"Le elezioni europee sono sempre più vicine, ma di una qualche campagna elettorale non c’è neppure l’ombra", nota con preoccupazione Paolo Pombeni sul Messaggero.
In effetti, la tendenza dell'astensionismo basta da sola a giustificare l'allarme: dal 37 per cento del 1979 si è arrivati al 54 per cento del 2004, e c'è chi prevede per quest'anno un impressionante picco del 70 per cento. La situazione è tale che persino una testata tradizionalmente critica nei confronti di Bruxelles come il Financial Times ha recentemente sottolineato l'urgenza di fermare la delegittimazione delle istituzioni europee.
"I rigurgiti nazionalisti antieuropei sono forti in molti Paesi. In Gran Bretagna si prevede un certo successo del British National Party; in Austria il sentimento antieuropeo si fa strada ben oltre la destra estrema; in Francia non sono affatto scomparsi i sentimenti che portarono a votare no nel referendum sul cosiddetto Trattato Costituzionale; e nella stessa Germania gli umori che vorrebbero porre un freno alle politiche europee ed in ogni caso non vederle primeggiare sulla volontà di Berlino sono tutt’altro che circoscritti", scrive Pombeni e si chiede "Perché si è arrivati a questo punto?"
La risposta, ovviamente, non è né facile né univoca. Quel che è certo è che se il prossimo parlamento non troverà il modo per rilanciare l'integrazione e porre le basi per un'azione europea unitaria e ancorata al consenso dei cittadini vedremo ripetersi sempre più spesso quello che accade oggi con l'immigrazione: "Un tema che infiamma le opinioni pubbliche dei Paesi membri, mentre i governi sono più che altro attenti a passarsi di mano il più rapidamente possibile questo cerino acceso."
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