Rassegna (Dis)Equality
“Il porno è una macelleria”. Manifestazione per i diritti delle donne dell'8 marzo 2019 a Parigi. Foto: jmen/Flickr (CC BY 2.0) porn voxeurop demonstration

Il caso Rocco Siffredi riapre il dibattito sulle responsabilità del porno nella violenza di genere

Rocco Siffredi, ex attore porno, produttore e regista, è stato accusato di violenze e abusi sessuali. Il caso (ri)apre un dibattito sulla violenza nell’industria X e sulle rappresentazioni che veicola.

Pubblicato il 10 Giugno 2025
porn voxeurop demonstration “Il porno è una macelleria”. Manifestazione per i diritti delle donne dell'8 marzo 2019 a Parigi. Foto: jmen/Flickr (CC BY 2.0)

In una serie di servizi il programma televisivo italiano Le Iene ha accusato l’ex attore porno, produttore e regista Rocco Siffredi di abusi e violenze su alcune attrici che hanno lavorato con lui. Siffredi, 61 anni, ha negato ogni accusa e in una lettera al sito di gossip Dagospia mette in discussione la deontologia del programma, la metodologia dell’inchiesta e le testimonianze delle persone coinvolte. 
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Le accuse nei confronti di Siffredi, scrive Marina Nasi su Valigia Blu, “hanno riacceso un dibattito necessario e spesso rimosso: quello sul consenso e sui limiti dell’autodeterminazione nei contesti di sex work e sulla crescente rappresentazione della violenza nella pornografia contemporanea. Parlare di abusi fisici, psicologici e sessuali in un ambito lavorativo come quello pornografico, infatti, fa emergere contraddizioni profonde e situazioni in cui il consenso viene dato per scontato, considerato implicito o addirittura forzato. A questo si somma una oggettiva difficoltà nel denunciare: mancano tutele legali specifiche e pesa lo stigma che ancora oggi grava su chi lavora nell’industria del porno”.

Sarah Rost, su Voxeurop, ha raccontato due importanti processi che in Francia che vedono oltre 40 donne costituite parte civile e 16 uomini (tra produttori e attori), indagati per stupro aggravato, complicità in stupro, sfruttamento aggravato della prostituzione, traffico di esseri umani ai fini di stupro e diffusione di immagini contenenti violenze sessuali. 

Il modus operandi descritto nei due processi francesi fa eco alle accuse che prendono di mira Siffredi. Scrive Nasi: “C'è sempre un'attrice giovane e alle prime armi messa di fronte a Siffredi, ovvero un attore, regista, produttore e ‘pornodivo’ celebre e potente, nonché uomo molto più anziano, popolare e celebrato anche al di fuori del suo ambiente; c'è sempre la richiesta di almeno uno specifico atto sessuale a cui la performer in questione aveva negato il consenso (prima o durante l'atto); c'è sempre il momento in cui la donna cede e si rassegna a subire quello che ha più volte cercato di rifiutare. In alcuni casi, si racconta di un accanimento sul corpo delle ragazze. La difesa di Siffredi, sempre ai microfoni del programma, varia da ‘Nel porno il consensuale non funziona, dal punto di vista scenico e di quello che le persone vogliono vedere’ a ‘Forse in qualche scena avrei potuto fermarmi prima, chiudere prima o provarci di meno’, fino a ‘Oggi se una donna vuole distruggerti non deve fare altro che inventarsi tutto quello che vuole’.


“Quando guardi il film Gola profonda, mi stai guardando mentre vengo violentata” – Linda (Marchiano) Lovelace


Su Il Domani, Elisabetta Moro spiega che “l’inchiesta sta venendo molto discussa perché tocca il tema del consenso sessuale, ma anche quello delle molestie sul lavoro, oltre a collocarsi in un settore professionale che in Italia è scarsamente regolamentato”. 

“Può succedere a qualsiasi tipo di attrice di ricevere molestie e pressioni da un grande produttore, ma anche a una segretaria con un imprenditore che abusa del suo potere. Solo che nel porno c’è l’idea che, se sei lì, devi accettare tutto perché te la sei andata a cercare”, dice Sofia Bellucci, attrice professionista del porno a Domani

“Il problema nasce quando vengono chieste prestazioni non concordate o quando, magari per disagio fisico o psicologico, l’attore ritira il consenso a una certa prestazione. ‘Puoi dire di no, ma non sai se ti pagheranno, se parleranno male di te o ti chiederanno un risarcimento’, aggiunge Bellucci, ‘Il livello di attenzione al consenso è lasciato al modus operandi delle diverse produzioni, anche in base al paese dove ci si trova’”. Secondo Bellucci, “per tutelarsi ai performer non resta che affidarsi al passaparola su produzioni o attori affidabili oppure lavorare in autonomia tramite le piattaforme online”. 

In generale, infatti, la legislazione sulla pornografia è molto variabile e frammentata nei paesi europei. E, come spiegava Rost su Voxeurop, non si concentra in nessun caso su chi lavora, ma sulla tutela di chi consuma la pornografia. 


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Ma la tutela non dovrebbe concentrarsi sugli ostacoli all’accesso al contenuto, ma sulla struttura di quest’ultimo. Sul Guardian Lucy Knight riporta una dichiarazione di Caroline Dariant, la figlia di Gisèle Pelicot secondo la quale sua madre non avrebbe subìto oltre 200 stupri se non esistesse il porno. La questione naturalmente non è la pornografia in quanto tale, ma un’industria che veicola dominazione, violenza e sottomissione.  

Nella sua analisi Nasi cita uno studio pubblicato sul British Journal of Criminology, che spiega che “un titolo su otto tra quelli mostrati in home page alla prima visita dei siti porno più diffusi descrive un'attività sessuale che costituisce violenza. L’aumento e la normalizzazione di pratiche umilianti, brutali e potenzialmente pericolose per le stesse performer compongono un’estetica della violenza che, oltretutto, sembrerebbe plasmare non solo il consumo pornografico, ma anche le aspettative e i comportamenti sessuali nella vita reale”. 

Nasi cita l’uso frequente del verbo “break” tanto nei racconti di chi ha subito o assistito ad abusi sui set, tanto in quelli di chi ha rivendicato di fare porno con determinate modalità. La storica Christelle Taraud, nella prefazione di un libro uscito in seguito all'apertura dei due processi in Francia, parla di "Capitalismo sessuale predatorio e ‘porno da macello”.

Casi simili a quelli raccontati sono tanti: le attrici Leigh Raven e Riley Nixon ne hanno parlato nel 2018, mentre gli attori Ron Jeremy e James Deen sono stati anche loro accusati di violenze e abusi sul set. 

Un caso famoso è quello di Linda (Marchiano) Lovelace, conosciuta per il film Gola profonda (Deep Throat, 1972) il cui successo andò ben al di là “nicchia”. Qualche anno dopo l’uscita del film Marchiano fece una dichiarazione ancora non abbastanza conosciuta: “Quando guardi il film Gola profonda, mi stai guardando mentre vengo violentata”. 

 Le Monde nel 2022 racconta (in occasione dei cinquant'anni del film), le violenze che Linda Marchiano aveva subito dal marito e il controllo che questo ha esercitato in un momento di grande precarietà della sua vita. 

“Il caso Siffredi, su cui la giustizia farà il suo corso, è solo il sintomo visibile di una struttura molto più ampia e consolidata. Riguarda il consenso, la rappresentazione della sessualità, la mancanza di tutela per chi lavora nel porno, l'assenza di leggi specifiche per i casi di violenza che riguardano un settore particolare e particolarmente esposto come il sex work. E riguarda soprattutto la nostra responsabilità – come spettatori, cittadini, consumatori – nel non chiudere gli occhi davanti alla violenza, anche quando è confezionata come intrattenimento”, conclude Nasi.

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