"Sono vent'anni che la Nato corteggia il Cremlino, con risultati deludenti", scrive l'Economist in un editoriale intitolato "Rethink the reset":
L'alleanza ha dichiarato più volte di non considerare la Russia una minaccia e ha rinunciato a piazzare armi nucleari nei paesi membri che erano un tempo parte dell'impero sovietico. Tanta era l'attenzione della Nato a non offendere la Russia che per i primi anni dopo l'ingresso dei nuovi arrivati nel 2004 non ha preparato piani per difenderli.
Il settimanale non è mai stato immune all'ostilità per la Russia che infiamma il Regno Unito dal XIX secolo, ma stavolta si allontana un po' troppo dalla realtà. Negli ultimi vent'anni la Nato ha più volte testato le reali intenzioni della Russia sulla sua sfera d'influenza, come nel caso della guerra in Ossezia, quando non impedì (se non velatamente incoraggiò) la sfida della Georgia di Sakaashvili a Mosca, salvo poi abbandonarla al suo destino.
Inoltre è difficile credere davvero che lo scudo antimissile voluto da Bush e resuscitato da Obama sia diretto solo contro l'Iran, come scrive l'Economist: se così fosse avrebbe potuto essere tranquillamente piazzato in Grecia o in Turchia e non esattamente sulla traiettoria di un ipotetico attacco di rappresaglia russo contro l'Europa. L'occupazione dell'Afghanistan è servita anche a piazzare un cuneo sul tragitto delle esportazioni di gas e petrolio dall'Asia centrale ex sovietica verso il sudest asiatico. E se stiamo rinunciando a intervenire militarmente (ma non ad armare e finanziare le milizie ribelli) in Siria, base navale del Cremlino nel Mediterraneo, non è certo per paura di far arrabbiare Putin ma per considerazioni di altro ordine.
Senza contare la vera aggressione dell'occidente alla Russia, quella finanziaria che ha saccheggiato il paese subito dopo il collasso dell'Urss sotto lo sguardo benevolo e avvinazzato di Boris Eltsin. Non ci scordiamo che se il popolo russo ha rinunciato alla libertà e ai diritti civili votando Putin è soprattutto per la paura di ritrovarsi in mutande sotto un presidente colluso con i beneficiari di quella svendita.
Ora Putin torna a far "tintinnare la sciabola", denuncia l'Economist: ha disertato i vertici Nato e G8 e i suoi ministri parlano apertamente di attacchi alle basi dello scudo antimissile. La soluzione, ammesso che ne serva una urgentemente di fronte a queste minuzie, non sono le futili rappresaglie invocate dal settimanale, che aumenterebbero l'appeal del presidente a torso nudo tra i nazionalisti russi.
Se vogliono davvero evitare che gli Usa riconsiderino radicalmente costi e benefici dell'asse transatlantico, come teme l'Economist, i membri europei della Nato dovrebbero smorzare i toni di un'ostilità da cui non hanno niente da guadagnare e contribuire a ridisegnare struttura e obiettivi di quella che è ancora fondamentalmente un'alleanza anti-russa. E già che ci sono, dotarsi di una politica energetica comune più sensata: con il cappio di Gazprom alla gola sarà sempre difficile alzare la voce.