Mzia Amaghlobeli con in mano una copia in georgiano del saggio di Maria Ressa “Come resistere a un dittatore” durante la sua prima udienza al tribunale di Batumi, il 14 gennaio 2025. | Foto: Batumelebi Mzia Ressa in court

Imprigionata per uno schiaffo, imbavagliata per i suoi articoli: Mzia Amaghlobleli è l’emblema del giornalismo indipendente in Georgia

La giornalista Mzia Amaghlobeli è in carcere da gennaio. Il suo arresto è un avvertimento per i giornali indipendenti in Georgia. Il suo caso racconta il logoramento della libertà di stampa sotto la legge sugli agenti stranieri, e un regime che teme la verità più del dissenso.

Pubblicato il 10 Luglio 2025
Mzia Ressa in court Mzia Amaghlobeli con in mano una copia in georgiano del saggio di Maria Ressa “Come resistere a un dittatore” durante la sua prima udienza al tribunale di Batumi, il 14 gennaio 2025. | Foto: Batumelebi

Ho conosciuto Mzia Amaghlobeli quando ero adolescente. Vivevamo entrambe a Batumi, la mia città, dove Mzia aveva già avviato la sua carriera nel giornalismo. A 26 anni ha fondato Batumelebi, un giornale online nato con l’obiettivo di dimostrare che era possibile fare un buon giornalismo in una regione dove leader autoritari trattavano ogni cosa come se fosse di loro proprietà. E questo valeva persino in un paese che cercava di rialzarsi dalle macerie lasciate dalle guerre post-sovietiche.

Con il passare degli anni questa giovane giornalista è riuscita a trasformare un piccolo giornale locale in due importanti testate online nella regione del Caucaso meridionale: Netgazeti, che si occupa di notizie nazionali e internazionali e ha ricevuto anche diversi premi, e Batumelebi, dedicato alle notizie locali di Batumi, la seconda città del paese.

I giornalisti danno fastidio al potere. Quando scegliamo di intraprendere la carriera giornalistica, mettiamo in conto che non avremo una vita facile. Nel corso degli anni, ho sentito Mzia raccontare di come lei e i suoi colleghi siano stati minacciati, sorvegliati, pedinati e ricattati. Da giovane ascoltavo queste storie con entusiasmo, come se stessi guardando un film. Ma quello che sta accadendo non è più entusiasmante. Non è questo il motivo per cui abbiamo deciso di fare questo mestiere.

Da quando lo scorso anno è stata adottata la legge sugli agenti stranieri, era chiaro che la Georgia sarebbe andata a scatafascio. Quello cui abbiamo assistito negli ultimi sette mesi non è stato un passo indietro, come dicono tutti: è stata come una frana che, cadendo dalla cima della montagna, ha spazzato tutto quanto sul suo percorso.

Mzia Amaghlobeli in Batumelebi's newsroom. | Photo: courtesy of Batumelebi
Mzia Amaghlobeli nella redazione di Batumelebi (non datata). | Foto per gentile concessione di Batumelebi

Lo strano doppio arresto di Mzia

La notte del suo arresto, tra l’11 e il 12 gennaio, Mzia si trovava in redazione a Batumi. In quel momento era in corso una protesta e la polizia era intervenuta con brutalità, arrestando diverse persone. Mzia aveva assistito all’arresto della sua amica Tsiala Katamidze, un’attivista che lavora per un’organizzazione della società civile locale, colpevole di aver attaccato un adesivo con la scritta “la Georgia sciopera” davanti alla stazione di polizia. Così, insieme a un avvocato, Mzia si è recata alla stazione per prestare assistenza legale all’amica. Lì, alcuni manifestanti chiedevano il rilascio di coloro che erano stati detenuti illegalmente. Anche dopo il suo arrivo, gli arresti arbitrari sono andati avanti. In totale nove persone sono state arrestate per aver attaccato un adesivo o per aver semplicemente chiesto spiegazioni sugli arresti.

Un video registrato poco dopo l’arrivo di Mzia sul posto la riprende mentre applica lo stesso adesivo su un muro esterno della stazione di polizia. Poco dopo, gli agenti lo hanno rimosso senza che ne rimanesse alcuna traccia, mentre diversi poliziotti, guidati dal capo della polizia della regione dell’Adjara, l’hanno portata all’interno dell’edificio. Durante il processo Mzia ha dichiarato di non aver avuto l’intenzione di diffondere il messaggio scritto sull’adesivo, ma piuttosto di protestare a favore della libertà di espressione e contro l’ingiustizia, e di mostrare solidarietà verso coloro che erano stati detenuti ingiustamente.

Circa un’ora dopo, Mzia e le altre donne in detenzione amministrativa sono state rilasciate. Erano accusate di resistenza, disobbedienza e oltraggio a pubblico ufficiale, ma nessuna di queste accuse nei confronti di Mzia è stata confermata dal filmato o dai testimoni. Dopo il rilascio, Tsiala Katamidze ha raccontato ai giornalisti che, durante la sua detenzione, aveva sentito le voci di alcuni detenuti mentre venivano picchiati. Ha fatto i nomi degli uomini, che hanno poi confermato l’accaduto.


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Quando le detenute sono state rilasciate la manifestazione aveva già cominciato a disperdersi. Tuttavia, un piccolo gruppo di persone che erano state arrestate, tra cui Mzia, insieme ad alcuni amici e parenti, era rimasto sul posto per discutere quanto accaduto. A quel punto, un gruppo di agenti di polizia è uscito infuriato dal cortile dell’edificio, si è avvicinato al gruppo e ha arrestato uno di loro. Questo ha generato confusione tra i manifestanti, che si è tramutata in uno scontro con la polizia. Nel video, si vede chiaramente Mzia in mezzo alla folla che viene spinta per terra fino a scomparire.

La polizia ha arrestato anche due fratelli parenti di Mzia, poi si è ritirata dietro il cancello della stazione. Nel video si vede Mzia in difficoltà vicino al cancello, senza una scarpa. Insieme ad altri, cercava di capire le ragioni degli ultimi arresti. Eter Turadze, un’amica stretta di Mzia e co-fondatrice di Batumelebi, ha ricordato in un secondo momento che avevano paura che i ragazzi venissero picchiati in caserma semplicemente per essere stati dalla loro parte.

Nel filmato si vede anche Mzia mentre si rivolge al capo della polizia di Batumi, Irakli Dgebuadze, per chiedere spiegazioni sull’arresto dei suoi familiari. Dgebuadze risponde dicendo che avevano insultato la polizia e gira poi le volta le spalle. Si sente Mzia dirgli: “Proprio come quando i tuoi poliziotti hanno arrestato me…”. Contemporaneamente, gli tira la manica per attirare la sua attenzione, ma prima di finire la frase, lo schiaffeggia.

A quel punto viene arrestata per la seconda volta e portata via da diversi agenti. Nel video, si sente Dgebuadze insultarla e minacciarla di conseguenze penali.

Abbiamo poi saputo che durante la detenzione Mzia è rimasta ammanettata per diverse ore con le mani dietro la schiena, e che le è stato negato l’accesso all’acqua, al bagno e a un avvocato. Dgebuadze l’ha minacciata ripetutamente di violenze fisiche e ha cercato di irrompere nella stanza dove era detenuta, arrivando infine a sputarle in faccia. Nessuno di questi fatti è stato oggetto di indagine.

Più di tre ore dopo il suo arresto, abbiamo saputo che era stata accusata ai sensi dell’articolo 353-1 del codice penale per aggressione a un pubblico ufficiale, un reato che prevede una pena detentiva dai quattro ai sette anni.

All’udienza preliminare del 14 gennaio il giudice del tribunale di Batumi si è schierato dalla parte dell’accusa e ha affermato che il solo arresto amministrativo di Mzia costituiva un motivo sufficiente per ritenere elevato il rischio di recidiva. Il giudice le ha negato qualsiasi forma di cauzione e ha disposto la custodia cautelare in carcere. Da allora, Mzia è detenuta vicino a Tbilisi. Secondo il codice penale georgiano, tuttavia, il reato di “aggressione” prevede dei criteri specifici per essere qualificato come tale e uno schiaffo in faccia non rientra mai tra questi.

Quindi, l’arresto amministrativo era illegale. Il suo primo arresto aveva avuto tanti testimoni ed era chiaro che Mzia non stesse opponendo resistenza, disobbedendo o insultando la polizia. Tuttavia, la polizia ha cercato di giustificare le accuse presentando come prova un video che mostrerebbe Mzia mentre “oppone resistenza”, legittimandone l’arresto. Il problema però è che quel video era stato registrato dopo il suo rilascio dalla detenzione amministrativa, quindi non può mostrare il reato per cui era stata originariamente accusata.

In effetti, il video mostra Mzia mentre subisce un’aggressione fisica, circondata dagli scontri tra la polizia e i cittadini. Di fatto lei è vittima, non colpevole. 

Entro così tanto nei dettagli perché voglio far capire quanto sia costruito il caso contro di lei: persino le prove sono state manipolate. Mzia è stata anche accusata di aver alterato l’aspetto di un edificio per aver applicato un adesivo sulla stazione di polizia per circa dieci secondi…Ma la parte più ridicola del suo caso è che la polizia ha scritto nel verbale che Mzia avrebbe ricevuto una telefonata in cui le veniva ordinato di schiafeggiare un agente. Sulla base di questo verbale il tribunale ha emesso un’ordinanza per accedere al suo telefono e a tutti i dati in esso contenuti. L’intento era quello di farla passare per un’agente straniera.

Mzia è stata presa di mira dal regime anche perché il paesaggio mediatico in Georgia è animato e vario, con diverse voci critiche e indipendenti. Le campagne diffamatorie che accusano i media indipendenti di rappresentare l’opposizione o i gruppi d’interesse economico non funzionano, perché i giornali hanno legami molto stretti con le comunità locali, e la popolazione conosce i giornalisti. Di conseguenza è molto difficile attaccare la reputazione dei media indipendenti in un paese di queste dimensioni [la Georgia ha 3,7 milioni di abitanti]. Questo è il motivo per cui Mzia è diventata un esempio: non è solo lei a essere sotto processo, ma anche i mezzi d’informazione indipendenti. I giornalisti georgiani capiscono perfettamente questa situazione.

Nonostante le differenze tra loro stanno seguendo questo caso da vicino perché sanno di essere tutti coinvolti. Lo dimostrano alcuni dettagli come il fatto che condividono materiale, si scambiano filmati o si mettono d’accordo per fare dirette streaming e pianificare insieme dei talk show. La maggior parte dei media indipendenti della Georgia ha trasmesso simultaneamente un documentario sul caso di Mzia.

L’esempio di Maria Ressa e l’importanza dell’attenzione internazionale

A metà giugno, durante il festival ZEG a Tbilisi, ho avuto l’opportunità di parlare del caso di Mzia e di discuterne con Maria Ressa, fondatrice del giornale investigativo online filippino Rappler e premio Nobel per la pace 2021. Anche Maria era stata presa di mira dal governo precedente del suo paese, e ci siamo rese conto di quanto le nostre esperienze fossero simili. Per questo vorrei che ci fosse una maggiore consapevolezza a livello globale, in particolare all’interno della comunità giornalistica internazionale.

Caoilfhionn Gallagher KC, Irma Dimitradze, Jodie Ginsberg and Maria Ressa (on screen) on stage at the ZEG Festival, Tbilisi, 15 June 2025. | Photo: ©XXX / ZEG.
Caoilfhionn Gallagher KC, Irma Dimitradze, Jodie Ginsberg e Maria Ressa (sullo schermo) sul palco dello ZEG Festival, Tbilisi, 15 giugno 2025. | Foto: ©Dato Koridze/ZEG.

Qualche settimana fa sono stata intervistata da una giornalista ungherese che voleva parlare dell’impatto della legge sugli agenti stranieri, dato che una proposta simile è in discussione anche nel suo paese. Ascoltarla raccontare tutto ciò è stato doloroso per me perché, solo un anno fa, ero io a intervistare giornalisti russi e bielorussi, cercando di usare la loro esperienza come campanello d’allarme. Ho pensato a quella giornalista ungherese e mi sono chiesta se la prossima volta sarà lei a essere intervistata da giornalisti slovacchi.

Ci sono persone nel mondo che guardano la Georgia pensando: “Questa scena l’abbiamo già vista. Succederà di nuovo e non possiamo farci niente”. Ma voglio che sia chiaro che dipende tutto da noi. Possiamo invertire questa tendenza e far vedere che è possibile farlo. Maria Ressa ci ha mostrato come combattere ed essere liberi.

Nel suo discorso allo ZEG, l’avvocata per i diritti umani Caoilfhionn Gallagher KC ha sottolineato tre punti interessanti. Il primo è che la solidarietà internazionale non solo porta coraggio e supporto psicologico, ma ha anche un impatto concreto sulla strategia legale da adottare, perché i casi come quelli di Mzia sono casi politici, non giudiziari. “Sapere che il mondo sta guardando e che là fuori c’è qualcuno che offre supporto ha indubbiamente un forte impatto su chi decide. Lo abbiamo visto con il caso di Maria Ressa”, ha detto.

Mzia Amaghlobeli at an hearing in Batumi's court, on 23 June 2025. | Photo courtesy ©Batumelebi
Mzia Amaghlobeli saluta il pubblico durante un'udienza nel tribunale di Batumi, il 23 giugno 2025. | Foto per gentile concessione di Batumelebi

“Maria è stata addirittura descritta come una prostituta da qualcuno delle autorità. Se si guarda alla legge sugli agenti stranieri della Georgia, si vedrà che è molto simile”, ha detto Gallagher. “Il linguaggio utilizzato fa riferimento al perseguimento degli interessi di una potenza straniera. È pensato per danneggiare la natura del giornalismo e dei giornalisti stessi, per suggerire che stanno semplicemente vendendo la propria merce e una linea in cui non credono davvero. So che per Mzia il giornalismo non è solo una professione, ma uno strumento per il cambiamento sociale. Una delle cose che più ammiro del suo lavoro è l’impegno nel documentare la repressione dell’epoca sovietica e nel riprendersi la narrazione attraverso il suo lavoro sulla memoria storica”.

Come ha fatto notare Caoilfhionn Gallagher le autorità “era da un po’ che le autorità georgiane aspettavano l’occasione per mettere a tacere Mzia; avevano solo bisogno di una buona scusa”. Diversi giornalisti erano già stati aggrediti fisicamente prima che venisse arrestata ma quel che è successo a Mzia va oltre gli attacchi ai singoli giornalisti perché “lei è una figura emblematica. Il suo arresto era stato progettato per mandare un messaggio chiaro e allo stesso tempo agghiacciante all’intero ecosistema mediatico georgiano”.

Il problema è che “non abbiamo a che fare con un sistema che rispetta lo stato di diritto”, ha proseguito Gallagher. In questo caso si sono già verificate numerose forzature: a cominciare dal fatto che l’inchiesta è stata condotta dallo stesso agente che risulta essere la presunta vittima. “È chiaro che in Georgia non avrai mai un processo equo”, ha aggiunto.

“Mzia è ancora in attesa di giudizio. Quel che potrà fare davvero la differenza è assicurarsi che il mondo stia guardando e che ci sia una strategia internazionale efficace”, ha detto ancora Gallagher: “Il tentativo che è stato fatto in Georgia con la legge sugli agenti stranieri ha lo scopo di impedire che il mondo veda cosa succede. È una tattica classica: si conduce una campagna diffamatoria, minando per anni la credibilità dei giornalisti e del giornalismo; poi si cerca di tagliare ogni loro legame con la società e si cerca di criminalizzare i finanziamenti provenienti dall’estero; infine, si fa in modo che anche chi difende queste persone, persino gli avvocati sul posto, possa essere preso di mira in base alla stessa legge, se riceve supporto internazionale”. È una tempesta perfetta, in cui chi si trova al centro è in balìa di un sistema ingiusto e non riceve il sostegno internazionale necessario.

Ora più che mai è essenziale che il caso di Mzia riceva la giusta attenzione internazionale.

Una delle difficoltà che ci troviamo ad affrontare è che “molti dei paesi più influenti sulla Georgia, come la Cina e la Russia, non sono posti sicuri per i giornalisti. Tuttavia, credo che le azioni del Consiglio d’Europa, dell’Unione europea e della Germania, una dei principali partner commerciali della Georgia, saranno fondamentali”, spiega Gallagher.

Personalmente, credo che non abbiamo altra scelta se non quella di combattere: abbiamo un paese da riprenderci perché, anche se le istituzioni sono state sequestrate dal partito al potere, non tutte le menti lo sono state. Diversamente da altri paesi in Georgia è successo tutto così in fretta che la propaganda non ha avuto abbastanza tempo per plagiare le menti dei cittadini e dell’opinione pubblica. La propaganda, infatti, ha bisogno di tempo per ottenere questo risultato, quindi abbiamo ancora una possibilità, perché abbiamo gente disposta a combattere. Tutti i giornalisti che sono stati ricoverati, multati o messi in detenzione amministrativa sono ritornati sul campo e hanno continuato a lavorare.

Ma adesso non c’è più tempo: Mzia non sta bene. Dopo che il nostro cameraman è stato arrestato ha cominciato uno sciopero della fame di 38 giorni che ha avuto delle ripercussioni terribili sulla sua salute. Il 12 maggio, giorno del cinquantesimo compleanno di Mzia, le persone si sono riunite fuori dal carcere, accendendo candeline e cantando per lei. Lei è debole e continua a perdere peso. La sua vista è drasticamente peggiorata, a tal punto da non riuscire quasi più a leggere. L’ultima volta che si è presentata in aula sembrava un fantasma, questo mi ha terrorizzata. Mzia è stata alla sbarra per cinque ore senza mai sedersi, per mostrare la sua forza e la sua determinazione in questa lotta. Aveva viaggiato per sei ore da Tbilisi, dove è detenuta, fino alla corte di Batumi. La sua forza ci stimola a continuare a lottare.

È un compito difficile, reso ancora più duro dalla pressione che stiamo affrontando da più fronti, sia a Batumelebi che a Netgazeti, mentre allo stesso tempo le nostre risorse si stanno esaurendo rapidamente. Per questo abbiamo lanciato una campagna di donazioni per raccogliere fondi di emergenza. Non è l’importo a fare la differenza, ma il numero di persone che ci sostengono. Anche un piccolo contributo è un gesto di solidarietà e può dare nuova forza a Mzia e a tutti noi. Saremmo profondamente grati di avervi al nostro fianco.

La crisi dei media georgiani: sfide e prospettive
Negli ultimi due anni, il partito al governo Sogno Georgiano ha promulgato una serie di leggi radicali volte a soffocare i media indipendenti. La “Legge sulla trasparenza dell’influenza straniera” etichetta come “agenti stranieri” i media e le ong che ricevono fondi dall’estero, esponendoli a sanzioni penali previste dal Foreign Agents Registration Act (FARA), una legge sulla registrazione degli agenti stranieri, in caso di inadempienza. Le modifiche alla legge sulla radiodiffusione conferiscono all’autorità nazionale il potere di censurare contenuti e revocare licenze, mentre una nuova legge sui finanziamenti impone il controllo statale sui fondi concessi dai donatori. Queste misure puntano a colpire il giornalismo indipendente su tre fronti: finanziario, legale e reputazionale, intaccando la libertà di stampa e la rendicontazione pubblica.

Negli ultimi anni, la Georgia ha assistito a un preoccupante aumento di episodi di violenza, minacce e intimidazioni contro i giornalisti, spesso non sottoposti a indagine. Secondo i dati raccolti dalla Georgian Charter of Journalistic Ethics (CJE), ossia la carta georgiana dell’etica giornalistica, e dalla Media Advocacy Coalition, la coalizione per la difesa dei media, decine di reporter sono stati aggrediti fisicamente mentre documentavano proteste o eventi politici. L’Unione europea ha a lungo sostenuto i media georgiani, fornendo i finanziamenti e il supporto istituzionale necessari per permettere di mantenere gli standard giornalistici. Tuttavia, la portata dell’attuale inasprimento, come dimostrato dal crollo della Georgia al 114° posto nell’Indice della libertà di stampa 2025, richiede un’azione più incisiva. Sebbene il sostegno economico resti importante, l’assenza di interventi più risoluti lascia i giornalisti esposti. Le campagne di diffamazione coordinate, le minacce e le aggressioni, spesso ignorate, evidenziano la necessità che l’Ue intensifichi il proprio impegno, adeguandolo alla gravità della crisi.

In questo contesto di repressione, i giornalisti georgiani guardano all’Ue in cerca di un sostegno. I media chiedono una posizione più ferma da parte dell’Ue per contrastare la deriva autoritaria della Georgia e garantire che il suo impegno per la democrazia non venga compromesso dall’incertezza geopolitica. Finora, la risposta dell’Ue alla traiettoria sempre più autoritaria della Georgia è stata caratterizzata da una combinazione di esitazione, cautela diplomatica e occasioni mancate. Questo ha rafforzato il governo, che interpreta dichiarazioni deboli e reazioni lente come via libera, anziché come segnali di allarme.

L’arresto di Mzia Amaghlobeli ha spronato le comunità giornalistiche a livello globale, trasformandosi in un simbolo della più ampia lotta per la libertà di stampa. Sebbene molti giornalisti si sentano isolati a causa della repressione locale, la solidarietà internazionale, sotto forma di dichiarazioni congiunte e collaborazioni transfrontaliere, mantiene viva la speranza. Questa unità rafforza la loro determinazione, dimostrando che i giornalisti georgiani non sono soli. 
Il caso di Mzia mette alla prova sia il futuro democratico della Georgia sia l’impegno dell’Ue verso i propri principi. La sopravvivenza del giornalismo indipendente, o la sua resa all’autoritarismo, dipenderà da un’azione decisa da parte dell’Europa. Alla luce di quanto detto, i media indipendenti georgiani individuano le seguenti azioni come parte delle misure efficaci:

- Denunciare pubblicamente e ininterrottamente la criminalizzazione dei media attraverso leggi ispirate al modello FARA.

- Sostenere il contenzioso strategico a livello nazionale e internazionale, in particolare attraverso la corte europea dei diritti dell’uomo, per mettere alla prova la compatibilità di queste leggi con le norme sui diritti umani.

- Fornire assistenza legale e finanziaria d’emergenza agli organi di stampa sotto attacco giudiziario.
Costruire coalizioni di difesa legale e rifiutare di lasciare soli i singoli organi di stampa.

- Promuovere campagne pubbliche attraverso reti mediatiche europee per dare visibilità a casi come quello di Mzia Amaghlobeli, con lo scopo di esercitare una forte pressione sul partito del “Sogno Georgiano”.
 
In definitiva, ciò che sta accadendo in Georgia non è un caso isolato: è una prova per l’intera regione. I metodi usati contro i media indipendenti, come la stigmatizzazione, il soffocamento economico e la criminalizzazione, sono facilmente esportabili e replicabili in tutti quei luoghi in cui la resistenza si indebolisce e la propaganda prende piede.
🤝 Nina Kheladze e Gian-Paolo Accardo hanno contribuito a questo articolo, realizzato nell'ambito del progetto PULSE Thematic Networks. È ispirato alla conversazione tra Irma Dimitradze, Caoilfhionn Gallagher KC e Maria Ressa, moderata dal CEO del Comitato per la protezione dei giornalisti Jodie Ginsberg al ZEG Festival, il 15 giugno 2025. Il video è disponibile qui.

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