In tutta Europa, i governi stanno affrontando una questione che non è più astratta o teorica: gli spazi digitali in cui i bambini trascorrono ore ogni giorno li espongono ad alti livelli di rischio. Il dibattito non verte più sul fatto che i minori subiscano danni online, ma su quanto gli stati, l'Unione europea e le piattaforme tecnologiche debbano spingersi per affrontare questi problemi, che vanno dal design delle piattaforme (che crea dipendenza) al cyberbullismo, all'accesso alla pornografia e all'influenza estremista.
La risposta del continente assomiglia a un mosaico di esperimenti. Proteggere i minori online sta diventando una delle battaglie normative più sensibili dal punto di vista politico per l'Europa.
Una crisi condivisa, diversi fattori scatenanti
Il dibattito è scoppiato in diversi paesi. Nel giugno 2025, l'Austria si è collettivamente scossa quando un ex studente di 21 anni ha ucciso dieci persone in una scuola di Graz, prima di togliersi la vita. Gli investigatori hanno scoperto che aveva fino a 30 profili sui social media e che si stava allontanando sempre più dal mondo reale per immergersi in quello virtuale. In risposta il vicecancelliere Andreas Babler ha chiesto il divieto dei social media per i minori di 15 anni, sostenendo che gli algoritmi delle piattaforme erano diventati troppo pericolosi per essere lasciati senza controllo.
La Grecia ha dovuto affrontare due casi agghiaccianti nel settembre 2025: un tredicenne che ha utilizzato strumenti di intelligenza artificiale per generare e condividere materiale pedopornografico, e un venticinquenne che ha estorto immagini esplicite a ragazze minorenni tramite i social media. In Francia, una combinazione di crescente “dipendenza dallo schermo”, lo scandalo dei “premi” di TikTok Lite e le crescenti preoccupazioni per l'esposizione dei bambini alla violenza hanno portato la questione in primo piano nell'agenda politica.
In Bulgaria, l'aumento del bullismo, l'uso onnipresente degli smartphone nelle scuole e il picco dei casi di sfruttamento hanno alimentato le richieste di intervento.
La situazione in tutta Europa è sorprendentemente simile: i bambini trascorrono più tempo online in età sempre più giovane e con meno protezione, mentre i danni che subiscono sono in aumento.
La tentazione del divieto
In risposta, un numero crescente di governi europei ha preso in considerazione o adottato l'idea di vietare l'accesso ai social media ai minori. Oltre al cancelliere austriaco, anche il primo ministro greco e il ministro dell'istruzione bulgaro hanno discusso pubblicamente la possibilità di limitare l'accesso ai minori di 15 anni, mentre una commissione del Parlamento europeo ha suggerito di introdurre in tutto il continente una soglia di “maggiore età digitale” fissata a 16 anni.
L'istinto di vietare incontra immediatamente una resistenza altrettanto forte in tutta Europa da parte di esperti di diritti digitali, ong per la sicurezza dei minori, autorità di regolamentazione e psicologi. In Austria, esperti come Moussa Al-Hassan Diaw dell'associazione per la prevenzione dell'estremismo Derad e Verena Fabris (Centro di consulenza sull'estremismo) hanno sostenuto che, sebbene un divieto possa inviare un segnale politico, potrebbe anche rendere le piattaforme ancora più attraenti per gli adolescenti.
I sostenitori dei diritti digitali come Thomas Lohninger dell'ong Epicenter Works hanno insistito sul fatto che i minori hanno il diritto di partecipare al mondo digitale: “Internet non è solo TikTok e Instagram”, ha dichiarato a Der Standard. Per lui, la restrizione causerebbe “danni collaterali inaccettabili”.
In Bulgaria, l'esperta di sicurezza dei minori Antoaneta Vasileva ha descritto i divieti assoluti come “un atto simbolico” che crea un falso senso di sicurezza, poiché i bambini possono aggirarli utilizzando profili falsi o i dispositivi dei genitori. Vasileva sottolinea che il rischio principale non è semplicemente l'accesso a Internet, ma la mancanza di formazione, maturità emotiva e relazioni che insegnerebbero ai bambini come navigare in modo sicuro negli spazi online.
Piuttosto che un modello europeo unificato, ciò che emerge è una visione condivisa: l'infanzia è ormai inseparabile dal mondo digitale e lasciare questo mondo senza regolamentazione non è più un'opzione praticabile.
Ciò costringe l'Europa ad affrontare una scelta difficile: affidarsi a divieti restrittivi, investire in strategie basate sull'istruzione, riprogettare le piattaforme per garantire la sicurezza, ampliare gli strumenti di sorveglianza o, più realisticamente, tentare un fragile equilibrio tra tutti questi approcci.
In questo panorama frammentato, un principio emerge chiaramente: la protezione non può andare a discapito della capacità dei bambini di navigare nel proprio ambiente digitale. Come ci ricorda Antoaneta Vasileva, “dobbiamo sviluppare le capacità dei bambini di riconoscere i rischi e affrontare le sfide online in modo maturo e ponderato, capacità che li aiuteranno a diventare resilienti, pensatori critici e partecipanti responsabili nel mondo digitale”.
🤝 Questo articolo è stato realizzato nell'ambito del progetto europeo PULSE. Hanno contribuito alla sua realizzazione György Folk (EUrologus/HVG), Manuel Ángel Méndez e M. Mcloughlin (El Confidencial), Giota Tessi (Efsyn) e Desislava Koleva (Mediapool).
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