvero quella più sottocasa per ovviare ai guai, presunti o tali, lasciando “campo libero” ai suoi due più grossi schieramenti, quello più conservatore di Comunione e Liberazione assieme a Opus Dei e quello più progressista di Azione Cattolica e Agesci (scout) peraltro entrambi già operativi sui temi scottanti in ambito religioso; dalla Ue sempre più laica ai fondamentalismi e ai dossier caldi come quello sulla pedofilia, il Vatileaks e le gestioni finanziarie poco chiare.
Finita l’era delle scomuniche e le persecuzioni, dove per affrontare “beghe da frati” bastavano editti e bolle: sarà il futuro prossimo a dire se la scelta di campo è stata quella giusta oppure no.
Ai giorni nostri (per aggregare) servono empatia e pragmatismo, due carburanti che finora il mondo cattolico ha sbagliato a non usare perseguendo la vecchia strada di replicare dottrine preconfezionate, quasi a temere i Misteri della Fede del tipo: “… non se Dio ci sia, ma perché la gente continui a pensare che ci sia…” senza invece spronare ad affrontare la questione, malgrado i rischi e le critiche che ne possono derivare.
Dopo la fine della Dc il progetto di riposizionamento della Chiesa cattolica ha virato con la necessità di ottenere una maggior attenzione da parte dei vescovi (Cei) sul territorio, con uomini di fede trasformati in giornalisti e manager per il controllo di media e potere economico, ciò per dare più visibilità alle posizioni della Chiesa anche grazie a social come Facebook, citato assieme ad altri da Ratzinger alla Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, sia per mettere in guardia i giovani dal pericolo di rifugiarsi in un “mondo parallelo”, sia permettendone loro l’utilizzo al fine di incontrarsi oltre i confini dello spazio e delle stesse culture.
Riflessioni e proponimenti questi non completamente recepiti dalla “base” clericale che ha finito tanto per banalizzare anziché esponenziarli, quanto diventare oggetto di critica anziché di ammirazione da parte delle diocesi che hanno preferito perseguire tematiche vetuste per piacere alle vecchie generazioni invece affacciarsi al nuovo, osteggiando la multimedialità che piace ai giovani come ad esempio condivisioni delle amicizie e l’artificiosità dei profili pubblici.
In rotta di collisione
Per alcuni il declino dell’impero romano fu anche da attribuire all’impossibilità di mettere a tacere i cristiani e la loro religione. La diffusione del cristianesimo indebolì infatti le basi culturali e politiche dell’impero; a quei tempi nessuno come loro faceva paura, pur di non rinnegare Cristo preferivano morire in croce o nella polvere del Colosseo sbranati dalle belve: rinnegavano i loro dei, erano fanatici e rigidi, e costituivano un’anomalia rispetto al mondo di allora che era tollerante e promiscuo. Essi lo denunciavano senza timore come depravato, immorale e, come Satana, da distruggere.
Anche la “trasparenza” voluta da papa Francesco va anch’essa in questa direzione ossia di rimettere al centro l’integrità etico-morale del fedele, come sta succedendo a proposito dei procedimenti sui casi di pedofilia mossi contro alcuni uomini della Chiesa ed in linea con suo principio: “…Non ci saranno più figli di papà…”, a monito dei sistemi predatori e lucrativi che hanno visto coinvolti uomini di chiesa, porporati compresi.
Dai guai della guerra a quelli di certi affari, il passo è perciò breve e la storia è stata sempre stata lì a ricordare che quelli che hanno voluto occultare interessi a malefatte propri dietro “nobili” simboli, è per questo che il Papa degli ultimi fin dall’inizio del suo pontificato ha puntato il dito su eccessi e corruzioni, come di quelli del capitalismo dei quali ne ha rimarcato più volte la nefandezza: “…che non distingue fra il bene e il male e diventa idolo e diavolo tentatore anche nei luoghi meno sospetti…” (come la chiesa).
Meno soldi e più fede sembra aver voluto dire Bergoglio a chi è stato tentato in passato di fare affari poco chiari in nome di Gesù, come a voler mettere in guardia sul rischio di un nuovo scisma se il Vaticano (ri) diventerà “re di denari” negli anni a venire, attualizzando così uno spettro di 500 anni fa quando Martin Lutero affisse sul portone del castello di Wittemberg le sue 95 tesi contro il Papa dando vita al Protestantesimo.
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