A quasi sette settimane dall'esplosione sulla piattaforma Deepwater Horizon, la British Petroleum (Bp) – la più grande compagnia petrolifera britannica – rischia "il crollo finanziario", titola l'Independent. Dall'incidente del 20 aprile, che ha causato la morte di undici lavoratori, 75 milioni di litri di greggio si sono riversati nelle acque del golfo del Messico, spazzando via l'enorme cifra di 50 miliardi di euro dai profitti della compagnia energetica. Dopo il fallimento dell'ultimo tentativo di tappare la falla "il valore dei titoli della Bp è crollato di un ulteriore 13 per cento, scatenando l'allarme anche al di fuori dell'industria petrolifera", continua il quotidiano londinese. Le ultime speranze sono aggrappate a un "cappello" di contenimento, ma un nuovo pericolo incombe. Il costo stimato di 808 milioni di euro per la bonifica è ancora affrontabile, perché l'anno scorso la compagnia ha guadagnato quasi 24 miliardi di euro. Il problema è che sta arrivando la stagione degli uragani. "I meteorologi prevedono un 2010 tumultuoso dopo due anni relativamente tranquilli. Le tempeste fermeranno le operazioni di pulizia e potrebbero spargere la chiazza ben oltre i limiti attuali".
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