Oleksandra Matvijčuk (classe 1983) è un'avvocata ucraina per i diritti umani e dirige l’ong Centre for Civil Liberties (Premio Nobel per la Pace nel 2022). Matvijčuk è anche vicepresidente della International Federation for Human Rights. Questa intervista è stata realizzata il 16 luglio 2025, a margine della Conferenza per la ricostruzione dell'Ucraina 2025 a Roma.

Dall'occupazione della Crimea (2014) da parte di soldati russi nel 2014, l'Unione europea ha imposto sanzioni economiche e legali alla Russia con l'obiettivo di esercitare pressioni sul Cremlino. Le sanzioni sono state rafforzate dopo l'invasione su larga scala del 2022.
La creazione di un Tribunale speciale per il crimine di aggressione contro l'Ucraina, annunciata nel 2023 e sostenuta (politicamente e finanziariamente dall'Ue), mira a colmare una lacuna lasciata dalla Corte penale internazionale, che non può perseguire Mosca per il crimine di aggressione. Il tribunale dovrebbe essere istituito entro la fine del 2025 e avrà il compito di giudicare l'élite politica e militare russa ritenuta responsabile della guerra.
Maryna Svitlychna: Perché sostiene che abbiamo bisogno di un Tribunale speciale per il crimine di aggressione contro l'Ucraina? Non bastano le istituzioni internazionali esistenti?
Oleksandra Matvijčuk: Non esistono istituzioni in grado di perseguire Putin, i vertici politici e il comando militare della Federazione russa per il crimine di aggressione. Persino la Corte penale internazionale (Cpi) non ha giurisdizione in tal senso. Tutti i crimini che documentiamo sono il risultato della decisione di iniziare una guerra, rendendo l'istituzione di un Tribunale speciale per le aggressioni essenziale per colmare questa lacuna di responsabilità. È molto importante che il 25 giugno sia stato firmato un accordo storico tra l'Ucraina e il Consiglio d'Europa, che ha segnato l'inizio della sua istituzione.
Perché è importante istituire questo Tribunale ora?
Perché nel XXI secolo il nostro compito è garantire che la giustizia non dipenda da come e quando finirà la guerra. Questo è un concetto rivoluzionario: se vogliamo evitare guerre in futuro, dobbiamo punire gli stati e i leader che le scatenano oggi.
I Tribunali di Norimberga e di Tokyo dopo la Seconda guerra mondiale costituiscono in un certo senso un precedente, ma in realtà erano i tribunali dei vincitori della guerra. E’ stata stabilita una norma tacita secondo la quale la giustizia sarebbe un privilegio dei vincitori. Ma, al contrario, la giustizia non può essere un privilegio, è un diritto umano fondamentale.
Molto è cambiato da Norimberga, ciononostante l'Ucraina ha dovuto compiere enormi sforzi per convincere la comunità internazionale che non si doveva aspettare, né far dipendere la giustizia dall'esito della guerra. Se c'è un crimine —ed esiste —se ci sono persone che hanno commesso questo crimine —e anche queste esistono — allora deve esserci una punizione.
I cosiddetti “doppi standard” stanno mettendo a dura prova il quadro giuridico internazionale. Come pensa che si evolverà la situazione quando si tratterà di garantire giustizia all'Ucraina?
A mio parere, dobbiamo smettere di chiamarli “doppi standard”. Dobbiamo discutere del fatto che paesi in diverse parti del mondo violano il diritto internazionale e, a seconda delle loro simpatie politiche, scelgono una strategia piuttosto che un'altra.
"E’ stata stabilita una norma tacita secondo la quale la giustizia sarebbe un privilegio dei vincitori. Ma, al contrario, la giustizia non può essere un privilegio, è un diritto umano fondamentale"
Non si tratta solo dei paesi occidentali. Basta osservare quanti paesi africani e latinoamericani hanno votato all'Assemblea generale delle Nazioni Unite sull'aggressione russa contro l'Ucraina. Oppure ricordiamo che, anche dopo che la Cpi ha annunciato un mandato di arresto per Putin, il Presidente del Sudafrica lo ha invitato al vertice dei Brics. Il Sudafrica è il paese che ha portato il caso di Gaza alla Corte Internazionale di giustizia ma, allo stesso tempo, chiude un occhio sull'invasione russa, dichiarandosi neutrale.
Pensa che l'Unione europea potrebbe fare di più per fermare le atrocità?
C'è sempre molto da fare, ma prima di tutto, iniziamo con parole di gratitudine per il sostegno ricevuto dall'Ucraina, cruciale per la sua sopravvivenza nei primi anni di questa guerra.
Rimangono ancora molti compiti urgenti. Una questione critica riguarda i 300 miliardi di euro di beni statali russi detenuti dai paesi del G7, attualmente congelati sulla base del regime di sanzioni imposto alla Russia: si tratta di un importo di gran lunga superiore a tutti gli aiuti finora forniti all'Ucraina.
È logico che l'aggressore debba pagare per i danni provocati, e [sappiamo] che la Russia si rifiuterà di farlo. Questi fondi, oggi congelati, potrebbero essere investiti in un fondo fiduciario speciale per sostenere la ricostruzione dell'Ucraina, risarcire le vittime e acquistare armi: tutto quello per cui i nostri partner europei oggi non hanno fondi.
Nonostante questa urgenza, non è stato ancora fatto nulla per confiscare questi beni. Esistono solo due opzioni: o questi beni saranno trasferiti per l'Ucraina o, alla fine, torneranno alla Russia, che chiaramente li utilizzerà per aumentare ulteriormente le sue spese militari.
Cosa significa vivere nei territori occupati? Gran parte dell'opinione pubblica occidentale non sembra avere un'idea chiara sulla questione.
È vero, le persone non capiscono cosa sia l'occupazione e non vogliono approfondire, nonostante ci siano moltissime informazioni al riguardo.
Ci sono i rapporti periodici delle Nazioni unite, per cominciare. Possono sembrare aridi e in linguaggio burocratico, ma permettono di capire immediatamente che l'occupazione non significa semplicemente cambiare una bandiera con un'altra. L'occupazione significa sparizioni forzate, stupri, detenzioni illegali, cancellazione dell'identità, adozione forzata dei figli, campi di filtraggio e fosse comuni.
L'occupazione non riduce la sofferenza umana, la rende semplicemente invisibile, perché le persone non hanno modo di proteggersi. E l'occupazione è comunque “guerra” secondo il diritto internazionale umanitario, solo in una forma diversa.
Da undici anni [dall’annessione della Crimea, ndr] documentiamo i crimini commessi dalla Russia nei territori occupati dell'Ucraina. Posso illustrare l'essenza dell'occupazione con un esempio specifico.
Questa è la storia dello scrittore per bambini Volodymyr Vakulenko che ha scritto opere meravigliose per i bambini ucraini e un'intera generazione è cresciuta con il suo "Tatuseva kniha/Dad’s book”". Durante l'occupazione russa, è scomparso. Conosco personalmente la sua famiglia.
La famiglia ha creduto fino alla fine che lui, come migliaia di altri civili ucraini, fosse illegalmente tenuto prigioniero dai russi. Ma quando l'esercito ucraino ha cacciato i russi dalla regione di Kharkiv, abbiamo trovato fosse comuni nella foresta vicino alla città di Izyum. Lì giacevano centinaia di corpi di uomini, donne e bambini. Alcuni di loro avevano le mani legate dietro la schiena. E nella fossa numero 319 c'era il corpo di Vakulenko. Era stato torturato e picchiato. Ci si può chiedere: perché i russi avrebbero dovuto uccidere uno scrittore per bambini? Perché potevano. Questa è l'essenza dell'occupazione.
Cosa può dire degli ucraini che, nei territori temporaneamente occupati, "collaborano" con le forze russe?
È una domanda molto difficile. Da un lato, dev'essere la legislazione ucraina a decidere. Una cosa è vivere nei territori occupati ed eseguire determinati ordini delle autorità occupanti per sopravvivere. Questo tipo di azione deve essere trattata con comprensione. Ad esempio, le persone accettano l'imposizione forzata della cittadinanza russa, perché altrimenti rischierebbero semplicemente di essere deportate. Al contrario, chi contribuisce all'occupazione in un modo definito dal Codice penale ucraino, come commettere reati, deve comprendere in maniera chiara che ne sarà ritenuto responsabile.
Le modifiche al Codice penale sono state apportate nel maggio 2022, introducendo degli articoli sul “collaborazionismo”. Alcuni attivisti ucraini per i diritti umani hanno criticato queste modifiche perché non rispettano pienamente gli standard internazionali.
La pratica si sviluppa in modo piuttosto contraddittorio. Da un lato, ci sono persone che dovrebbero essere perseguite, ma non lo sono. Dall'altro, vediamo persone che non hanno fatto nulla che possa essere considerata un’azione che va nel senso del rafforzamento del regime di occupazione attraverso crimini, ma per qualche motivo sono finite sotto processo.
Come riesce a rimanere resiliente e motivata di fronte a sfide così immense e ad un carico emotivo così gravoso quando documenti atrocità?
Ci diverse cose che mi spingono ad andare avanti. Innanzitutto, il senso di responsabilità. Questa è la guerra più documentata nella storia dell'umanità. Nel nostro database, realizzato insieme ai nostri partner, abbiamo più di 88 mila episodi di crimini di guerra. Non si tratta solo di numeri: dietro ci sono vite umane. È davvero molto importante per me che queste storie non rimangano registrate solo negli archivi nazionali, ma che diventino la base per la giustizia, affinché alle persone siano restituiti i loro nomi, i diritti violati e la dignità umana.
In secondo luogo, so che tutti i nostri sforzi hanno un significato, nonostante la sfida che ci troviamo ad affrontare sia enorme. Se non facciamo nulla, non realizzeremo il futuro a cui aspiriamo. E lottare per questo futuro è sempre la strategia migliore.
Questo articolo è il risultato di un lavoro collettivo realizzato attraverso il progetto Pulse. Hanno contribuito Florian Niederndorfer di Der Standard, Gian-Paolo Accardo e Francesca Barca di Voxeurop. La versione italiana è a cura di Obct.
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