La parete del garage di un pescatore di Marsaxlokk, l'ultimo villaggio di pescatori rimasto a Malta, è tappezzata di reti, ninnoli e ricordi di una carriera in mare durata tutta una vita. | Foto: ©Bruna Cases/RUIDO Photo An der Garagenwand eines Fischers in Marsaxlokk, Maltas letztem Fischerdorf, hängen Netze und Erinnerungsstücke an ein Leben auf See. | Foto: ©Bruna Cases/RUIDO

La pesca tradizionale nel Mediterraneo scompare, insieme alle persone che la praticano

Il declino della pesca tradizionale nel Mediterraneo racconta politiche europee che danno priorità alla pesca industriale, con la conseguente distruzione delle piccole imbarcazioni e di una cultura familiare e locale di pescatori.

Pubblicato il 11 Dicembre 2024
An der Garagenwand eines Fischers in Marsaxlokk, Maltas letztem Fischerdorf, hängen Netze und Erinnerungsstücke an ein Leben auf See. | Foto: ©Bruna Cases/RUIDO La parete del garage di un pescatore di Marsaxlokk, l'ultimo villaggio di pescatori rimasto a Malta, è tappezzata di reti, ninnoli e ricordi di una carriera in mare durata tutta una vita. | Foto: ©Bruna Cases/RUIDO Photo

“Se avessi avuto il sostegno del governo, non avrei smesso di pescare”, dice Yiorgos Charalambous. Yiorgos appartiene a una famiglia di pescatori ciprioti che ha lasciato il mare nel 2015, quando ha avuto bisogno di più mezzi per mantenere la famiglia. Sebbene fabbricasse anche reti da pesca, dal 2010 ha dovuto cercare un secondo lavoro. Lo incontriamo insieme a Constantinos Nicolaou, un archeologo subacqueo, presso la struttura turistica dove lavora come addetto alla manutenzione. Constantinos gli mostra le foto del progetto di restauro della Queen, la sua ultima barca da pesca.

Nel 2004, Yiorgos ha aderito al programma di arresto definitivo delle attività di pesca dell'Unione europea, una politica attuata a partire dagli anni Novanta per ridurre la pesca eccessiva (1). 

A condizione di togliere dall’acqua la sua barca, Yiorgos ha ricevuto un risarcimento (il cui ammontare varia a seconda delle caratteristiche dell'imbarcazione): nel suo caso 50mila euro e altri 7mila per la vendita delle reti e del motore. “Ho chiamato Constantinos per chiedere se c'era la possibilità di riparare e mettere via la barca prima di smantellarla. Se non avesse insistito, l'avrebbero distrutta”, spiega Yorgos.

Sulla carta, il programma di arresto definitivo della pesca offre la possibilità di dare l'imbarcazione a un'associazione culturale affinché la conservi, ottenendo lo stesso compenso finanziario. Tuttavia, l'attuazione non è la stessa in tutti i paesi di pesca del Mediterraneo

A Cipro sono stati recentemente attuati due programmi di disarmo: nel primo, nel 2013, tutte le 122 imbarcazioni sono state distrutte, mentre nel 2015 tutte, circa 110, sono state risparmiate.

I musei nautici delle Baleari

Le Isole Baleari sono uno degli esempi di località in cui sono state salvate più imbarcazioni. Tòful Mus organizza visite guidate a Robadones, un'antica cava di Minorca gestita dall'associazione Amics de la Mar, dove sono conservate un centinaio di imbarcazioni in legno. 

“La possibilità di consegnare la barca a un'associazione per preservarla è stata introdotta nel 1994, grazie a una petizione sostenuta da catalani e baschi”, spiega Manolo Gómez dell'associazione maiorchina Amics del Museu Marítim. I dati sul disarmo nelle Isole Baleari non sono pubblici, ma fonti accademiche hanno calcolato che la piccola flotta tradizionale è diminuita di oltre il 40 per cento dal 1996. Tra le motivazioni ci sono i programmi di arresto della pesca.

Amics de la Mar de Menorca has transformed the old quarry of Robadones in a place for preserving  traditional boats, thanks to its stable temperature and humidity levels. | Photo: ©Bruna Cases/RUIDO
Amics de la Mar de Menorca ha trasformato la vecchia cava di Robadones in un luogo di conservazione delle imbarcazioni tradizionali, grazie alla stabilità della temperatura e dei livelli di umidità. | Foto: ©Bruna Cases/RUIDO Photo

Il disarmo delle barche in Grecia

Ad aver subito la maggiore demolizione di barche sono le isole greche. Sebbene non siano disponibili dati ufficiali, si stima che siano state demolite circa 13mila imbarcazioni. Yanis Psakis è un pescatore di Amorgo, nelle Cicladi. Ha aderito al programma nel 2011. L'Ue gli ha dato più soldi di quelli che avrebbe potuto guadagnare vendendo la barca: 92mila euro. “L'unica opzione che avevo era demolirla. Avevamo sentito dire che qualcuno l'aveva portata in un museo, ma ci hanno detto che non aveva ottenuto il compenso. Il Kaiki aveva un valore storico ed era la barca di famiglia, quindi psicologicamente è stata una scelta difficile. Il ministro dell'agricoltura, delle foreste e della pesca è venuto di persona per assicurarsi che fosse smantellata”, racconta Yanis.

Kostas Damianidis sta lavorando per aprire un museo sulla vicina isola di Samo dedicato alla conservazione delle imbarcazioni tradizionali del Mar Egeo. “Abbiamo avviato le trattative con il ministero per attuare questa politica. Il programma è in vigore da 30 anni e siamo riusciti a preservare solo una trentina di imbarcazioni. Abbiamo cercato di fermare questa legge, ma non ci siamo riusciti”, spiega.

L'offerta del ministero di preservare l'imbarcazione non sempre ha avuto successo, aggiunge: “Il pescatore impiega mesi per essere pagato. Si tratta di una spesa anche per le associazioni culturali perché, quando non è in acqua, la barca ha bisogno di molta più manutenzione. Non ricevono alcun aiuto perché il ministero dell'agricoltura dice che è responsabilità del ministero della cultura, che non la pensa così”.

I luzzu da cartolina di Malta

Nel 2019, il dipartimento addetto alle pulizie del comune di Marxaslokk, un villaggio di pescatori nel sud di Malta, ha pubblicato un video che mostra il naufragio della Delia, una ferilla, la tradizionale barca da pesca maltese in legno, vecchia di oltre 100 anni e abbandonata. “Ci sono state molte critiche e da allora sembra esserci una maggiore consapevolezza”, spiega Ryan Abela, membro dell'ong Marxaslokk Heritage. Un mese dopo che lo abbiamo incontrato, il Comune ha distrutto un luzzu, un tipo di gozzo in locale in legno, di proprietà dell'organizzazione e che avrebbe dovuto essere restaurato nei mesi successivi.

A fisherman sets out to sea before dawn on his luzzu in the bay of Marsaxlokk, Malta. | Photo: ©Bruna Cases/RUIDO
Un pescatore prende il largo sul suo luzzu nella baia di Marsaxlokk, a Malta, prima dell'alba. | Foto: ©Bruna Cases/RUIDO Photo

Nella baia di Marxaslokk, che ha fatto da sfondo al film Luzzu, di cui è protagonista un pescatore maltese favorevole alla fine della pesca tradizionale promossa dall'Ue, il numero dei pescatori che rammendano le reti e di barche tradizionali colorate è in continuo calo. Il luzzu è diventato l'emblema dell'isola e compare su quasi tutti i souvenir e le brochure turistiche. “La gente fa soldi con i luzzu, ma non capisce che se non vengono restaurati, sarà tutto finito”, sostiene Noel Demicoli della Malta Traditional Boats Association, che punta a proteggere le barche tradizionali.

“La baia sta diventando bianca”, afferma Daniele Baraggioli, anch'egli membro dell'associazione, riferendosi alla tonalità dominante degli edifici in contrasto con i colori vivaci dei luzzu. “In ogni caso non si può fare pressione sui pescatori affinché conservino le imbarcazioni tradizionali, perché per loro potrebbe essere più comodo usare barche in vetroresina”, aggiunge.

A Malta gli ultimi dati disponibili – analizzati da un attivista per i diritti dei pescatori perché non sono pubblici – mostrano che dal 2016 erano state distrutte 96 imbarcazioni. “L'arresto definitivo della pesca ha colpito soprattutto le piccole imbarcazioni, che hanno più bisogno di risarcimenti a causa della precarietà del settore. Questo è particolarmente vero nel Mediterraneo, ma non nell'Atlantico o nel Mar Cantabrico, dove ci sono piccole imbarcazioni che hanno una certa quota riservata e sopravvivono”, afferma Clara Aguilera, ex europarlamentare socialdemocratica ed ex membra della Commissione Pesca (PECH).

La regolamentazione dell’Ue e la precarietà dei pescatori

Il cantiere navale Rodolico, ad Aci Trezza, nella Sicilia orientale, ormai è una vetrina per i turisti, e nella baia antistante sono rimaste poche feluche. Salvatore Rodolico fa parte  dell'ultima generazione di una famiglia di maestri d'ascia: “È la burocrazia ad aver distrutto l'attività, molto più delle barche in vetroresina”, sostiene. La scomparsa della pesca tradizionale implica anche la scomparsa delle professioni legate al settore. Il suo cantiere navale impiegava fino a 40 persone.

La famiglia Valastro ormeggia la propria barca vicino al cantiere. A luglio è stata trasformata in un luogo dove i turisti possono scoprire la pesca tradizionale. “Abbiamo deciso di dedicarci al pescaturismo perché era un modo per guadagnare di più in estate”, spiegano. Concetto e Giuseppe Valastro, padre e figlio, sottolineano che l'aumento della burocrazia e i regolamenti dell'Ue sono una delle ragioni principali della precarietà del settore: “Siamo molto vicini alla Tunisia e i pescatori di paesi terzi non devono affrontare restrizioni così severe, per esempio sul tipo di reti che possono utilizzare”.

Concetto Valastro, a lifelong fisherman from Aci Trezza, Sicily, works alongside his son Giuseppe. Together, they balance professional fishing in the winter with tourism fishing in the summer. | Photo: ©Bruna Cases/RUIDO Photo
Concetto Valastro, pescatore da sempre ad Aci Trezza, in Sicilia, lavora al fianco del figlio Giuseppe. Insieme, conciliano la pesca professionale in inverno con la pesca turistica in estate. | Foto: ©Bruna Cases/RUIDO Photo

“L'Ue applica la stessa politica della pesca a tutti gli stati membri: Bruxelles ne sa davvero molto poco, i pescherecci nordici non sono uguali ai nostri”, sottolinea Domingo Bonnín, presidente della Federazione delle Cofradias delle Isole Baleari. Inoltre, le leggi sostengono l'industria della pesca: “Non possiamo competere, siamo ai minimi termini”, dicono i membri della cooperativa di pescatori maltesi, dove il tonno è la principale fonte di reddito. “Nel 2004, quando siamo entrati nell'Unione, ci era stato promesso che la pesca tradizionale sarebbe stata protetta, ma è stata annientata”, aggiungono.

The Rodolico Shipyard in Aci Trezza, Sicily, run by Salvatore and Giovanni Rodolico, has operated since the early 19th century. EU fishing regulations and the shift to fiberglass boats have ended new orders, and with them, the centuries-old knowledge of crafting wooden boats will disappear. | Photo: ©Bruna Cases/RUIDO
Il cantiere navale Rodolico di Aci Trezza, in Sicilia, gestito da Salvatore e Giovanni Rodolico, è in attività dall'inizio del XIX secolo. Le normative comunitarie in materia di pesca e il passaggio alle imbarcazioni in vetroresina hanno messo fine alle nuove commesse e con esse scomparirà la secolare conoscenza della lavorazione delle imbarcazioni in legno. | Foto: ©Bruna Cases/RUIDO

“Da allora sono aumentati i pescherecci a strascico e le grandi navi da pesca internazionali. I piccoli pescatori sono costretti a vendere le loro barche perché le grandi compagnie si offrono di acquistarle. Poi le rottamano e aggiungono le quote dei pescatori alle loro”, dice un attivista maltese per i diritti dei pescatori, a condizione di restare anonimo. “Inoltre, se non catturi una determinata quantità di pesce, ti tolgono la quota e la compra una nave più grande”, aggiunge. 

Alcuni pescatori maltesi che abbiamo intervistato hanno dato in affitto la loro quota alla pesca industriale: per loro è più redditizio che andare a pesca.

La necessità di quote che favoriscano i pescherecci tradizionali e di maggiori aiuti per l'ammodernamento della flotta sono alcune delle soluzioni che l'europarlamentare Clara Aguilera ritiene necessarie: “Se si limita la pesca a strascico, la pesca tradizionale potrebbe essere sostenibile. Leggendo i documenti e ascoltando i dibattiti, sembra che siamo tutti a favore della pesca tradizionale, mentre la realtà delle azioni del governo è diversa”.

“Sono le barche greche a fare il popolo greco”

A metà giugno i pescatori di Amorgos si preparano per la loro festa. Michalis cattura il pesce che verrà offerto agli isolani “per ringraziarli perché comprano il pesce da noi per il resto dell'anno”. Dimitria prepara gli avanzi per una zuppa. Nikola trascorre ore nelle cucine del monastero di Agia Paraskevi, pastellando e friggendo i pesciolini che accompagneranno il piatto principale, il pescato del giorno distribuito alle oltre 300 persone presenti. Vino bianco e syrtos, la danza tradizionale dell'isola, completano il pasto e prolungano la serata fino alle cinque del mattino.

Yoannis Vekris è uno dei pochi giovani dell'isola ad aver raccolto il testimone di famiglia: è in mare dall'età di dieci anni. Nel 2018, suo padre ha dovuto vendere il kaiki di famiglia: i problemi economici e le tasse universitarie di Yoannis ne sono stati le cause principali. 

Nicolas Vekris, a fisherman from Amorgos, Greece, is part of a pilot project to introduce boat-building education for younger generations on the island. | Photo: ©Bruna Cases/RUIDO Photo
Nicolas Vekris, un pescatore di Amorgo, in Grecia, ha aderito a un progetto pilota per introdurre la formazione necessaria alla costruzione di barche presso le giovani generazioni dell'isola. | Foto: ©Bruna Cases/RUIDO Photo

“È stato molto difficile per mio padre. Sono le barche greche a fare il popolo greco”, dice. Nove mesi dopo hanno comprato uno skiff in vetroresina. Alla pesca affianca una laurea in tecnologia della pesca e dell'acquacoltura: “Per reinventare il settore dobbiamo cercare alternative attraverso l'istruzione”, sostiene.

“La mancanza di pesce è un altro dei problemi principali, insieme alle specie invasive come i pterois [pesci scorpione o pesci cobra]”, aggiunge. Per affrontare la carenza di pesce, Amorgo vuole testare il divieto di pesca nei mesi di aprile e maggio, il periodo di rigenerazione. Durante questi mesi, i pescatori “pescheranno rifiuti” ricevendo compensi pubblici. Il progetto pilota è una proposta dell'associazione di pescatori Amorgama, insieme a Blue Marine e al Fondo per le Cicladi. “In generale nel nostro settore non c'è intesa tra i pescatori, ma ad Amorgo è un po' diverso. Mi piace che sia così, in mare dobbiamo già combattere da soli”, conclude Yoannis.

Il declino delle piccole imbarcazioni e dei pescatori tradizionali è un dato di fatto, anche se i dati non sono pubblicati ufficialmente in nessuno dei paesi del Mediterraneo. Le barche di legno e le famiglie di pescatori sono parte integrante del paesaggio, della cultura e della storia di questa parte del mondo. Con le giuste regolamentazioni, la pesca tradizionale può essere sostenibile e può diventare la soluzione per un mare in cui i pesci sono sempre meno. 

La politica europea, standardizzata e incentrata sulla pesca industriale, insieme alle politiche nazionali che vanno nella stessa direzione, sta portando alla distruzione del settore.

Questo articolo è stato realizzato con il supporto di Journalismfund Europe e pubblicato nell'ambito del progetto collaborativo Come Together

Nota

1) Il regolamento è in vigore dal 1991, ma nel 1994 è stata aggiunta l'opzione di cessazione senza distruzione. Il regolamento è stato aggiornato a scadenze regolari, ma l'ultima versione è il regolamento 2021/1139 del 7 luglio 2021. Il regolamento specifico si trova all'articolo 20.

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