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Quando la retorica anti-immigrazione colpisce anche i rifugiati ucraini

In Romania, Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca i partiti di estrema destra e populisti usano i rifugiati ucraini come argomento di campagna elettorale e politica in chiave xenofoba; lo specchio di quello che avviene, a Ovest del continente, con l’immigrazione "extraeuropea".

Pubblicato il 17 Ottobre 2025

Dall'inizio dell'invasione su larga scala russa, a febbraio 2022, oltre sei milioni di ucraini hanno lasciato il paese e si sono stabiliti altrove in Europa. A  circa 4,3 milioni è stata concessa la protezione temporanea, che consente di risiedere e lavorare liberamente negli stati membri dell’Unione europea.

Secondo le statistiche dell'Unhcr, la Polonia è lo stato membro dell'Unione europea che conta il maggior numero di rifugiati ucraini (asilo, protezione temporanea o altro sistema di protezione) con  1.903.100 persone al gennaio 2025. Seguono la Germania (1.168.535 rifugiati ucraini), la Repubblica Ceca (636.595), la Spagna (231.755) e l'Italia (207.150).

L’accoglienza per gli ucraini è stata relativamente migliore nei paesi dell’Ue rispetto a quella riservata ad altri rifugiati di origini extraeuropea.

Ma tutto il mondo è paese. A oltre tre anni dall'inizio dell’invasione su larga scala, in alcuni paesi la retorica anti-ucraina occupa uno spazio crescente nel dibattito pubblico e politico in alcuni paesi d’Europa centrale. Grazie ai nostri partner del progetto Pulse abbiamo raccolto informazioni sulla situazione in Polonia, Repubblica Ceca, Romania e Ungheria. 

“Prima la Polonia” 

Il 25 agosto scorso il presidente polacco Karol Nawrocki ha posto un veto all'emendamento alla legge sull'assistenza ai cittadini ucraini che proponeva, tra le altre cose, di estendere la protezione di questi ultimi fino al 2026. Nawrocki ha spiegato che si aspettava che il governo includesse nella legge una disposizione che stabilisse che gli assegni familiari sarebbero stati versati solo agli ucraini che lavorano e pagano le tasse in Polonia, spiega Michał Kokot, del giornale indipendente Gazeta Wyborcza. “‘Prima la Polonia, prima i polacchi’ non è solo uno slogan elettorale”, ha ripetuto Nawrocki, ribadendo il suo slogan di campagna. 

Cosa dicono i dati? Secondo un rapporto Deloitte per la Banca Nazionale Polacca, spiega Gazeta Wyborcza il 78 per cento dei cittadini ucraini residenti in Polonia ha un lavoro. Gli ucraini hanno contribuito con 15 miliardi di złoty (circa 350 milioni di euro) al bilancio polacco e a un aumento del 2,7 per cento del pil. 


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Nel paese la retorica dei politici cambia insieme all'opinione pubblica, continua il giornalista, spiegando che la simpatia verso gli ucraini sta diminuendo: nel 2023 il 64 per cento dei polacchi li vedeva in maniera positiva, all'inizio del 2025 la percentuale era scesa al 53 per cento. Inoltre un recente sondaggio ha rivelato che oltre il 19 per cento dei polacchi è favorevole a privare gli ucraini del diritto agli assegni familiari.

Gli ucraini “trattati meglio” dei cechi

Nella Repubblica Ceca la retorica anti-ucraina si gioca tra il partito di Andrej Babiš, Azione dei cittadini insoddisfatti (Ano 2011, uscito vincitore dalle elezioni del 3 e 4 ottobre), in competizione – per quanto riguarda gli slogan anti-ucraini – con il partito di estrema destra Libertà e Democrazia diretta (Spd) di Tomio Okamura. Nel giugno scorso Okamura ha criticato la proposta di concedere l'indennità di maternità alle donne ucraine che vivono nel paese. Pochi giorni dopo, Babiš ha ripreso la stessa retorica. Una terza forza di opposizione che sfrutta la propaganda anti-ucraina è la coalizione filo-russa Stačilo!. Stačilo! riunisce parte della sinistra legata al Partito Comunista e a vari movimenti di protesta, spesso con un orientamento ultranazionalista. La formazione sostiene inoltre che la Repubblica Ceca dovrebbe promuovere la “pace”. 

Ci sono due miti diffusi nella società ceca dai populisti e dall'estrema destra: uno è che i rifugiati ucraini sono trattati meglio dei cittadini cechi; l'altro è che gli ucraini siano abbastanza ricchi da non aver bisogno di aiuto, o che provengono da regioni dove non c'è guerra.

Guardando ai fatti, spiega Petr Jedlicka di Deník Referendum, nella Repubblica Ceca sono registrati 373mila rifugiati ucraini, di cui solo 89mila ricevono sussidi; di questi, la metà sono bambini, un terzo sono pensionati e il resto sono persone con disabilità e donne in congedo di maternità. 

La metà dei rifugiati ha un lavoro e non riceve alcun sussidio. I dati, inoltre, mostrano che l'economia ceca sta traendo notevoli benefici dai rifugiati ucraini. Nel primo trimestre del 2025, la spesa totale per i rifugiati è stata pari a 155 milioni di euro, mentre nello stesso periodo hanno versato 286 milioni di euro in tasse e imposte

Il referendum di Orbán sull’adesione dell’Ucraina all’Ue

In Ungheria la questione, oggi ancora lontana, dell'adesione dell'Ucraina all'Ue viene usata in chiave politica, spiega Kata Moravecz di Hvg

Il governo di Viktor Orbán ha infatti svolto un sondaggio nazionale sulla questione nel giugno scorso. Inviata a tutte le famiglie, il questionario cominciava affermando che l'adesione dell'Ucraina sarebbe stata un duro colpo economico per l'Ungheria e avrebbe contribuito a peggiorare il tenore di vita dei suoi cittadini, sottolineando, inoltre, che la criminalità sarebbe aumentata nel paese. Il governo sostiene di aver ricevuto due milioni di questionari compilati, in cui il 95 per cento degli ungheresi ha espresso il proprio dissenso all'adesione dell'Ucraina all'Ue. 

Péter Magyar, leader del partito di opposizione Tisza, sostiene, citando fonti del servizio postale ungherese, che in realtà solo mezzo milione di questionari compilati sono stati restituiti al governo. Né lui né la Fidesz, il partito al potere, sono in grado di fornire prove a sostegno di queste affermazioni.

Negli ultimi anni, il governo di Viktor Orbán ha fatto tutto il possibile per scoraggiare le persone dal chiedere asilo in Ungheria. Secondo l'Unicef, attualmente nel paese ci sono 61mila ucraini, 47mila dei quali hanno solo una protezione temporanea.

Aumento del sentimento anti-ucraino in Romania

In Romania, solo il 21 per cento degli intervistati in un sondaggio dell’istituto Inscop Research percepiva gli immigrati ucraini come una grave minaccia, racconta Nicolae Cotruț di HotNews. Eppure, aggiunge, è in corso un cambiamento nell'atteggiamento dell'opinione pubblica nei loro confronti.

Nel settembre 2023 il 64 per cento dei romeni riteneva che la Russia dovesse ritirare il proprio esercito e restituire i territori occupati all'Ucraina. Questa percentuale è oggi al 56 per cento; in parallelo chi pensa che l’Ucraina debba cedere i territori occupati dalla Russia è oggi al 33 per cento, mentre due anni fa era al 24. 

“Se questa tendenza continuerà, queste percentuali potrebbero invertirsi, anche se non è certo. Tuttavia, la propaganda russa rimane estremamente aggressiva e coloro che la sostengono, indipendentemente dalla loro appartenenza politica, sono molto espliciti”, afferma Remus Stefureac, fondatore del rinomato istituto Inscop, che ha condotto lo studio.

Secondo Stefureac, quel 21 per cento degli intervistati che considera l'emigrazione ucraina una grave minaccia sta diventando il bersaglio perfetto per i partiti estremisti e potrebbe far pendere la bilancia elettorale dalla loro parte. 

Stessa xenofobia, target diverso

Il caso della retorica anti-ucraina è interessante perché richiama, in maniera speculare, la retorica contro l’immigrazione in Europa occidentale: i discorsi sono simili, il target è diverso. 

Coma mai? “La ragione di questa differenza è il diverso panorama migratorio tra Est e Ovest. L'Europa orientale non ha avuto ondate migratorie significative provenienti da paesi non europei, il che spiega in parte la reazione virulenta di questi paesi contro qualsiasi iniziativa di accoglienza, in particolare nel contesto del sistema di Dublino dopo il 2015, dove si trattava di una sorta di xenofobia ‘a distanza’”, spiega Denys Gorbach, sociologo ucraino e specialista di economia politica e movimenti sociali. 

Solo di recente i paesi dell’Europa dell’Est hanno “ottenuto i propri migranti: gli ucraini”, prosegue Gorbach: “Già prima dell'invasione del 2022, avevano una popolazione considerevole di migranti economici provenienti dall'Ucraina, ora si sono aggiunte centinaia di migliaia di rifugiati. Questo mette in moto gli stessi meccanismi di razzializzazione e nativismo che sono all'opera in Occidente: alla fine, abbiamo le ‘nostre’ minoranze da odiare”.

Come mai questa differenza con tra Est e Ovest? Perché, aggiunge, Gorbach, questo ruolo nell’Europa occidentale è occupato da altre minoranze “straniere”: turchi in Germania, magrebini e neri in Francia, marocchini e turchi in Belgio, per esempio. 

Inoltre, per esempio in Francia, gli esiliati ucraini sono circa 70mila, un numero marginale rispetto alla popolazione del paese – oltre 68 milioni di abitanti. “Oltre ad essere meno numerosi, i rifugiati ucraini sono in maggioranza donne e in Europa occidentale; sono meno visibili e possiedono in media più capitale culturale ed economico rispetto a chi si è trasferito nell'Europa dell'Est”. 

Altra differenza: la propaganda xenofoba in Europa occidentale “dipinge l'immagine di un rifugiato come un uomo dalla pelle scura, solitario e violento, gli ucraini sono considerati bianchi ma, soprattutto sono per lo più donne, madri single, a volte con genitori anziani a carico. In altre parole, è più difficile dipingerle come nemici pubblici finché ci sono bersagli più facili”, spiega il sociologo. 

🤝 Questo articolo è stato realizzato nell'ambito del progetto PULSE, un'iniziativa europea a sostegno della collaborazione giornalistica internazionale. Hanno contribuito alla sua realizzazione  Nicolae Cotruț (HotNews.ro), Kata Moravecz (EUrologus/HVG) e Petr Jedlicka (Denik Referendum)

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