Molto rumour per nulla

Pubblicato il 16 Luglio 2009

Il ministro britannico per l'Europa Glenys Kinnock ha rivelato alla stampa che il suo governo appoggia con entusiasmo la candidatura di Tony Blair alla carica di presidente del Consiglio europeo, che sarà introdotta dal trattato di Lisbona per supplire alla mancanza di un rappresentante di alto profilo che possa dare un volto a un'Unione europea percepita come anonima e distante.

I corrispondenti da Bruxelles dei quotidiani britannici non hanno creduto alle proprie orecchie. L'ufficializzazione della candidatura di Blair era attesa da mesi, dato che il nome dell'ex premier era stato tra i primi a essere associati alla carica al momento della sua ideazione. La notizia ha monopolizzato le prime pagine e ha scatenato la penna dei commentatori. Sul suo blog, Denis McShane del Guardian ha definito quella di Blair una scelta azzeccata: "La Gran Bretagna è il paese più scettico d'Europa ma ha in Blair una figura di prestigio, capace di comunicare messaggi difficili con parole semplici". Sempre sul Guardian, John Palmer teme invece che "gli europei non voteranno mai per Blair", dato che non gli hanno mai perdonato il convinto appoggio dell'invasione dell'Iraq nel 2003 e la sua stretta amicizia con gli impresentabili Bush e Berlusconi. Ci va ben più duro Gerald Warner sul sito del Daily Telegraph: "Chi incarna meglio le caratteristiche necessarie per distinguersi nell'oscuro e verminoso cuore dell'Unione europea? [...] Questo tra il Grande Ciarlatano e l'Idra di Bruxelles è un matrimonio celebrato in paradiso, o meglio, all'inferno".

La notizia ha avuto eco anche in Italia. Il Foglio spende un editoriale per offrire il suo endorsement a Blair, che "può portare nel consesso del politically correct bruxellese il suo decisionismo e la sua visione del mondo mettendo così l'Europa nella condizione di avere un nuovo, più importante peso negli equilibri del mondo"

"Londra candida Blair alla Ue", titola Il Sole-24 ore. "Il suo nome circolava da tempo dietro le quinte", scrive Adriana Cerretelli sul quotidiano di Confindustria. "Anzi, cera già chi dava per fatta la sua nomina a primo presidente stabile del Consiglio europeo con lentrata in vigore, se tutto andrà bene, del Trattato di Lisbona. Nessuno però si aspettava che ieri, nel bel mezzo della sessione inaugurale della nuova legislatura, dove la riconferma di José Barroso alla guida della Commissione si profila tutta in salita, il ministro inglese degli affari europei ufficializzasse per la prima volta la candidatura di Tony Blair".

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La tempistica, scrive Cerretelli, è in effetti singolare. Il Trattato non è ancora stato approvato e un fallimento del referendum in Irlanda finirebbe per bruciare indirettamente anche Blair. Peraltro, il diretto interessato ha in più occasioni – compresa questa – smentito le voci, sottolinenando che la carica non esiste ancora. Per questo, "c`è anche chi ipotizza una mossa diabolica da parte del barcollante premier Gordon Brown che punterebbe così a polverizzare le chances europee del suo eterno rivale. Magari per farsi avanti a sua volta, quando uscirà da Downing Street".

Malgrado il fascino della dietrologia, ci potrebbe essere una spiegazione ben più semplice. È Charlemagne, titolare della rubrica dell'Economist dedicata all'Unione europea, a proporla: Kinnock, che ha sostituito Caroline Flint nel rimpasto di governo del giugno 2009, avrebbe semplicemente pagato dazio alla propria inesperienza con le conferenze stampa. "Un appello per i commentatori politici britannici: fate un bel respiro profondo e calmatevi", annuncia Charlemagne: quel che Kinnock voleva dire è che se Blair avanzasse la propria candidatura, il governo britannico sarebbe lieto di appoggiarla. Punto. I Blair-entusiasti, insomma, dovranno aspettare almeno il due ottobre, data del fatidico referendum in Irlanda.

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