Attualità Pesca elettrica

L’Europa democratica e ambientalista messa alla prova

Secondo l’associazione ambientalista francese Bloom la Commissione europea ha finanziato illegalmente i pescherecci olandesi che praticano la pesca elettrica, una tecnica altamente controversa. Una vicenda al centro delle sfide europee, democratiche e ambientali.

Pubblicato il 27 Novembre 2018 alle 09:28

Il tema della pesca elettrica torna sempre più spesso sotto i riflettori in quanto, nonostante la sua intrinseca tecnicità, è particolarmente rilevante. Ambiente, democrazia, tutela dei lavoratori e, all’occorrenza, dei pescatori... questo controverso metodo di pesca coinvolge tutte le attuali sfide.

Anche l’associazione [Bloom] (https://www.bloomassociation.org/) è coinvolta: ha portato sotto i riflettori la sua lunga lotta contro la pesca elettrica e attacca duramente i Paesi Bassi e le istituzioni europee. All’inizio di novembre l’associazione ha denunciato i finanziamenti illegali che avrebbero ricevuto i pescatori che mettono in atto questo metodo che non fa l’unanimità tra gli scienziati.

La storia della pesca elettrica nell’Unione europea inizia nel 1998, quando ancora era vietata. Tutto è cambiato nel 2006, quando un regolamento introdusse alcune deroghe a questo divieto, allo scopo di testare la tecnica dal punto di vista sperimentale. Il provvedimento prevedeva che un massimo del 5 per cento della flotta di ogni stato membro Ue potesse ottenere queste autorizzazioni. Il provvedimento si rivolgeva solo gli stati che operano nel Mare del Nord.
Più recentemente, il 21 novembre 2017, la Commissione PECH del Parlamento europeo ha approvato, con 23 voti contro 3, un’opinione favorevole a uno sviluppo di questa pratica.

Qualche settimana più tardi è arrivata la reazione del Parlamento europeo in seduta plenaria: precisamente il 16 gennaio 2018 una netta maggioranza (402 voti contro 232) stabiliva il divieto totale di questa modalità di pesca. Quel giorno i deputati olandesi hanno votato quasi all’unanimità contro il divieto. Soltanto la deputata Anja Hazekamp, membro del Partito per gli animali, era favorevole al divieto. Se anche altri paesi si sono pronunciati in maggioranza contro il divieto, solo i Paesi Bassi sono stati compatti sulla questione: tutti i partiti politici si sono uniti, compresi gli ecologisti.

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Questo voto non è certo insignificante e lascia pensare che i Paesi Bassi siano il principale lobbista della pesca elettrica anche se, a giudicare dai suoi ricavi in ambito agricolo e anche quello del settore ittico, la pesca sembra avere un peso ridotto all’interno dell’economia del paese. Nel 2017 i ricavi della pesca raggiungevano l’1,86 per cento del Pil, un livello comunque superiore a quello dei paesi vicini: lo 0,51 per cento in Regno Unito, l’1,14 per cento in Danimarca, l’1,10 per cento in Svezia, o ancora l’1,51 per cento in Francia. D’altronde, i Paesi Bassi subiscono la concorrenza nel Mare del Nord da parte dei loro vicini e non sono sul podio insieme ai più grandi pescatori europei.

La pesca elettrica è un metodo rapido per realizzare più catture e questo è un elemento che spinge stati fortemente legati al settore della pesca, come Francia o Regno Unito, a opporsi a questa pratica per proteggere i propri pescatori, che non sono dotati di reti elettriche.

Per l’associazione Bloom, il problema non è solo questo: è anche e soprattutto democratico. Dopo il voto di gennaio 2018, le deroghe concesse ai pescatori olandesi non sono diminuite: al contrario  sono aumentate, mentre le discussioni riguardanti il futuro della pesca elettrica proseguono.

L’Ong afferma di aver rinvenuto irregolarità durante l’analisi dei dettagli dei finanziamenti offerti ai pescatori olandesi: nell’ottobre 2017 Bloom aveva già denunciato irregolarità nelle autorizzazioni per l’uso di questa tecnica concesse ai pescatori. Nello specifico, l’associazione aveva scoperto che, su 84 licenze, 70 sarebbero illegali in quanto eccedenti il limite del 5 per cento della flotta totale dei Paesi Bassi per il 2006.

Bloom ha anche scoperto che l’insieme degli 84 pescherecci avrebbero beneficiato di finanziamenti dai fondi europei per la pesca. In totale 21,5 milioni di euro di denaro pubblico sarebbero stati percepiti indebitamente da parte dei pescatori olandesi per sviluppare la pesca elettrica. Nel dettaglio, 14,3 milioni di euro sarebbero stati versati tra il 2008 e il 2016, a cui si aggiungono 6,5 milioni a partire dal 2017.A questi si aggiungono 2,7 milioni di finanziamenti che vanno esplicitamente a sostenere pescherecci che utilizzano reti a strascico, sebbene fossero stati esclusi da regime di deroga nel 2006.

Dal canto suo, la Commissione europea, contattata da VoxEurop, smentisce le accuse di finanziamenti illegali. Secondo una fonte vicina alle istituzioni, la Commissione starebbe cercando di ottenere informazioni sulla procedura di autorizzazione olandese. La Commissione si rimette dunque ai Paesi Bassi, unica autorità che possa aver assegnato le licenze contestate; laCommissione avrebbe comunque assegnato 5 milioni di euro a dei pescherecci che praticano la pesca elettrica, ma per progetti non inerenti a questo metodo, e 4,3 milioni di euro per progetti di ricerca con finalità di sviluppo di questa tecnica di pesca.
È ormai evidente che la questione della pesca elettrica continuerà a far discutere.

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