Attualità Integrazione europea

Un referendum sul futuro dell’Ue

Il paternalismo benevolo delle elite europee e il metodo intergovernativo hanno raggiunto i loro limiti. Per procedere verso l'unione politica bisognerà chiedere direttamente il consenso dei cittadini.

Pubblicato il 17 Ottobre 2012 alle 15:46

Fra meno interdipendenza e più integrazione l'ago della bilancia tende verso il primo polo. Un piano definitivamente inclinato? Certamente no. Se nulla assicura gli Stati Uniti d'Europa, non per questo è scritto che il conflitto intraeuropeo scatenato dalla crisi dell'euro sfoci nella disintegrazione dell'Ue - o peggio nella deflagrazione bellica.

L’urgenza dei problemi impone di analizzarli con freddezza, di smettere pregiudizi e visioni consolatorie, di usare la fantasia non per travisare il presente ma per immaginare il futuro. Soprattutto, qualsiasi progetto per l'Europa deve passare per il dibattito pubblico e per il consenso dei popoli europei interessati.

Non si può più fare l'Europa per gli europei. Sono gli europei a dover scegliere se ed eventualmente come fare l'Europa. Con ciò intendendo un soggetto geopolitico sovrano. Uno stato democratico europeo, in confini e con istituzioni da determinare. In concreto, si tratta di superare la logica dei trattati internazionali.

Ad oggi sono gli stati membri a stabilire cosa sia e soprattutto cosa non sia l'Unione europea. Con ciò favorendo la duplice delegittimazione della democrazia: al grado nazionale, dove la funzione parlamentare è al nadir storico, la legittimazione dei governi sempre più precaria e i partiti politici l'ombra di ciò che furono; al grado comunitario, con una Commissione screditata che mima una parvenza di potere esecutivo senza tema del ridicolo, affiancata da un Parlamento eletto su liste e per interessi nazionali, i cui poteri sono assai distanti da quelli che la tradizione occidentale assegna alle assemblee legislative.

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Di tale congiuntura profittano forze antidemocratiche o schiettamente razziste, che usano l'Europa come spauracchio per lucrare voti e rendite politiche. L’ideale europeo, concepito sulle macerie delle guerre mondiali per garantire la pace, favorire il progresso ed espandere la libertà, produce prassi di segno opposto. Eterogenesi dei fini: l'Europa mina i valori e svaluta i beniche vorrebbe proteggere.

Per ricomporre la frattura fra interdipendenza e integrazione possono concepirsi ricette assai diverse. In ogni caso, perehé funzionino necessiteranno della sanzione popolare. E' ora di chiedere agli europei se vogliono unire i loro stati o meno. Per referendum.

Non una delle svariate consultazioni nazionali, in cui gli elettori di questo o quello stato membro approvano o rigettano (in questo secondo caso venendo chiamati a rivolare fino all'espressione del consenso dovuto) un trattato illeggibile e infatti non letto.

Piuttosto, un referendum fra i Ventisette —dall'anno prossimo ventotto —degli Stati dell'Unione, svolto contemporaneamente e secondo le medesime regole nell'intero spazio comunitario, che ponga la questione regina: "Vuole o non vuole lei uno stato europeo formato da tutti gli stati dell'Unione europea o da alcuni di essi (indicare quali)?" Voto consultivo, certo. Ma il coro di centinaia di milioni di europei avrebbe un potente effetto di trascinamento sulle scelte dei leader politici nazionali.

Comunque vada, avremmo finalmente fatto chiarezza sull'europeità degli europei. Ciò che gli europeisti hanno evitato come la peste. Ma ormai dovrebbe essere chiaro che se un giorno riusciremo davvero a unire l'Europa o parte di essa per fame un protagonista democratico della scena globale, sarà solo sulle ceneri dell'europeismo. Del suo riflesso benevolmente paternalistico, della sua cultura profondamente elitista, ademocratica, cui dobbiamo il fatto che 55 anni dopo i trattati di Roma non solo non abbiamo unito l'Europa, ma ne stiamo eccitando gli spiriti animali mentre estirpiamo le radici liberali e democratiche delle sue nazioni.

Il brano è un estratto del capitolo L’Europa agli europei, pubblicato nel rapporto Nomos & Khaos 2012 dell'istituto Nomisma.

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