Attualità L'Europa dopo Lisbona (1)
Tony Blair, candidato ufficioso alla presidenza dell'Ue. (Elaborazione grafica: Presseurop)

L'Unione in cerca del suo Washington

Il sì dell'Irlanda al trattato di Lisbona rilancia le speculazioni sul futuro presidente dell'Unione europea. Ma i 27, che non sempre riescono a mettersi d'accordo, sono ancora lontani dall'aver trovato quell'uomo della provvidenza che dovrebbe incarnare l'Europa, osserva Le Monde. 

Pubblicato il 6 Ottobre 2009 alle 14:27
Tony Blair, candidato ufficioso alla presidenza dell'Ue. (Elaborazione grafica: Presseurop)

La scena si svolge al G20 di Pittsburgh: Gordon Brown vanta il rilancio keynesiano dell'Unione europea, ma litiga con Angela Merkel per ottenere meno eccedenze commerciali tedesche e un maggiore consumo interno. Nicolas Sarkozy ribadisce le sue critiche ai banchieri, mentre Silvio Berlusconi ripete il suo monologo contro la speculazione petrolifera. Infine l'olandese Jan-Peter Balkenende, che come la Spagna al G20 ha solo uno strapuntino, parla di tutto. Ognuno ha il suo argomento preferito: gli europei, che occupavano con la Commissione e la presidenza svedese dell'Unione (Ue) otto seggi al G20, hanno dato una dimostrazione di grande cacofonia. A Washington e Pechino non importa molto. Per loro non cambia nulla, ben presto il G20 si ridurrà a un G2, dove il presidente americano e quello cinese decideranno gli affari mondiali.

Ma dopo il sì dell'irlanda al trattato di Lisbona, è possibile immaginare un'Europa in grado di parlare a una sola voce? Questo era il sogno di Valéry Giscard d'Estaing, che aveva introdotto nel trattato la presidenza stabile del Consiglio europeo: un uomo eletto per due anni e mezzo, che deve rappresentare l'Unione sulla scena internazionale. "L'Europa deve cercare il suo George Washington", esortava Giscard d'Estaing.

Un mostro a tre teste

Ma al contrario di quello che si crede, la riorganizzazione prevista dal trattato di Lisbona non semplificherà il funzionamento dell'Ue: produrrà un mostro a tre teste che renderà l'Europa ancora meno governabile. Infatti, il futuro "George Washington" dovrà coabitare con il presidente della Commissione, geloso delle sue prerogative commerciali e di bilancio, e col ministro degli Esteri, che avrà il controllo sui servizi diplomatici. Nessun grande d'Europa vorrà cedere il suo seggio – al G20, al moribondo G8, all'Fmi o al Consiglio di sicurezza dell'Onu – in favore di una rappresentanza unificata.

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Solo una personalità carismatica potrebbe federare questa Europa simile alle città greche dell'antichità o a quelle italiane del Rinascimento, e destinate all'emarginazione perché incapaci di unirsi per affrontare un mondo che cambia. Ma pochi credono all'uomo della provvidenza, mentre i 27 si sono affrettati a rinnovare la Commissione di un'europeista tutt'altro che entusiasta come José Manuel Barroso.

Uomo forte o burattino?

Anche il ruolo del presidente stabile del Consiglio europeo si annuncia complicato. Sarkozy vorrebbe imporre una personalità forte, ma spinge per un personaggio obsoleto e contestato come l'ex primo ministro britannico Tony Blair, artefice della guerra in Iraq e sostenitore di un modello finanziario in crisi. Angela Merkel invece vuole un uomo dell'ombra, che non sia il volto dell'Europa ma il segretario dei capi di stato e di governo. Così circola il nome del poco euro-entusiasta Balkenende, ma una candidatura finlandese, più europeista, è sempre possibile.

In mancanza di un leader di peso, Sarkozy conta superare questa debolezza facendo leva sull'intesa con la Merkel. Del resto i leader carismatici dell'Europa sono loro, visto che Londra è ormai fuori gioco. Brown infatti ha il fiato corto e il suo probabile successore, il conservatore David Cameron, si escluderà da solo a causa del suo euroscetticismo. Parigi e Berlino hanno quindi immaginato degli scambi di ministri, un protocollo al trattato di amicizia dell'Eliseo, una cerimonia in pompa magna per i venti anni della caduta del muro. Niente di più naturale, dato che i due dirigenti hanno camminato mano nella mano al G20 e si apprestano a fare lo stesso per il dossier sul clima.

L'illusione dell'asse Berlino-Parigi

In realtà i nodi del rapporto franco-tedesco verranno al pettine quando l'esplosione del debito pubblico minaccerà l'euro. Nonostante la recessione, la Germania registra un deficit appena superiore al 3 per cento del suo prodotto interno lordo (Pil), un livello raggiunto a fatica dalla Francia in un periodo di espansione economica. I due paesi sono sempre più lontani ogni giorno che passa: la Germania, che dedica ormai alle spese sociali una parte del suo bilancio minore di quella del Regno Unito, vuole continuare la sua corsa alla produttività. Sarkozy, l'uomo che rifiuta il rigore, è il campione mondiale della spese pubblica davanti alla Svezia.

Nell'industria, i tedeschi vogliono continuare per conto loro e rifiutano i meccanismi istituzionali alla francese. Tutti cercano fuori dall'Unione le loro nuove frontiere. La Germania tratta con la Russia e i suoi clienti cinesi, mentre i giudici costituzionali e l'opinione pubblica rifiutano qualunque ulteriore integrazione. Sarkozy rende sempre meno europea la sua politica, concludendo alleanze in ogni continente, dal Brasile all'Egitto, dagli Emirati Arabi all'India.

Così l'unica certezza che arriva dal sì irlandese al trattato di Lisbona riguarda la ripresa del processo di allargamento. La Croazia si è subito rallegrata del risultato. E la domanda turca, in soffitta da tre anni, potrà riprendere la sua strada. Si tratta probabilmente dell'unico progetto politico in corso di realizzazione in Europa.

CANDIDATI

Tony Blair, incerto favorito

La nomina del presidente dell'Unione europea, carica che sarà introdotta una volta entrato in vigore il trattato di Lisbona, è un argomento di grande attualità a Bruxelles e nelle capitali europee. E “Tony Blair è sempre più il favorito in una corsa in cui nessuno è ufficialmente candidato”, riferisce il Financial Times, anche se il governo tedesco sembra poco entusiasta di fronte a questa possibilità.

Il quotidiano economico vede anche altri pretendenti a questo posto. Il primo ministro olandese, Jan Peter Balkenende avrebbe il sostegno di Angela Merkel. L'ex primo ministro finlandese Paavo Lipponen potrebbe essere un candidato di compromesso. E l'ex presidente del consiglio spagnolo, Felipe González, incaricato di una missione di riflessione sul futuro dell'Ue, è un'altra possibilità, ma più remota.

Abc valuta la candidatura del primo ministro francese François Fillon. Ma secondo il quotidiano spagnolo, Nicolas Sarkozy “non apprezzerebbe di essere diretto nei vertici europei da colui che è stato il suo primo ministro”. Per il posto di Alto rappresentante dell'Ue, “che certamente ricadrà su un candidato di sinistra”, osserva il giornale, Frank-Walter Steinmeier, ormai ex ministro degli esteri tedesco, “sarebbe il favorito, anche se i suoi oppositori affermano che non sa parlare inglese”.

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