La sentenza con cui la Corte europea dei diritti umani (Echr) ha definito l'ostensione del crocifisso nelle aule scolastiche italiane "una violazione della libertà di religione degli alunni" e ne ha ordinato la rimozione ha scatenato l'ira dei cattolici italiani e dei loro referenti, scrive Repubblica. Il Vaticano ha parlato di "decisione ideologica e miope", il governo ha annunciato che farà ricorso e perfino il nuovo leader dell'opposizione Pierluigi Bersani è preoccupato da questa violazione del "buonsenso". Eppure, ricorda Michele Ainis su La Stampa, "nessuna legge della Repubblica italiana impone il crocifisso nelle scuole": si tratta di un retaggio del regime fascista, sopravvissuto a innumerevoli attacchi grazie a "settant'anni di equivoci" e alla compiacenza dello stato nei confronti della Chiesa.
Secondo il Corriere della Sera, questa "caccia ai simboli" è odiosa quanto la proibizione del velo islamico nelle scuole francesi. Su Repubblica, Stefano Rodotà difende invece la decisione della Corte, nata dalla richiesta presentata sette anni fa dai genitori di due alunni: "Questa sentenza ci porta verso un´Europa più ricca, verso un´Italia in cui si rafforzano le condizioni della convivenza tra diversi, dove acquista pienezza quel diritto all´educazione dei genitori che i cattolici rivendicano, ma che deve valere per tutti."
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