Idee Riforma dell'Ue

La persona e il cittadino devono stare al centro delle politiche dell’Unione

Il rapporto dell’Unione Europea con i cittadini europei continua così a essere filtrato dalle amministrazioni nazionali che nella maggior parte dei casi si assumono il merito delle avanzamenti dovuti al diritto europeo mentre attribuiscono a Bruxelles la responsabilità esclusiva delle scelte che risultano impopolari.

Pubblicato il 27 Febbraio 2019 alle 20:40

"Consapevole del suo patrimonio spirituale e morale, l'Unione si fonda sui valori indivisibili e universali della dignità umana, della libertà, dell'uguaglianza e della solidarietà; essa si basa sul principio della democrazia e sul principio dello Stato di diritto. Pone la persona al centro della sua azione istituendo la cittadinanza dell'Unione e creando uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia…"

Così è scritto nell’incipit della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea che dal 1 dicembre 2009 con l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona ha lo stesso valore dei Trattati.

A dieci anni di distanza da quella data ci si può però ragionevolmente chiedere se questo riorientamento delle politiche europee in funzione delle persone e dei cittadini ha davvero avuto luogo o se l’Unione europea non continui soprattutto ad essere un grande mercato dove gli attori sono gli operatori economici o i consumatori ma non i cittadini e il sistema di governo sovranazionale non sia più interessato a favorire gli interessi delle amministrazioni nazionali anziché di quelli dei cittadini e delle persone come richiede la Carta.

Il rapporto dell’Unione Europea con i cittadini europei continua così a essere filtrato dalle amministrazioni nazionali che nella maggior parte dei casi si assumono il merito delle avanzamenti dovuti al diritto europeo mentre attribuiscono a Bruxelles la responsabilità esclusiva delle scelte che risultano impopolari.

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Questo atteggiamento è purtroppo accettato dalle istituzioni europee e dalla Commissione in particolare, anche se esso non solo contravviene all’obbligo di cooperazione leale fra Stati Membri e Unione (Articolo 4.3 del Trattato sull'Unione europea – TUE) ma mina quotidianamente ormai da decenni la fiducia dei cittadini nella costruzione europea.

Purtroppo la deformazione quasi sistematica della realtà da parte di molti Governi nazionali si accompagna a una politica legislativa in sede europea sempre più timida quando non recessiva che di fatto limita la portata potenziale dei diritti fondamentali e di cittadinanza dei cittadini europei. Si pensi alle difficoltà che da 11 anni incontra la proposta di direttiva antidiscriminazione che mira a mettere in opera il principio di uguaglianza fra cittadini europei. Questi infatti dovrebbero beneficiare "… di uguale attenzione da parte delle sue istituzioni, organi e organismi" (Art. 9 del TUE), fanno tuttora fatica a seguire il processo decisionale ed amministrativo europeo per non parlare del percorso ad ostacoli che costituiscono i ricorsi amministrativi o giurisdizionali e le rare eccezioni nel diritto europeo che ammettono dei ricorsi collettivi.

Non deve quindi sorprendere la delusione dei cittadini europei anche quando riescano a documentarsi sulla legislazione europea, in pochi seppur importanti settori come l’ambiente, la tutela dei consumatori o la ricerca.

Molto avviene tutt’oggi come se l’Unione Europea fosse ancora prevalentemente un grande mercato e non un nuovo soggetto politico che trae la propria legittimità e ragione d’essere proprio dei propri cittadini (art 10 del TEU).

La delusione dei cittadini è tanto più significativa quando si indirizza al Parlamento europeo che è l’istituzione che li rappresenta direttamente. Quest’ultimo dopo il Trattato di Lisbona è di fatto e di diritto sullo stesso piano del Consiglio nella maggior parte delle politiche europee, ma sembra aver perso lo slancio e la determinazione che aveva dimostrato nei primi dieci anni dell’istituzione della procedura di co-decisione (1994-2004) e accetta un ruolo di fatto ancillare del Consiglio e della stessa Commissione di cui dovrebbe essere lo stimolo e il controllore. Così facendo abdica di fatto al proprio ruolo e diventa di fatto complice dell’inerzia delle altre istituzioni. In questo modo però rischia di perdere la fiducia non solo dei cosiddetti euroscettici ma anche degli ex-euroentusiasti che potrebbero abbandonarlo con una partecipazione ancora più bassa alle prossime elezioni europee.

Di qui l’importanza di promuovere al più presto delle iniziative che rafforzino l’interazione diretta fra cittadini e istituzioni dell’Unione ed in particolare quella che li rappresenta direttamente oltre alle Istituzioni, Agenzie e organismi che possono esercitare una funzione di controllo e stimolo dell’UE e i suoi Stati membri.

In questo senso anche la proposta di una radicale riforma del Consiglio dell’Unione che dovrebbe trasformarsi in un Senato europeo, ovvero in una istituzione che lavori in modo continuativo, i cui membri siano riconoscibili dai cittadini europei, i cui dibattiti siano aperti, una istituzione in poche parole a tutti gli effetti politica e non più burocratica.

Del pari vanno promosse una serie di riforme che rafforzino sia la trasparenza dei processi decisionali dell’Unione, sia la partecipazione a questi dei cittadini europei e della società civile.

È in questo spirito che proponiamo a tutti i cittadini e a tutte le forze politiche che auspicano un rafforzamento dell’Unione una serie di riforme concrete puntuali qui declinate in forma di petizione al Parlamento europeo.

Proposta di petizione al Parlamento europeo

Più trasparenza e partecipazione per i cittadini

Ricordando che "l’Unione si fonda sui valori indivisibili e universali della dignità umana, della libertà, dell’uguaglianza e della solidarietà";

Ricordando che "l’Unione si basa sul principio della democrazia e sul principio dello Stato di diritto. Pone la persona al centro della sua azione istituendo la cittadinanza dell’Unione e creando uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia…";

Considerando che nonostante la Carta dei diritti fondamentali dichiari che l’Unione europea pone la persona al centro delle proprie politiche, la maggior parte di queste politiche continuano ad essere finalizzate alla cooperazione fra amministrazioni nazionali;

Considerando chea dieci anni dall’entrata in vigore del Trattato di Lisbona ben poco si è fatto per trasporre nella realtà il principio della centralità della persona e del cittadino;

Considerando che il rapporto dell’Unione con i cittadini europei continua a essere di fatto filtrato dalle amministrazioni nazionali che nella maggior parte dei casi si assumono il merito delle avanzate dovute al diritto europeo e citano Bruxelles come l’origine delle scelte ritenute impopolari;

Sottolineando che questo atteggiamento purtroppo non contrastato dalle istituzioni europee non contravviene solo all’obbligo di cooperazione leale fra Stati Membri e Unione ma mina quotidianamente la fiducia dei cittadini nella costruzione europea;

Sottolineando che la deformazione quasi sistematica della realtà da parte di molti governi nazionali si accompagna inoltre a una politica legislativa in sede europea che limita, quando non svuota della loro essenza, i diritti fondamentali e di cittadinanza;

Considerando che l’Unione tarda a mettere in opera il principio di uguaglianza fra cittadini europei che dovrebbero beneficiare "… di uguale attenzione da parte delle sue istituzioni, organi e organismi" e, in particolare, ha una disciplina lacunosa in materia di trasparenza legislativa e amministrativa, non facilita i ricorsi amministrativi o giurisdizionali e ammette solo in rare eccezioni dei ricorsi collettivi;

Chiediamo al Parlamento europeo di promuovere per quanto riguarda l’attività legislativa una revisione dell’accordo inter-istituzionale “Better Law Making” per adeguarlo alla giurisprudenza della Corte, ai rapporti e raccomandazioni dell’Ombusdman e alla pressante richiesta dei Parlamenti Nazionali.

A tal fine richiediamo che:

vengano resi immediatamente accessibili le valutazioni di impatto delle nuove norme legislative tanto da parte della Commissione che del Consiglio e del Parlamento europeo durante la fase di negoziato (Caso CGUE ClientHeart C57-16 P del settembre 2018);

venga ulteriormente modificato il Regolamento sull’iniziativa legislativa dei cittadini, al fine di consentire loro di proporre emendamenti se del caso anche alle proposte legislative all’esame del co-legislatore e di poterle presentare oltre che alla Commissione, al Parlamento europeo e al Consiglio dell’Unione;

venga dato diretto accesso ai documenti discussi durante i negoziati inter-istituzionali (Triloghi) trattandosi di documenti essenziali per comprendere il processo e i dibattiti legislativi e ciò in conformità con quanto richiesto dalla Sentenza della “General Court” nel Caso T-540-15 e in applicazione dell’art.12 del Regolamento 1049/01;

vengano ugualmente resi pubblici i resoconti dei cosiddetti Consigli “informali” dell’Eurogruppo e dello stesso Consiglio europeo, qualificato di informale non potendo circonvenire il fatto che i dibattiti in tali sedi sono destinati a tradursi in misure legislative (come richiesto da 26 Camere nazionali al Consiglio);

vengano redatti resoconti comprensibili dei dibattiti fra rappresentanti nazionali a livello dei gruppi di lavoro, del Coreper e del Consiglio come raccomandato dall’Ombusdman, richiesto dal Parlamento europeo e stabilito dagli articoli 41 e 42 della Carta e dagli articoli 15 e 298 TFEU.

Consideriamo che lo stesso alto livello di trasparenza richiesto per l’adozione delle norme da parte delle Istituzioni europee deve applicarsi al processo di trasposizione a livello nazionale al quale spetta definire se del caso in termini più precisi quali diritti e obblighi scaturiscano per i cittadini dal diritto europeo;

Chiediamoa tal fine alle istituzioni del triangolo legislativo di definire delle clausole tipo degli articoli relativi ai termini e condizioni della trasposizione a livello nazionale. Tali norme devono prevedere che all’entrata in vigore della norma europea ogni Stato membro indichi anche su internet quali sono le autorità preposte alla definizione delle norme di trasposizione nazionali, quali siano le procedure nazionali che ne garantiscono la trasparenza ed a quali soggetti il cittadino si deve rivolgere per ottenere ulteriori informazioni;

Ritienianmo inoltre che oltre ai centri di informazione Europe Direct e ai Centri di Documentazione Europea gli Stati membri debbano prevedere propri sportelli di informazione sull’attività dell’Unione a livello locale anche al fine di consentire la piena partecipazione dei cittadini che non padroneggiano internet e/o le lingue di lavoro dell’Unione;

Chiediamo che le norme nazionali una volta adottate vengano corredate di tabelle di corrispondenza che indichino le disposizioni europee all’origine;

Chiediamo al PE di adoperarsi per rafforzare i poteri di controllo dell’Ombusdman e della Corte dei Conti sulle istituzioni, agenzie e organismi dell’Unione e invita la Corte di Giustizia a prevedere una sezione specializzata per l’esame delle questioni legate alla trasformazione dell’Unione in Spazio di libertà sicurezza e giustizia;

Chiediamo al PE di proporre una modifica delle norme istitutive dell’Agenzia dei Diritti fondamentali (FRA) e di quelle relative alla verifica del rispetto dei valori fondanti dell’UE da parte dei Partiti politici dell’UE attraverso l’istituzione di un gruppo di Saggi scelti fra esperti indipendenti altamente qualificati alla stregua della Commissione di Venezia del Consiglio d’Europa;

Chiediamo altresì che l’intervento del gruppo di saggi possa essere promosso su proposta di un numero adeguato dei cittadini del paese membro in questione qualora essi considerassero che la legislazione adottata o in itinere in uno Stato Membro non corrisponda ai valori fondamentali dell’UE (art.2 del TEU) e/o possa minare la fiducia reciproca fra gli Stati membri.

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