Crisi dell’eurozona

Mario Draghi salvatore dell’Europa?

Mario Draghi, presidente della Banca centrale europea (Bce), è pronto a tutto per rendere più efficace l’economia monetaria dell’Europa.

Pubblicato il 16 Marzo 2016 alle 10:28

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A fronte di numeri sempre meno rassicuranti, “Draghi ha annunciato che rivedrà ed eventualmente riconsidererà l’attuale politica monetaria della Bce, che punta sull’anticipare l’inflazione per non incorrere nell’ulteriore problema della deflazione”osserva Alternatives économiques.

Il 10 marzo, la Bce ha annunciato un ulteriore taglio al suo tasso d’interesse, ora assestato sullo 0 per cento, e un aumento dell suo piano di acquisto mensile di titoli di stato, portandolo dagli attuali 60 miliardi di euro a 80 miliardi, a partire dal mese di aprile.

In realtà le ultime statistiche dimostrano che l’Europa è tutt’altro che uscita dal pericolo della deflazione, motivo per cui la politica monetaria del “no limiti” di Draghi deve guardare ora ad altre possibilità, suggerisce il mensile francese.

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La prima che gli si prospetta è quella di “fare di più senza cambiare l’orientamento della politica monetaria, intervenendo maggiormente sul mercato delle azioni e sui titoli delle imprese”. In questo caso però i profitti sarebbero minimi.
Di maggior impatto sarebbe piuttosto una politica monetaria che miri a finanziare gli investimenti o persino le famiglie europee. In sostanza la Bce pagherebbe gli istituti di credito perché prestino soldi a famiglie ed imprese. Questa è in realtà oggi l’unica politica monetaria che potrebbe risultare davvero efficace, sostiene Alternatives économiques.

Si tratta di mettere in piedi un progetto di finanziamento per le infrastrutture pubbliche che, affinché si ottengano i risultati sperati, deve essere concluso il più rapidamente possibile. E nello stesso tempo si vuol provvedere affinché la Bce “riempia il conto in banca di ogni cittadino europeo”. C’è da dire però che entrambe le due proposte incontrano delle difficoltà.

La seconda in particolare appare come una vera e propria utopia se si considera che buona parte del denaro verrebbe investito nelle importazioni e che la distribuzione dovrebbe tener conto anche delle difficoltà sociali ed economiche dei singoli paesi europei rischiando di andare incontro a dei limiti democratici, non solo economici.

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