Intervista Lavoro e alienazione

In Polonia la delocalizzazione e l’uberizzazione del lavoro dilagano

La delocalizzazione del lavoro e il lento smantellamento dei diritti dei lavoratori hanno trasformato alcuni impieghi in una successione di mansioni ingrate, estenuanti e poco rispettate dalla gerarchia e dallo Stato. La Polonia è un terreno fertile per le grandi imprese straniere che cercano di risparmiare sul costo della manodopera e sui diritti sociali. Krytyka Polityczna ha incontrato Katarzyna Duda, autrice di un saggio sul lavoro nelle grandi imprese internazionali in Polonia.

Pubblicato il 5 Luglio 2023 alle 14:15
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Katarzyna Duda, laureata in legge e scienze politiche all’università di Opole, è autrice di Kiedyś tu było życie, teraz jest tylko bieda (“Qui dove un tempo c’era vita, ora regna solo la povertà”, 2019, non tradotto in italiano), testo nel quale si occupa del fallimento delle  trasformazioni socio economiche in Polonia. Duda inoltre lavora per il servizio delle politiche sociali dell’Intesa sindacale generale polacca (Ogólnopolskie Porozumienie Związków Zawodowych, OPZZ). Il suo libro KORPO. Jak się pracuje w zagranicznych korporacjach w Polsce (“Corpo. Le condizioni lavorative in Polonia nelle grandi imprese straniere) è stato pubblicato nel 2022 e non ancora tradotto

Emilia Konwerska: Quando ho iniziato il suo libro, pensavo che il tema trattato fosse completamente diverso. La società “corporate” che avevo in mente era Mordor [quartiere d’affari di Varsavia che ha preso il nome dall’opera di J. R. R. Tolkien, ndr], degli abiti eleganti, di lavori certo faticosi, ma ben pagati e nel centro città. Invece… Conosciamo Bullshit Jobs  di David Graeber e scopriamo una storia ben  diversa. Nel suo libro tratta di dipendenti Amazon, di fattorini… perché ci parla di loro? 

Katarzyna Duda: Dividerei i miei interlocutori, tutti lavoratori, in due gruppi. Del primo fanno parte coloro di cui parlo nel mio primo libro, persone di almeno 40, 50 e anche 60 anni o più, che provengono da piccoli centri, non hanno opportunità di lavoro nella loro regione e hanno uno stipendio. Lavorare in una di queste aziende vuol dire guadagnare circa il salario minimo: riescono ad arrivare a tremila zloty [circa 677 euro, 67 in più del salario minimo, ndr] ed è tutto; sono persone che fanno spesso due ore di viaggio solo per andare a lavoro. Questo ci dice che non hanno altre opportunità. 

Non hanno scelta?

Certo che sì, la scelta ce l’hanno: ed è quella di non lavorare. Il secondo gruppo è invece composto da studenti o giovani laureati, cioè persone che pensano si tratti solo di un impiego temporaneo. Devono pagarsi gli studi, acquisire esperienza professionale. Sono persone che occupano posizioni molto basse, come per esempio quella di operatore di call center. Queste persone pensano che presto la loro vita cambierà, ma che nel frattempo bisogna continuare a sgobbare. Si tratta spesso di un’illusione, in realtà restano molto più a lungo, per un prestito o di altri vincoli. Quando devono scegliere la propria sede legale, queste imprese cercano spesso una città studentesca in cui ci sono persone che parlano lingue straniere: in questo modo possono lavorare con  mezza Europa, ma pagare in zloty e non in euro o dollari.

Quasi tutti i miei amici sono dipendenti di società di questo tipo; persone di età diverse, con formazioni diverse… Ho l’impressione che i più grandi datori di lavoro di questo paese siano proprio le grandi società. Quante  persone in Polonia lavorano per queste imprese? 

Non abbiamo questa informazione, ma rischierebbe di essere imprecisa. Amazon, H&M… tutte queste aziende si rivolgono ad agenzie interinali. Sono i loro dipendenti e allo stesso tempo non lo sono. FedEx, di cui parlo nel mio libro, lavora con i fattorini: non sono dipendenti, ma "associati".

Le imprese hanno eliminato la figura del dipendente e con lui i diritti associati?  

Queste società spingono i lavoratori ad essere piccoli imprenditori (lavoratori a partita iva, ndr) per sbarazzarsi delle responsabilità delle condizioni di lavoro e impiego: in questo modo si proteggono anche dai sindacati. Le aziende hanno stabilito nuove norme, servendosi di contratti business-to-business, una transazione tra due entità economiche. Questo trend lo si deve alle grandi società.


Non sono i polacchi o gli ucraini a rubare il lavoro ad altri, sono le grandi aziende a rubare il lavoro alla gente. Non ne parliamo, usiamo invece concetti astratti, come l'economia mondiale, la globalizzazione, i processi naturali…


Come si esprime questa relazione? 

Questa collaborazione non si esplicita come un rapporto di parità tra le parti, ma si basa sulla supremazia dell’azienda che rende i freelance dipendenti gli uni dagli altri e impone le sue condizioni di lavoro. I dipendenti sono spinti all’autoimprenditorialità: ogni corriere è un’impresa individuale. Nel mio libro descrivo le condizioni lavorative dei fattorini che lavorano per una società americana con sede in Polonia: essere lavoratori autonomi significa che, in caso di malattia, è lo stesso corriere a organizzare la propria sostituzione, pena il pagamento di una sanzione per assenza dal lavoro o ancora, in caso di rottura del veicolo, sta a lui aggiustarlo come è sempre lui a pagarsi i contributi. 

Invece, in un’altra società finanziaria, sono i manager a dover assumere e formare i consulenti. Questi ultimi concedono prestiti ai clienti e recuperano regolarmente degli interessi. Un manager viene assunto in base alla quantità di tempo richiesto per ogni compito. Quando un consulente (o addirittura due, il peggior incubo di un manager) si dimette, le responsabilità ricadono sul manager che, oltre al proprio lavoro, deve anche recarsi a casa dei clienti di cui era responsabile il consulente.

Il caso FedEX, già menzionato precedentemente, è molto interessante. FedEx collabora con fattorini che assumono a loro volta altri fattorini e in questo modo la società esternalizza ogni tipo di responsabilità e in caso di malattia, ricade tutto sul fattorino. 

Tutti i lavori da lei descritti hanno un punto in comune: è sempre peggio. Le aziende tirano sempre più la cinghia. Ad esempio, in passato era possibile lavorare seduti nelle fabbriche, ma un responsabile di un’azienda si è reso conto di come fosse più redditizio lavorare da in piedi. O ancora, i dipendenti Amazon potevano portarsi il pranzo al lavoro, oggi nei magazzini è vietato. Come andrà a finire? 


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Con la morte di un dipendente, come nel caso di Amazon. Mi riferisco a Dariusz Dziamski, 49 anni e deceduto nel magazzino di Sadów a settembre 2021. Dal 2019 lavorava come water spider occupandosi quindi del recupero e trasporto delle casse piene di prodotti. Questa mansione viene chiamata tra i dipendenti “l’autostrada”, poiché il tragitto da fare è lungo e lo water spider è sempre in movimento.  

Nel caso di Dziamski, molta inosservanza unita a diverse circostanze hanno portato alla sua morte. Innanzitutto, la colpa è stata dell’ispettorato del lavoro: delle nove e-mail inviate dalla moglie, nessuna ha ricevuto risposta e non sono stati presi provvedimenti. Inoltre, il suo capo, che riveste l’incarico più basso nella gerarchia, era stato trasferito in un altro reparto in quanto i dipendenti si erano lamentati di lui. Tutti erano a conoscenza del problema.

Se prima le cose andavano meglio, è grazie ai resti del Comunismo: esistevano leggi che garantivano il riposo, che poi sono state adattate alle condizioni di lavoro nei sistemi capitalisti.  Negli anni Novanta, all’inizio di questa trasformazione, esistevano ancora delle mense nelle aziende in cui la gente discuteva, ma è stato solo un periodo di transizione tra il comunismo e il capitalismo. Dopo 15-20 anni le mense sono diventate sempre più rare e oggi la situazione è peggiorata poiché lo scopo consiste nel fare “di più e spendere sempre meno”.    

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