"Sicurezza o libertà? Questo antico dilemma [...] diviene più stringente quando terrorismo e criminalità si fanno più aggressivi." E la questione è tornata a occupare la scena dopo il fallito attentato di natale a Detroit e la conseguente proposta di introdurre negli aeroporti i body scanner, strumenti che consentirebbero di individuare gli attentatori che sfuggono ai metal detector ma che suscitano sconcerto perché mettono praticamente a nudo i passeggeri che vi si sottopongono. Su Repubblica, Stefano Rodotà esprime scetticismo su questi strumenti. Non solo per i problemi di etica, ma anche perché "ammesso che riescano a rendere sicuri i voli, non per questo i terroristi abbandonerebbero i loro progetti. I casi della Spagna e della Gran Bretagna mettono in evidenza come il terrorismo ricorra a modalità diverse, si adatti al mutare delle situazioni. La lotta al terrorismo, dunque, richiede prima di tutto politiche adeguate, fondate soprattutto su conoscenza e prevenzione." Meglio investire sull'intelligence, insomma, dato che proprio nel caso di Detroit i servizi segreti americani erano in possesso di informazioni che avrebbero consentito di fermare l'attentatore, ma che sono passate inosservate per mancanza di coordinamento. Un approccio certamente più condivisibile che non "la lenta erosione di libertà e diritti, la mitridatizzazione della società di fronte a misure illiberali. [...] La strategia di Bush contro il terrorismo ha avuto come effetto non una maggior protezione dei cittadini, ma l´incremento della paura, sfruttata per aumentare controlli sociali e militarizzazione, per guadagnare consenso. È una diagnosi che può valere per tutti."
OPINIONE
Abdulmutallab batte l'occidente
“Dall’oggi al domani, Umar Farouk Abdulmutallab si è trasformato da perdente assoluto – uno studente senza amici che teneva un blog nel quale scriveva di masturbazione e della sua squadra del cuore, il Liverpool – in una minaccia per la civiltà”. Così scrive Brendan O’Neill, direttore di Spiked, riferendosi a “Pantsman” (Uomo mutanda), il viziato studente dell’University College di Londra che non è riuscito a far esplodere una bomba nascosta nella sua biancheria intima il giorno di natale a bordo di un volo Amsterdam-Detroit.
All’azione di un solitario fantasista del jihad, “sia Londra sia Washington hanno reagito con durezza e in modo quasi ridicolo, inasprendo ancor più la sicurezza, erodendo le libertà individuali, intensificando i controlli negli aeroporti”. Simili provvedimenti, che non tengono in alcun conto la privacy della persona, dimostrano che “a dare forza al terrorismo non sono i principi dei presunti terroristi, né il loro potere di infliggere danni alle persone (reale, ma estremamente limitato): è piuttosto la fragilità della società contemporanea, quella sensazione di vulnerabilità fin troppo strombazzata, quel senso di profonda insicurezza delle comunità occidentali”. In conclusione, prosegue O’Neil, “guardare sotto i vestiti di tutti i passeggeri in transito in un aeroporto non può sopperire a una discreta identificazione dei soggetti veramente pericolosi sulla base del lavoro dell'intelligence ”.
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