L’asino di Atene

Pubblicato il 10 Febbraio 2012 alle 12:30

Il concetto di dilemma è stato spinto all'estremo dal paradosso dell'asino di Buridano, l'equino che non riusciva a decidere cosa fare prima, se mangiare l'avena o bere l'acqua, e finì per morire di fame e di sete. Se l'asino fosse un uomo, scriveva Spinoza citando il paradosso, "sarebbe capace di scegliere liberalmente e in base alla propria volontà".

Se invece l'asino fosse un paese, potremmo aggiungere oggi, sarebbe la Grecia, paralizzata davanti alla scelta tra austerity e riforme, stretta tra la volontà della troika (Fmi-Ue-Bce) e l'opposizione del popolo e degli interessi privati.

Cosa vuol dire l'ultimatum posto dai ministri delle finanze dell'eurozona il 9 febbraio? Significa che se il governo greco vuole ricevere i 130 miliardi di euro di aiuti concordati dai leader europei in ottobre, deve trovare il modo di risparmiare altri 325 milioni di euro prima di mercoledì 15 febbraio. Come ha scritto De Volkskrant, l'uscita della Grecia dall'eurozona non è più impensabile, perché gli europei stanno perdendo la pazienza davanti alla lentezza delle riforme greche.

Dopo due anni di crisi il sistema fiscale greco è ancora del tutto inefficace, e molte promesse fatte alla troika non sono state mantenute. Insomma sembra che l'asino di Atene non abbia ancora scelto di cominciare dall'avena delle riforme. Nel frattempo però ha iniziato a bere la pozione del rigore, ma non ha molta voglia di vuotare il secchio che gli porgono la troika e i creditori.

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Per ragioni politiche, certo, e perché i partiti che sostengono - fino a un certo punto - il primo ministro Lucas Papadémos non perdono di vista le prossime elezioni. Ma soprattutto perché il popolo greco, stremato da due anni di tagli ai salari e aumento dei prezzi, non può essere l'unico pagare l'austerity.

Per salvare la Grecia i ministri dell'Eurogruppo hanno dunque deciso di obbligarla a una nuova cura di rigore. Ma in realtà dovrebbero spingerla ad applicare le riforme richieste, come quella del sistema fiscale, e soprattutto pretendere che Atene metta fine ad aberrazioni come l'esenzione dalle imposte per la chiesa o il mantenimento di un budget militare proporzionalmente più elevato rispetto agli altri paesi europei.

Se l'asino alla fine morirà, ovvero se la Grecia fallirà e uscirà dall'eurozona, sarà in parte responsabile per il suo triste destino. Ma sarà anche stato spinto a una scelta impossibile, semplicemente perché sbagliata.

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