Quel che un tempo sembrava impensabile è ormai diventato oggetto di discussione. L’arsenale militare americano, dispiegato in quattro stati europei e in Turchia, non sembra più costituire la certezza di un tempo.
Fissione e fusione nella politica tedesca
Per ragioni storiche, il dibattito su un ipotetico possesso di armi nucleari suscita emozioni forti soprattutto in Germania e, infatti, questa possibilità è stata esclusa categoricamente da Friedrich Merz, leader della Cdu e vincitore delle ultime elezioni. In un'intervista a Der Spiegel, Merz ha dichiarato che “la Germania non potrà né le sarà mai permesso di possedere armi nucleari”, richiamando l'esplicita rinuncia del paese al nucleare sancita in seguito alla riunificazione nel Trattato sullo stato finale della Germania.
Il futuro cancelliere è passato da avere posizioni fortemente atlantiste a esprimersi a favore di una maggiore autonomia dagli Stati Uniti in materia di difesa e all’avvio di un dialogo con Francia e Regno Unito, attualmente gli unici paesi europei in possesso di armi nucleari, sulla possibilità di una “condivisione nucleare”.
Merz ritiene tuttavia che un ombrello nucleare europeo dovrebbe essere un “complemento” a quello statunitense, il quale, se possibile, dovrebbe essere mantenuto.
Fabian Hoffmann dell'Oslo Nuclear Project crede che non possa più essere esclusa la possibilità di un deterrente nucleare indipendente per la Germania. In un’intervista con l'emittente bavarese BR, l'esperto di strategia nucleare ha sostenuto che, nell'attuale contesto di sicurezza, la Germania dovrebbe valutare seriamente tutte le opzioni.
Sebbene l'ombrello nucleare francese sia ancora considerato una soluzione credibile per la Germania – poiché qualsiasi grave minaccia contro Berlino rappresenterebbe un potenziale pericolo anche per Parigi – verso est il suo effetto deterrente sta diminuendo rapidamente. L'attuale arsenale francese, osserva Hoffmann, non è in grado di fornire una deterrenza credibile al di là di Germania, Belgio e Paesi Bassi, lasciando i paesi orientali della Nato esposti a possibili minacce.
Come sottolinea Claudia Buckenmaier sul Tagesschau, i limiti della garanzia nucleare francese sono ancora più profondi. A differenza delle armi nucleari tattiche americane, che la Germania può utilizzare con il consenso di Washington e Berlino in base a un sistema “a doppia chiave”, le armi strategiche francesi restano sotto il controllo esclusivo del presidente.
Inoltre, la Francia ha sempre difeso con fermezza la propria indipendenza nucleare.
Secondo quanto riportato da Annika Leister su T-Online, sorprendentemente diversi esponenti del partito di estrema destra e pro-Trump Afd si sono rivelati a favore di un deterrente nucleare tedesco, nonostante la nota divisione del partito tra fazioni pro-Russia e pro-Nato su questioni di politica estera.
Rüdiger Lucassen, portavoce del partito per la difesa ed ex colonnello dell’esercito tedesco, ha espresso a questo proposito una posizione chiara: la Germania ha bisogno di un proprio arsenale nucleare e di istituire nuovamente la leva obbligatoria, estendendola anche alle donne – due misure che richiederebbero di apportare modifiche alla Costituzione. Secondo Lucassen, il vero problema non è tanto la retorica di Trump ma l'eccessiva dipendenza dell'Europa dagli Stati Uniti, a cui è necessario porre fine.
Un recente sondaggio condotto da Civey per T-Online rivela che, sebbene la maggior parte dei tedeschi (48 percento) sia ancora contraria all'acquisizione di armi nucleari, nell'ultimo anno il sostegno a questa possibilità ha subito un aumento significativo, seppur con differenze marcate tra est e ovest: mentre nella Germania orientale la maggioranza della popolazione si oppone all'opzione nucleare, a ovest l’opinione pubblica è divisa quasi equamente sulla questione.
Reazioni a catena in Europa
“Se la Germania ottiene la bomba, allora lo stesso deve valere per la Polonia” sostiene Jędrzej Bielecki su Rzeczpospolita. Il commentatore sottolinea il crescente rapporto di fiducia tra Germania e Polonia, testimoniato dalla scarsa opposizione da parte di Varsavia agli ambiziosi piani di Friedrich Merz per l’espansione dell’esercito tedesco e dalla proposta polacca di collaborare nella sorveglianza del confine orientale.
Tuttavia, questo riavvicinamento ha i suoi limiti, soprattutto in materia di armi nucleari: nessun governo polacco potrebbe mai accettare il possesso di armi nucleari da parte della Germania se la Polonia ne restasse invece priva. A questo proposito, Bielecki propone una soluzione ambiziosa: l’istituzione di un programma nucleare coordinato tra i due paesi, o persino di forze nucleari congiunte, che segnerebbe la riconciliazione definitiva tra i due storici rivali.
Su WP Wiadomości, Violetta Baran riporta che il primo ministro polacco Donald Tusk non ha escluso del tutto eventuali ambizioni nucleari, sottolineando come la cessione delle testate sovietiche alla Russia da parte dell'Ucraina – che ha poi finito per essere invasa - dimostri l’importanza di un deterrente nucleare. Tuttavia, Tusk mantiene un approccio prudente, evidenziando gli alti costi di manutenzione e la necessità di solide strutture di comando.
In un articolo su Polish Newsweek, Slawek Zagorski analizza le ambizioni nucleari della Polonia alla luce dei recenti commenti del primo ministro Tusk e dei sondaggi, secondo cui il 52,9 percento dei polacchi sarebbe favorevole all'acquisizione di armi nucleari. Tuttavia, Zagorski evidenzia gli ostacoli significativi che il progetto comporterebbe: la Polonia è vincolata dal Trattato di non proliferazione nucleare, non possiede né le infrastrutture né il materiale necessari alla fissione e dovrebbe affrontare costi estremamente elevati. A questo si aggiunge che la flotta aerea polacca non è attrezzata per il trasporto di testate nucleari.
Per questi motivi, Zagorski ritiene che la priorità dovrebbe essere la modernizzazione delle forze convenzionali, inclusi nuovi mezzi navali, elicotteri e attrezzature militari di base, suggerendo che le ambizioni nucleari dovrebbero essere rimandate fino a quando tali strumenti non saranno adeguatamente aggiornati.
Su iDnes l'analista militare Lukas Visingr sostiene che la Repubblica Ceca dovrebbe avviare un serio dibattito sul proprio futuro nucleare, sia nell’ambito della Nato che in modo indipendente. Secondo Visingr, grazie al suo ampio programma nucleare civile, la Repubblica Ceca possiede le competenze tecniche per sviluppare armi nucleari a un costo stimato di pochi miliardi di dollari, una cifra che il paese sarebbe in grado di sostenere.
Visingr ripercorre inoltre le aspirazioni nucleari della Cecoslovacchia, una storia poco conosciuta che include il progetto Hammer degli anni 90, quando il capo dell'intelligence militare propose la produzione di 20-30 armi nucleari tattiche come garanzia di sovranità per un paese che, all’epoca, non era ancora membro né dell'Ue né della Nato. Tuttavia, Visingr sostiene che un'opzione più realistica comporterebbe l'adesione alla condivisione nucleare della Nato, soprattutto considerando la futura acquisizione da parte della Repubblica Ceca di aerei F-35 con capacità nucleare. Più che un immediato armamento nucleare, Visingr auspica un’apertura del dibattito pubblico sul tema, affinché i cittadini non siano colti di sorpresa nel momento in cui la questione dovesse entrare improvvisamente nell’agenda politica.
La possibile scomparsa dell'ombrello nucleare americano sta sollevando preoccupazioni anche in Svizzera, dove la neutralità è profondamente radicata nell’identità nazionale. “Considerare tutto senza escludere nulla” scrive Antoine Menusier sul quotidiano online Watson, sostenendo che la politica di difesa del paese dovrebbe essere radicalmente aggiornata poiché “lo scudo americano è stato un lusso per la Svizzera, così come per tutto l’occidente, e le ha permesso di nascondersi dietro le ultime tracce della sua neutralità”.
Menusier ritiene che una maggiore cooperazione con gli stati dell'Ue rappresenterebbe una soluzione intermedia tra due estremi: da un lato, una difesa completamente autonoma e, dall’altro, l'adesione alla Nato.
Anche Georg Häsler, in un articolo sul Neue Zürcher Zeitung, sostiene che una maggiore cooperazione con i paesi vicini costituisca l’unica opzione di sicurezza praticabile per la Svizzera. Il paese aveva formalmente rinunciato alle proprie ambizioni nucleari alla fine della Guerra fredda, ma Häsler osserva che oggi le armi nucleari rappresenterebbero il mezzo più efficace, anche dal punto di vista finanziario, per garantire la neutralità e la difesa nazionali.
Secondo Häsler, nel mondo incerto di oggi la Svizzera non può più considerarsi al sicuro e deve prendere seriamente in considerazione possibili scenari di minaccia. Tra questi, Häsler cita l’eventuale caduta dell'Ucraina e il conseguente riorientamento geopolitico di Ungheria e Slovacchia che potrebbe aprire un "corridoio tirolese" verso la Svizzera.
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