Una via di Atene.

La farsa diventa tragedia

Le ultime misure del governo greco per arginare il debito dimostrano il paradosso di uno stato che non può fidarsi di sé stesso. E i suoi funzionari rifiutano di metterle in atto per difendere i propri privilegi.

Pubblicato il 13 Settembre 2011 alle 14:29
Una via di Atene.

Come nelle cupe tragedie shakespeariane, la scena politica greca può essere alterata da un unico personaggio che non è il protagonista né una figura positiva, ma è di importanza cruciale nella trama. Un po’ come Iago in Otello.

Con le debite differenze, questo ruolo potrebbe toccare a Nikos Fotopoulos, presidente del sindacato Genop-Dei (gestore dell'energia elettrica). È bruno, mal rasato, veste di nero e ha un che di teatrale. Ma la somiglianza è dovuta soprattutto al fatto costui si presenta sotto i riflettori nel momento più critico della nostra tragedia finanziaria nazionale.

Il governo di Papandreou sta cercando di racimolare due miliardi di euro per ripianare il debito pubblico. Così ha proposto l’idea di tassare i proprietari di casa per mezzo delle bollette dell’elettricità, dato che in Grecia non c’è un catasto e il Dei quantifica i consumi a metro quadro, in rapporto all’età di un immobile e al quartiere in cui si trova. Ma utilizzare le fatture del Dei per imporre una nuova tassa, che sarà integrata nel calcolo della bolletta, è un po’ come confessare apertamente uno smacco. Il governo, infatti, così facendo riconosce di non potersi fidare del fisco e rimette in discussione le imposte precedenti.

Quest’anno e il prossimo il governo imporrà una nuova imposta straordinaria, perché da venti mesi cerca inutilmente di riformare l’amministrazione pubblica, di vendere beni dello stato e di cancellare qualche istituzione. Sugli stipendi si sono abbattuti alcuni tagli, ma non riforme vere e proprie. L’istituzione di uno stipendio unico per tutti i dipendenti pubblici ha tali e tante eccezioni che si invalida da sola. L’operazione che consente di mettere in aspettativa i funzionari pubblici è talmente oscura che lo stato non potrà riuscirci senza licenziare gli statali.

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Il realtà il Pasok (il partito socialista al potere) non osa prendersela con lo stato più dell'opposizione di destra di Nuova Democrazia, in quanto esso è la sua stessa creatura, per quanto orribile. Per evitare di riformare lo stato, il governo preferisce far pagare tutti i greci proprietari di casa.

Questa tragedia va in scena con una regia invisibile. Fotopoulos e i boss di Genop-Dei rifiutano che le bollette dell’elettricità siano utilizzate per applicare la legge imposta dal governo. Questi figli del Pasok, che costituiscono un’elite statale, si stanno dunque rivoltando contro il loro stesso governo. Preferiscono che il paese precipiti nella bancarotta piuttosto che metter mano ai loro benefici. In ogni caso, il prezzo da pagare sarà enorme. Il problema è che nessuna vera tragedia – né quelle di Shakespeare né quelle finanziare – ha mai un lieto fine. Alla fine si deve sempre pagare. (traduzione di Anna Bissanti)

La situazione

Le casse sono agli sgoccioli

“Ci sono soldi soltanto fino a ottobre”, scrive To Vima. “È assolutamente urgente che il ritorno, la settimana prossima, degli esperti dell’Ue e del Fmi sia decisivo. Il governo greco farà di tutto affinché la sesta tranche del prestito di 100 miliardi di euro sia consegnata. In caso contrario il default dei pagamenti è garantito. Ciò spaventa i mercati e destabilizza il governo, già abbattuto per le pressioni dei suoi creditori e le dichiarazioni dei leader tedeschi sulla stampa”, osserva il quotidiano.

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