Se avete letto “L’Invincibile”, il romanzo del 1964 dello scrittore polacco Stanisław Lem, potreste avere l’impressione che, con l’attuale robotizzazione della guerra sul fronte russo-ucraino, la fantascienza stia diventando realtà.
Le autorità ucraine hanno annunciato che 15.000 droni terrestri saranno inviati al fronte nel 2025. La robotizzazione rappresenta una delle massime priorità per l’esercito dell’Ucraina e per la sua industria bellica. Un articolo di approfondimento pubblicato su Ekonomiczna Prawda racconta le esperienze dirette dei soldati con questi robot sul campo di battaglia, evidenziando sia il potenziale, ma anche gli svantaggi.
L’ufficiale ucraino Oleksandr Yabchanka, citato da Ekonomiczna Prawda, sostiene che lo scenario ideale sarebbe quello in cui, sul campo di battaglia, tutti i compiti più pericolosi vengano affidati ai robot, mentre i soldati vengano spostati nelle posizioni di sicurezza. Yabchanka riconosce però che l’esercito ucraino è molto lontano dalla realizzazione di questo obiettivo. Nonostante alcuni progressi nel settore della robotica militare, il numero elevato di operatori specializzati richiesto per controllare anche solo un singolo sistema rappresenta tuttora un ostacolo significativo.
Per coordinare una missione, servono almeno quattro soldati incaricati di gestire le diverse funzioni del robot principale e il drone con visuale in prima persona che lo accompagna, utilizzato per le comunicazioni.
Cinquanta droni terrestri sono stati approvati per l’uso nell’esercito ucraino ma, secondo un rappresentante della piattaforma tecnologica statale Brave1, i soldati ne utilizzano solo il 20-30 per cento perché “la maggior parte non è tecnicamente pronta per affrontare condizioni di combattimento reali oppure presenta una specializzazione troppo limitata.”
Il rappresentante sottolinea come i prototipi ricevuti dall’esercito vengano costantemente migliorati durante le operazioni: “L’esercito risolve i problemi in autonomia, grazie a laboratori in prima linea. Si tratta di una vasta rete decentralizzata di strutture in cui meccanici, ingegneri e operatori preparano l’equipaggiamento per renderli pronti al combattimento. Qui sperimentano con i loro progetti e generano idee per i produttori.”
In guerra non c’è tempo per i brevetti, per le officine autorizzate, o per la protezione della proprietà intellettuale.
Chi è Kirill Dmitriev?
Rappresentante del Cremlino e ad del Fondo per gli investimenti diretti russi (Rdif), Kirill Dmitriev si è distinto come figura chiave nelle trattative tra Russia e Stati Uniti cominciata a febbraio. All’inizio del mese di aprile, le autorità americane hanno perfino revocato le sanzioni nei suoi confronti per consentirgli di recarsi da solo a Washington.
Lì è avvenuto l’incontro tra Dmitriev, il rappresentante statunitense per il Medio Oriente Steve Witkoff, altri esponenti dell’entourage di Donald Trump e i rappresentanti del Partito Repubblicano. Sembra dunque opportuno osservare più da vicino questo personaggio e il suo passato, raccontati in dettaglio in un suo profilo sulla rivista indipendente russa Vazhnyye Istorii.
Nato a Kiev, Kirill Dmitriev ha proseguito poi i suoi studi in California, lavorando per alcune tra le maggiori istituzioni finanziarie americane, tra cui la Goldman Sachs. Dopo essere tornato in Ucraina, ha lavorato per l’influente oligarca Viktor Pinchuk. Tuttavia, rimasto deluso dal processo di democratizzazione seguito alla Rivoluzione arancione del 2004-2005, si è trasferito a Mosca, dove ha conosciuto la moglie, amica molto stretta della figlia di Vladimir Putin.
Putin ha mandato Dmitriev a negoziare con gli americani perché voleva qualcuno che parlasse a Trump non solo con un inglese sciolto ma, soprattutto, con lo stesso linguaggio degli affari e del guadagno proprio al presidente americano. Inoltre, Dmitriev e Trump non sono affatto due sconosciuti: Dmitriev, infatti, aveva già avuto contatti con la campagna di Trump durante le elezioni del 2016.
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