Vladimir Kazanevsky voxeurop

Volontariato, resistenza, trauma e stanchezza: la società civile ucraina in tempo di guerra

Come reagisce una società in tempo di guerra? Il caso ucraino, con le sue contraddizioni, è interessante per guardare alla complessità di una società. Una profonda solidarietà e altrettanto profonde ingiustizie.

Pubblicato il 16 Aprile 2025

“Senza di loro, la difesa del paese e la società avrebbero subito enormi perdite”, dice la sociologa Olha Bezrukova a Le Monde in un articolo di Faustine Vincent che racconta la mobilitazione massiccia della società civile ucraina nella resistenza e nel sostegno alla popolazione.

Quello che l’articolo chiama “volontariato”, in Ucraina è oggi un fenomeno di massa: un sondaggio realizzato nell’agosto del 2024 dalla Fondazione Ilko Kucheriv racconta che “la maggioranza assoluta degli ucraini (71 per cento) dall'inizio dell'invasione su larga scala ha contribuito aiutando l'esercito, le persone temporaneamente sfollate o le persone che hanno sofferto a causa della guerra. […] il 17 per cento non ha aiutato e non ha intenzione di farlo”. 

Queste forme di attivismo si erano già viste nel 2014 (con lo scoppio della guerra nel Donbass) ma, dopo il 2022 sono aumentate in maniera esponenziale: “È diventata una forza potente e sistematica”, aggiunge Bezrukova. “Gli ucraini hanno imparato a mobilitare rapidamente le risorse e ad agire in modo strategico, senza aspettare ordini dall'alto”.

Su The Ukrainians, un articolo Tymofii Brik, sociologo e rettore della Kyiv School of Economics, racconta l'impatto “enorme e drammatico” che la guerra ha avuto sulla società. Ma, sottolinea Brik c’è un sorprendente paradosso: “Sappiamo che la società ucraina ha una lunga storia di mancanza di fiducia sociale e di partecipazione civica; sappiamo anche delle complesse sfide e dei traumi che gli ucraini hanno dovuto affrontare. Ma, allo stesso tempo, i sondaggi mostrano una fenomenale proattività degli ucraini. […] Da un lato, sentiamo e leggiamo che sono persone socialmente disorientate e senza fiducia, che vivono in comunità frammentate incapaci di unirsi. D'altro canto, gli ultimi dati mostrano un quadro radicalmente diverso: cittadini consapevoli che si fidano delle istituzioni e lavorano insieme per raggiungere la vittoria. È un'illusione temporanea che presto svanirà? O è una nuova Ucraina? O forse l'Ucraina è sempre stata così, solo che non l'abbiamo vista perché stavamo guardando nel posto sbagliato?”.

Kryvyi Rih, dal 2014 al 2022

Daria Saburova è dottoressa in filosofia all’Università di Paris Nanterre e si occupa di questioni legate al lavoro: ha pubblicato, nel giugno del 2024, Travailleuses de la résistance, Les classes populaires ukrainiennes face à la guerre (“Lavoratrici della resistenza, le classi popolari ucraine di fronte alla guerra”, Edition du Croquant).

Travailleuses de la résistance. Les classes populaires ukrainiennes face à la guerre

Il suo lavoro si concentra sulle esperienze della popolazione e mette in luce il ruolo del genere e della classe sociale nel lavoro di resistenza svolto dai volontari. 

Il suo terreno di ricerca è Kryvyi Rih, città nell’est dell’Ucraina. Kryvyi Rih è un caso interessante per diversi motivi: è nota soprattutto per essere centro industriale e siderurgico, in una regione prevalentemente mineraria; è famosa anche perché nella regione, durante la Guerra civile russa (1917-1922), c’è stata parte dell’insurrezione anarchica di Nestor Makhno; inoltre, è stata severamente bombardata dall’esercito russo. Infine, è la città natale di Volodymyr Zelensky

A Kryvyi Rih, prima della guerra su larga scala si parlava prevalentemente russo, che è la lingua con la quale Zelensky ha costruito la sua carriera come attore (ed è la lingua della serie – oggi distopica – nella quale incarna il ruolo di presidente dell’Ucraina, Servitore del popolo). 

In un’intervista alla rivista indipendente francese Politis (e in inglese su Links, International Journal of Socialist Renewal) Saburova racconta come la visione delle persone che ha intervistato è cambiata tra il 2014 e il 2024: “Nel 2013-14, in piazza Maidan, e poi nella guerra nel Donbass, sono state soprattutto le classi medie a mobilitarsi come volontari e combattenti volontari. Queste persone costituivano il nucleo di questa mobilitazione sia a livello organizzativo che ideologico. Per loro si trattava di una lotta per uno Stato ucraino indipendente, nonché per un percorso europeo e democratico opposto all'autoritarismo russo. Il rovesciamento del regime filorusso sempre più autoritario era giustificato ai loro occhi. Molti dei miei interlocutori di Kryvyi Rih vedevano questi eventi, al contrario, come un attacco alla democrazia da parte dei manifestanti e dei partiti di opposizione. La guerra nel Donbass non era la loro guerra, anche se alcuni dei loro colleghi nelle miniere e nelle fabbriche erano già stati mobilitati nell'esercito ucraino in quel periodo. Ma il 24 febbraio 2022, le persone si sono ribellate perché la loro città, cioè la loro sopravvivenza, la loro esistenza materiale e quella della loro comunità, era immediatamente minacciata da un'invasione militare. Non si trattava tanto di un impegno verso valori astratti, quanto di una difesa della loro vita quotidiana”.

Kryvyi Rih aveva votato in maggioranza per Viktor Janukovyč, il presidente filo usso che venne destituito dal parlamento nel 2014 in seguito all’Euromaidan. In un’intervista a France Culture, Saburova spiega che la maggior parte delle imprese della zona appartenevano all’oligarca Rinat Akhmetov (che sponsorizzava il Partito delle Regioni di Janukovyč) e questi lavoratori “avevano dei vantaggi legati al loro mestiere” e che dopo Maidan hanno in parte perso a causa di una serie di “riforme neoliberali richieste dal Fondo Monetario internazionale come rimborso a un prestito” chiesto dal paese. 

Tra i due periodi, pero’, c’è una cosa in comune: il volontariato. 

“La guerra nel Donbass aveva già creato più di un milione di sfollati interni, sostenuti principalmente da volontari (evacuazione, alloggio, supporto amministrativo, supporto legale, ecc.), perché gli aiuti forniti dallo Stato erano in gran parte insufficienti. Nel 2022 l'afflusso di aiuti umanitari è stato maggiore, ma i problemi strutturali sono rimasti e il volontariato è diventato essenziale per la distribuzione di questi aiuti”, continua Saburova che spiega “che questa situazione non è solo il risultato di una crisi imprevedibile, ma è anche in gran parte organizzata dallo stato (attraverso riforme neoliberali dei servizi pubblici, che hanno subito un'accelerazione dal 2014) e dalle organizzazioni internazionali (che preferiscono cooperare con ong private). Il lavoro che potrebbe essere svolto dai lavoratori dei servizi pubblici viene svolto gratuitamente dai volontari”.

Saburova parla di “stanchezza nei confronti della guerra” nei racconti delle persone, soprattutto perché “le classi lavoratrici sono molto colpite materialmente dalla guerra e dalle politiche neoliberali del governo”. 

Come? “Ad esempio, in alcune miniere, i salari sono diminuiti del 70 per cento dal 2022. La direzione giustifica questi tagli citando l'aumento dei costi di produzione e le difficoltà nel trovare sbocchi di mercato a causa della guerra. In questo sono aiutati dalla legge marziale: i minatori non possono scioperare e accettano di lavorare in qualsiasi condizione per beneficiare dell'esenzione dal servizio militare, poiché queste miniere hanno lo status di impresa strategica”.


Da leggere

Natalia Lomonosova  | “Lavoratrici sociali in tempo di guerra” | Commons | 11 marzo 2025 | EN, UA

Sul lavoro femminile la rivista ucraina, segnalo un articolo che riassume l’inchiesta della sociologa Natalia Lomonosova (tradotto in francese dal blog Entre les lignes). 

“Tutti erano in ansia, le signore anziane non sapevano cosa stesse succedendo o quando. [...] Si può dire che gli assistenti domiciliari erano al telefono con loro 24 ore al giorno, perché potevano chiamare di notte o in qualsiasi momento, avendo bisogno di risposte alle loro domande. ‘Halia, c'è un allarme raid aereo in questo momento. Halia, sta cadendo qualcosa, sta sbattendo qualcosa?’”, racconta una lavoratrice sociale in seguito ai primi bombardamenti. 

“La guerra su larga scala ha avuto un impatto negativo sull'accesso della popolazione ai servizi sociali e sulle condizioni di lavoro di coloro che li forniscono: nelle comunità in prima linea, così come in quelle che hanno accolto un numero significativo di sfollati interni, la capacità di fornire sostegno è stata notevolmente ridotta”, scrive Lomonosova. La storia delle condizioni di queste lavoratrici è un angolo fondamentale per raccontare una società in guerra. Non solo fanno i conti con le conseguenze dirette (bombardamenti, distruzioni) ma con quelle indiritte, violenze di genere (che sono in aumento) e traumi psicologici. Nel 2021, spiega l’autrice, lo “stipendio medio mensile nel settore dell'assistenza sociale al lordo delle imposte era di 10.095 hryvnia (327 euro), mentre lo stipendio nominale medio in Ucraina nel dicembre 2021 era di 17.453 hryvnia (567 euro)”. 

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