Attualità Salute e allevamento

Meno antibiotici, ma la resistenza cresce

L’uso improprio degli antibiotici somministrati agli animali d’allevamento favorisce l’aumento dell’antibiotico-resistenza, ovvero lo sviluppo e la trasmissione di batteri resistenti ai farmaci. Sebbene il loro impiego abbia registrato un calo in Europa, la resistenza agli antibiotici rappresenta comunque una minaccia per la salute pubblica.

Pubblicato il 3 Aprile 2019 alle 07:00

L’uso eccessivo o improprio di antibiotici causa il fenomeno dell’antibiotico-resistenza, negli animali e negli uomini.  L’abuso di queste molecole in ambito veterinario è un grave problema di salute pubblica, considerata l’interdipendenza tra uomini e animali. Un uso ragionato degli antibiotici negli allevamenti è una priorità perché, come ha dichiarato l’Organizzazione mondiale della sanità animale (OiE): “Il 60 per cento degli agenti patogeni in grado di trasmettere all’uomo le zoonosi, malattie infettive degli animali trasmissibili all'uomo, provengono da animali domestici e selvatici”. Questi agenti patogeni possono trasmettersi da un individuo all’altro, per contatto diretto o indiretto dell’uomo con animali infetti o mediante il consumo di alimenti contaminati(latte, carne, uova…).

Il calo delle vendite

In Europa, come nel resto del mondo, la maggior parte degli antibiotici venduti è destinata alla somministrazione animale. Da qui l’esigenza di monitorare e l’impiego di queste molecole negli allevamenti. Secondo il rapporto dell’agenzia europea del farmaco (Ema), tra il 2011 e il 2016 le vendite di antibiotici per uso animale in Europa hanno registrato un calo del 18,50 per cento raggiungendo le 7400 tonnellate. Questo significa, per il 2016, una media di 129,4 mg di sostanza attiva per chilogrammo di biomassa. Cipro, la Spagna, l’Italia e il Portogallo sono i maggiori consumatori di antibiotici per uso veterinario.

In questo periodo 16 dei 25 paesi europei analizzati hanno registrato un calo significativo (più del 5 per cento) delle vendite di antibiotici per uso veterinario;  altri 6 stati hanno registrato un repentino incremento delle vendite (più del 5 per cento). Nonostante la considerevole diminuzione delle vendite registrata nella maggior parte dei paesi europei, vi sono notevoli divergenze tra gli stati membri.

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Le differenze riscontrate tra i vari paesi membri possono essere spiegate da più fattori. In primo luogo, la popolazione animale varia sensibilmente da un paese all’altro. Negli allevamenti le diverse specie animali (suini, bovini, ovini o avicole) vengono trattati con diversi antibiotici e  in diverse quantità. Le stesse pratiche intensive o estensive degli allevamenti sono determinanti nell’uso più o meno massiccio di antibiotici. Le dosi e la durata dei trattamenti, non considerate in questi dati, costituiscono il secondo fattore con cui spiegare i divari nell’utilizzo di antibiotici tra i vari paesi. Ancora, alucni antibiotici sono attivi ed efficaci a dosaggi inferiori rispetto ad altri. Inoltre, ogni singola specie animale, pur se trattata con la stessa molecola, richiede un differente dosaggio.

Sebbene l’uso degli antibiotici per favorire la crescita degli animali sia stato bandito dalla Ue dal 2006, tale impiego persiste e contribuisce allo sviluppo di batteri resistenti ai trattamenti antibiotici. Oltre che per il trattamento degli animali effettivamente malati e infetti, gli antibiotici sono impiegati per uso preventivo qualora sussista un rischio di una potenziale infezione (per esempio, negli allevamenti intensivi) su animali sani o per il trattamento di massa di un intero gruppo di animali nonostante risultino infetti singoli animali.

Innovare le pratiche di allevamento

Questo sviluppo positivo si inquadra nella lotta contro l’antibiotico-resistenza condotta dagli stati europei. Secondo l’Ema, il calo delle vendite di farmaci nella maggior parte dei paesi europei segue “l’adozione di misure di sensibilizzazione volte a promuovere un uso prudente degli antibiotici e ad accrescere la consapevolezza che il fenomeno dell’antibiotico-resistenza rappresenta una grave minaccia per la salute pubblica”. Da parte sua, l’Oms ritieneche “l’improprio uso preventivo e profilattico di antibiotici negli allevamenti possa essere sostituito da una corretta e migliore igiene, dall’impiego di vaccini e dall’adozione di nuovi modelli di allevamento”.

Queste misure, che coinvolgono gli allevatori e i veterinari, sono state adottate in Europa per introdurre nuove pratiche e nuovi modelli di allevamento. La Norvegia per esempio negli anni Novanta ha approvato il divieto dell’uso di antibiotici negli allevamenti ittici nonché l’introduzione della vaccinazione dei salmoni da allevamento. Ha inoltre fissato delle regole per una corretta prassi igienico sanitaria volte a limitare le infezioni negli allevamenti e a ridurre l’uso degli antibiotici. In Danimarca, una politica restrittiva sull’uso degli antibiotici negli allevamenti dei suini ne ha ridotto la dipendenza e il consumo da parte degli allevatori.

Anche l’Ue intende intervenire per arginare il fenomeno dell’antibiotico-resistenza: a tal fine lo scorso ottobre ha introdotto una regolamentazione volta a ridurre l’uso degli antibiotici negli allevamenti e a promuovere un controllo più incisivo di consumo e vendite.. Tra le misure adottate, il divieto dell’uso preventivo dei farmaci negli allevamenti per i trattamenti e la somministrazione di massa di antibiotici, la possibilità di riservare alcuni farmaci antimicrobici solo agli esseri umani nonché l’obbligo di conformità alle normative dell’Ue dei prodotti alimentari importati.

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