Rassegna (Dis)Equality

“È sua moglie, fa quel che vuole con sua moglie”: dopo #MeToo, il processo di Mazan rivela la banalità della violenza patriarcale

Il caso di Gisèle Pelicot che, drogata dal marito, ha subito per dieci anni violenza da parte di oltre 50 uomini: un processo, quello di Mazan, che fa discutere la Francia e l'Europa. Rassegna.

Pubblicato il 29 Ottobre 2024

”Mi è sempre piaciuto l'inaccessibile. Mia moglie non è sottomessa, anzi, il contrario. È questa la stronzata dell'egoismo che hanno molti uomini... Nessuno appartiene a nessuno e io ho sfidato questo sentimento, per poter fare quello che volevo fare quando volevo farlo”.

Questa dichiarazione è di Dominique Pelicot, il 18 ottobre durante una delle udienze del processo che lo vede protagonista: la riporta Marlène Thomas, su Libération

“È sua moglie, fa quel che vuole con sua moglie”. Questa dichiarazione è di Simon M. tra gli accusati del processo nel “caso degli stupri di Mazan”, riportata da Lorraine de Foucher su Le Monde in un articolo del giugno 2023. 

Si può spiegare meglio di così il patriarcato?

Il “processo per gli stupri di Mazan”

Quello che è stato chiamato il processo per il “caso degli stupri di Mazan” si è aperto lo scorso settembre e continuerà fino alla fine dell’anno: tra il luglio 2011 e l’ottobre del 2020, in questa cittadina vicino ad Avignone (sud della Francia) Dominique Pelicot ha somministrato alla moglie del Temesta (ansiolitico il cui principio attivo è il Lorazepam, in Italia conosciuto come Tavor) per poi invitare a casa loro  uomini conosciuti on line per stuprare, insieme a lui, la moglie. 

La polizia ha compilato una lista di 83 aggressori “grazie” alla rigorosa archiviazione di video e foto di Dominique Pelicot: solo 50 sono stati identificati (il cinquantunesimo imputato è lui). Sono questi a essere processati, insieme a Pelicot: 32 mancano all’appello. 

Libération, Mazan
"Il mio vicino lo stupratore". Libération, 4 novembre.

Questo processo è stato definito “storico” perché segna le coscienze della Francia; storico anche perché la sua portata va ben al di là delle frontiere nazionali – la stampa di tutto il mondo è presente per raccontare quello che viene detto al Tribunale penale di Avignone – storico perché avviene nel mondo del “post-#MeToo”. 

Su Krytyka Polityczna Aleksandra Herzyk scrive che processo mostra la “banalità del male” che si nasconde spesso dietro al fatto che l’attenzione dei media si concentra sugli immigrati senza permesso regolare, e non guarda, invece, “nelle case delle famiglie ordinarie, i membri rispettati della comunità”. 

Gli imputati di Mazan sono, in maggioranza, i “padri di famiglia”, persone “normali”, “banali”: “I 51 stupratori sono un caleidoscopio della società francese. Il più giovane ha 26 anni, il più anziano 73. Sono tutti originari della regione e vivono vicino alla coppia. Molti di loro lavorano nel settore pubblico: pompieri, militari, guardie carcerarie, infermieri o giornalisti. Altri sono autisti di camion, hanno responsabilità in aziende e uno è consigliere comunale. Alcuni hanno un lavoro precario, sotto tutela o sono già in carcere per violenze commesse contro donne. Cinque sono oggetto di un’accusa supplementare: durante una perquisizione dei loro computer, la polizia ha trovato grandi quantità di immagini di sfruttamento minorile”, spiega de Foucher

Libération 24 ottobre
"Né rabbia né odio, ma determinata a cambiare questa società". Libération del 24 ottobre

Un’altra caratteristica che rende storico questo processo è la posizione di Gisèle Pelicot, (divorziata dal marito nel momento in cui scrivo, usa ancora il cognome da sposata per poter usare poi, più liberamente, quello da nubile) che ha voluto che avvenisse a porte aperte: “Se Gisèle sta dritta alla barra e parla, è perché sa che il suo calvario è quello di tutte le donne, dalla notte dei tempi, sempre e ovunque. Oltre ai giudici, parla alla società nel suo complesso, come vittima tipica del patriarcato. Checché ne dicano i sensazionalisti, questo caso non ha nulla di eccezionale, né di inedito. Che un marito abusi della moglie, che la offra ad altri, che un uomo droghi una donna per poterla usare a suo piacimento, che una moltitudine di uomini si alternino sul corpo di una donna, tutto questo costituisce il modello ordinario della violenza patriarcale” scrive la filosofa Camille Froidevaux-Metterie su Le Soir.

“Rinunciando all'anonimato, consentendo che il processo si svolgesse in pubblico e accettando che i video realizzati dal marito fossero mostrati in tribunale, Gisèle Pelicot ha spostato i riflettori sui suoi presunti stupratori”, scrive Kim Willsher sul Guardian.

“Voglio che tutte le donne che sono state violentate possano dire 'Madame Pelicot l'ha fatto, anche noi possiamo farlo'. Non voglio che si vergognino. Quando si viene violentate ci si vergogna, invece spetta a loro vergognarsi. Non sto esprimendo rabbia o odio. Esprimo la mia determinazione a cambiare la società”, ha dichiarato Gisèle Pelicot il 23 ottobre. 


Il meglio del giornalismo europeo, ogni giovedì, nella tua casella di posta

Il consenso nella definizione di stupro

Questo processo inoltre arriva dopo che l’Europa – e le femministe europee -–hanno lungamente discusso della nozione di consenso nella definizione di stupro, culminate nella  Direttiva europea sulla lotta contro le violenze fatte alle donne e la violenza domestica che alla fine ha escluso l’articolo che voleva definire lo strupro tramite “assenza di consenso”. 

Le ricercatrici Sara Uhnoo, Sofie Erixon e Moa Bladini in un articolo del giugno 2024 per l’International Journal of Law, Crime and Justice hanno identificato, ben 20 leggi europee basate sul consenso, un cambiamento iniziato nel 2017.  

Consent based legislation in Europe, May 2023 | Map by Uhnoo, Erixon e Bladini, International Journal of Law, Crime and Justice | Creative Commons CC-BY
Leggi sul consenso in Europa, maggio del 2023. | Fonte: Uhnoo, Erixon e Bladini, International Journal of Law, Crime and Justice | Creative Commons CC-BY 

In Polonia una nuova legge, che dovrebbe entrare in vigore nel 2025, ha ridefinito la nozione di consenso, scrive Daniel Tilles su Notes of Poland: uno stupro è un rapporto sessuale senza consenso. Cosa che solleva dubbi e critiche, scrive, Hanna Kobus su Krytyka Polityczna, perché molti (in particolare all’estrema destra) temono che faccia saltare la presunzione di innocenza o aumenti le false condanne. 

In Europa, secondo i dati di un'inchiesta realizzata da Patricia Devlin e Maria Delaney per Noteworthy e l'European Data Journalism Network, tra il 2021 e il 2023 sono state registrate più di 68mila vittime di stupro e più di 116mila di violenza sessuale.

Alla Biennial of Thought di Barcellona (ottobre 2024) anche la filosofa spagnola Clara Serra, famosa per il suo libro El sentido de consentir (Anagrama, 2024), ha parlato del caso di Mazan. La discussione è riportata da Xavier de La Porte sull’Obs, e sul profilo X della filosofa: secondo Serra la nozione di consenso “accorda troppa importanza al ‘sì” e che quello che è centrale “è la possibilità di dire ‘no’”. Nel caso di Mazan, in tanti si sono giustificati dicendo che pensavano di partecipare a un “gioco di coppia” al quale Gisèle Pelicot avrebbe consentito: “Ciò che il sistema deve rispondere agli imputati è che anche se lei avesse dato un sì – sia a voce che per iscritto – ciò non li esonera da nulla. Perché nessuno degli imputati poteva ignorare che la donna non avrebbe potuto dire di no in nessun momento”, conclude. 

Oltre a Gisèle Pelicot un’altra donna è stata stuprata, nello stesso modo, dal marito e da Dominique Pelicot. Ma non ha sporto denuncia, racconta Kareen Janselme su L’Humanité, che aggiunge che la “coppia” ha 5 figli, di cui due ancora vivono ancora in casa, che la donna non lavora, che è dipendente economicamente dal marito. Al processo di Avignone è quindi stata ascoltata solo in quanto testimone. 

In collaborazione con Display Europe, cofinanziato dall'Unione europea. I punti di vista e le opinioni espressi sono esclusivamente quelli dell'autore o degli autori e non riflettono necessariamente quelli dell'Ue o della Direzione Generale per le Reti di Comunicazione, i Contenuti e la Tecnologia. Né l'Unione europea né l'autorità che ha concesso il finanziamento possono essere ritenute responsabili.
ECF, Display Europe, European Union

Questo articolo ti interessa?

È accessibile gratuitamente grazie al sostegno della nostra comunità di lettori e lettrici. Pubblicare e tradurre i nostri articoli costa. Per continuare a pubblicare notizie in modo indipendente abbiamo bisogno del tuo sostegno.

Mi abbono
Do il mio contributo

Leggli gli altri commenti Divento membro per tradurre i commenti e partecipare
Live | Finanza verde: le promesse e il greenwashing. Le nostre inchieste

Perché gli eco-investitori si ritrovano a finanziare le “Big Oil”? A quali stratagemmi ricorre la finanza per raggiungere questo obiettivo? Come possono proteggersi i cittadini? Quale ruolo può svolgere la stampa? Ne abbiamo discusso con i nostri esperti Stefano Valentino e Giorgio Michalopoulos, che per Voxeurop analizzano i retroscena della finanza verde.

Vedi l'evento >

Sei un media, un'azienda o un'organizzazione? Dai un'occhiata ai nostri servizi di traduzione ed editoriale multilingue.

Sostieni un giornalismo che non si ferma ai confini

Approfitta delle offerte di abbonamento oppure dai un contributo libero per rafforzare la nostra indipendenza

Sullo stesso argomento