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Dietro il porno, la violenza sessuale? 

L'industria dei film per adulti è oggetto di cause legali che hanno permesso di parlare dello sfruttamento delle lavoratrici del settore. La legislazione esistente tende a concentrarsi sugli utenti, lasciando indietro le donne che appaiono nei contenuti pornografici. Due casi giudiziari francesi che hanno riacceso il dibattito.

Pubblicato il 20 Maggio 2025

Gli scandali “Jacquie et Michel” e “French Bukkake”, che prendono il nome dai siti pornografici coinvolti, da due anni fanno ormai dibattere la stampa e il settore dell’industria della pornografia in Francia. 

A seguito di numerose testimonianze, sono state avviate due indagini: 42 donne si sono costituite parte civile e 16 uomini (tra produttori e attori) sono indagati per stupro aggravato, complicità in stupro, sfruttamento aggravato della prostituzione, traffico di esseri umani ai fini di stupro e diffusione di immagini contenenti violenze sessuali.

Cosa è accaduto? Secondo l’accusa, le donne coinvolte nei video oggetto dei procedimenti giudiziari sarebbero state contattate da un collaboratore della piattaforma che si spacciava per una donna. Dopo aver instaurato rapporti amichevoli online con le potenziali “attrici” (scelte in particolare per la loro vulnerabilità economica e psicologica), l’uomo proponeva loro un primo contratto per prestazioni sessuali a pagamento.

Le querelanti parlano di “stupro di adescamento”: un’esperienza iniziale traumatica pensata per abbattere ogni resistenza, rendendo le vittime più inclini ad accettare successive proposte per partecipare a riprese pornografiche. L’obiettivo è indurre le vittime a pensare di aver già affrontato “il peggio”, così da considerare le future riprese come meno violente.

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Nel corso delle riprese, le vittime sarebbero state intimidite e umiliate verbalmente sia prima, che durante e dopo gli abusi fisici subiti. Alcune raccontano di essere state drogate; altre di essere state costrette a bere prima di esprimere il proprio consenso verbale di fronte alla telecamera. Nessuna di loro sarebbe stata informata in anticipo sugli atti sessuali previsti, sulle posizioni da assumere o sul numero di partner coinvolti nella scena.

Molte donne dichiarano di aver manifestato chiaramente il proprio dissenso di fronte a determinate richieste, ma aggiungono di essere state ignorate o punite con violenza.

I video sono poi stati poi pubblicati su siti pornografici gratuiti e accessibili al grande pubblico, e non su piattaforme canadesi a pagamento come era stato loro assicurato. 

La conseguenza? In molti casi, le protagoniste sono state riconosciute nella vita privata o in ambito professionale.

Parte delle loro testimonianze è stata raccolta da un collettivo di autrici e pubblicata nel volume Sous nos regards. Récits de la violence pornographique (“Sotto i nostri occhi. Racconti della violenza pornografica”, Seuil editore). “Sono donne che tutti guardano, ma nessuno vuole davvero vedere, né tantomeno ascoltare”, si legge nella prefazione del libro.

La pornografia: un settore da abolire?

"Oggi la pornografia è un’industria multinazionale che genera enormi profitti, stimati in miliardi di dollari l’anno a livello globale. In Francia circola principalmente attraverso quattro grandi piattaforme: Pornhub, xHamster, XVideos e XNXX. [...] Secondo i dati – in Francia, 35,63 milioni di persone hanno guardato almeno un video porno in streaming su queste piattaforme in un solo anno; nello stesso periodo; a livello globale, sono stati visti 136 miliardi di video – non è esagerato affermare che il porno ha invaso le nostre vite, e che quasi tutti lo guardano", scrive la storica e femminista Christelle Taraud nella prefazione di Sous nos regards.

Nel 2024, la Francia è il primo paese europeo per numero di utenti registrati a PornHub (il sito porno più popolare al mondo), seconda in classifica dopo gli Stati Uniti. Seguono il Regno Unito, la Germania e l’Italia, rispettivamente al quinto, sesto e ottavo posto: gli unici altri paesi europei presenti nella top 10.

Secondo uno studio del 2023, pubblicato dall’Autorità nazionale per i media e le comunicazioni ungherese, circa 620mila ungheresi visitano ogni giorno uno dei dieci siti pornografici più popolari del paese. In una settimana, l’audience raggiunge circa 1,7 milioni di utenti in Ungheria.

Dalla fine degli anni Novanta, si è affermata la cosiddetta pornografia “gonzo” (a basso costo e priva di sceneggiatura), orientata progressivamente verso contenuti sempre più “hard”. Il fenomeno si è intensificato con il crollo del modello economico tradizionale, basato su case di produzione che finanziavano la vendita di Dvd. Con l’avvento di internet, prende il sopravvento la diffusione di video amatoriali o semi-amatoriali, accessibili gratuitamente online, determinando un drastico calo del mercato dei contenuti a pagamento.

Molte case di produzione sono state costrette a chiudere o sono state acquisite dalle grandi piattaforme, i cosiddetti “tube sites”, come PornHub, che distribuiscono in streaming enormi quantità di video provenienti da fonti diverse. 

Le derive di questo sistema sono emerse chiaramente già nel 2023, quando PornHub è stata citata in giudizio per la diffusione di video con attrici molto giovani coinvolte in dinamiche simili a quelle denunciate nei casi francesi.  

Sia negli Stati Uniti che in Europa manca un sistema efficace di monitoraggio delle pratiche adottate dai produttori, i cui contenuti vengono redistribuiti da queste piattaforme senza i controlli adeguati.


“Sono donne che tutti guardano, ma nessuno vuole davvero vedere, né tantomeno ascoltare” – Christelle Tar, storica e femminista


Uno studio pubblicato nel 2010 sulla rivista Violence Against Women ha rivelato che il 90 per cento dei 50 video pornografici più visti al mondo conteneva una o più forme di violenza nei confronti delle attrici.

“La pornografia più misogina, più eteronormativa e più razzista è a oggi quella che domina il grosso del mercato francese, europeo e globale. […] Ben lontana dalla ‘rivoluzione sessuale’ che pretende di promuovere; la produzione pornografica attuale è segnata da un’intensificazione della violenza contro le donne”, si legge nella prefazione di Sous nos regards.

Pornografia: un vuoto normativo in Europa

Il quadro legislativo che regola l’industria pornografica in Europa resta ancora limitato. Nel dicembre 2023, Bruxelles ha imposto norme più severe per tre piattaforme (PornHub, Stripchat e XVideos, ciascuna con oltre più di 40 milioni di utenti mensili) nell’ambito della nuova normativa europea sui servizi digitali (DSA).

La maggior parte delle leggi in vigore si concentra sull’accesso dei minori ai contenuti e sulla prevenzione della produzione e diffusione di video con soggetti minorenni.

La Spagna, ad esempio, ha annunciato l’introduzione di un sistema di verifica dell’età per accedere ai siti pornografici. In Francia, una legge entrata in vigore l’11 aprile 2025 obbliga invece i siti stessi a implementare un sistema anonimo di verifica dell’età.

Anche l’Italia ha adottato misure simili: secondo quanto riportato da The Independent dal 2019 sono in vigore leggi contro la diffusione di immagini sessualmente esplicite di minori e contro  la pubblicazione non consensuale di contenuti intimi, il cosiddetto “revenge porn”. Una legge analoga è in vigore in Francia dal 2016.

Tuttavia, non esiste ancora nessuna normativa europea che disciplini esplicitamente le condizioni di lavoro e tuteli i diritti delle attrici e degli attori porno. 

In alcuni paesi esistono sindacati del lavoro sessuale, come OTRAS in Spagna, SZEXE in Ungheria e STRASS in Francia, che si battono per i diritti delle persone impiegate nel settore, incluse le lavoratrici e lavoratori del porno. Tuttavia, non esiste un sindacato specifico per le produzioni audiovisive pornografiche.

Un porno etico è possibile?

Non sarebbe corretto generalizzare e condannare l’intera industria pornografica. Erika Lust, produttrice di film erotici e attivista, è tra le principali figure di spicco nella promozione di una pornografia cosiddetta “etica”, lontana da rappresentazioni razziste e misogine.

Le sue produzioni propongono scenari alternativi e inclusivi, che si fondano su un’etica del lavoro che mette al centro consenso, piacere e salute sessuale. La sua casa di produzione, Lust Films, fa firmare una carta dei valori a ogni nuovo attore o attrice e membro del team.

“I nostri set sono concepiti per essere collaborativi e incentrati sul benessere: ogni artista merita un ambiente rispettoso e sicuro, come in qualsiasi altro lavoro. Questo include contratti trasparenti, compensi equi, test regolari per le malattie sessualmente trasmissibili, confronto sui limiti personali e rifiuto categorico di modifiche dell’ultimo minuto che potrebbero compromettere il consenso. […] Il porno etico inizia prima che le telecamere si accendano. Risiede nel modo in cui trattiamo le persone, non solo in ciò che mostriamo sullo schermo”, ha dichiarato a Voxeurop.

Lust Films non è l’unica casa produttrice ad aver adottato standard più alti a tutela di chi lavora nel settore.

Sull’onda dei recenti scandali, anche attori famosi dell’industria francese hanno tentato di ripulire la propria immagine. Il colosso Dorcel, ad esempio, ha pubblicato una “carta deontologica” in cui si richiamano principi fondamentali come il consenso informato, il rispetto del diritto all’immagine e la trasparenza contrattuale.

Ma tutto questo è davvero sufficiente a garantire sicurezza e dignità a tutti i professionisti del settore?

Nel caso Jacquie et Michel, la difesa insiste sulla distinzione tra distribuzione e produzione: il sito si presenta come piattaforma di diffusione, negando qualsiasi responsabilità diretta sulle modalità di realizzazione delle riprese.

Un reato di apologia dello stupro?

Già nel 1979, la scrittrice e attivista femminista statunitense Andrea Dworkin proponeva di criminalizzare l’intera pornografia. “Il potere degli uomini nella pornografia è un potere imperiale: quello di sovrani crudeli e arroganti che continuano a prendere e conquistare per il piacere del potere e il potere del piacere”, scriveva nel suo libro Pornography: Men Possessing Women (“Pornografia: Gli uomini possiedono le donne”).

In Francia e in Spagna, esiste dal 2001 il reato di apologia del terrorismo. Nel Regno Unito, il Terrosim Act del 2006 ha introdotto delle pene per la glorificazione di atti terroristici.  Ma non esiste ancora un reato specifico di apologia dello stupro. La sua introduzione potrebbe costituire uno strumento efficace per contrastare alcune delle derive più gravi dell’industria pornografica contemporanea.

Questo articolo è stato realizzato nell'ambito del progetto PULSE, un'iniziativa europea a sostegno delle collaborazioni giornalistiche transfrontaliere. Silvia Martelli (Il Sole 24 Ore, Italia), Lola García-Ajofrín (El Confidencial, Spagna) e György Folk (EUrologus/HVG, Ungheria) hanno contribuito alla realizzazione di questo articolo.

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