Rassegna Open Europe

Il “modello Meloni” può diventare il futuro delle politiche migratorie europee?

Segnate dall’onnipresenza del tema dell’immigrazione e della sicurezza, le elezionii europee sollevano la questione del futuro delle politiche dell’Unione in materia di gestione delle migrazioni e dell'asilo. L'esito del voto sembra indicare una continuità con la precedente legislatura.

Pubblicato il 19 Giugno 2024

Concluse le elezioni, resta una sensazione di stordimento. Anche se l’“onda bruna” tanto temuta non ci sarà, quest’ultima consultazione sa un po’ di svolta epocale.

Una domanda resta in sospeso: quale futuro attende le persone rifugiate in Europa, dopo un’elezione in cui si è parlato costantemente di sicurezza e immigrazione? A grandi discorsi seguiranno grandi effetti?

Un nuovo ordine europeo

Possiamo trovare tante analisi politiche divergenti quanti sono i politologi, ma  è opinione comune che malgrado tutto la questione del controllo della migrazione abbia pesato molto sul risultato dello scrutinio e sulla virata a destra dell’assemblea parlamentare, pronostico che avevamo già documentato a inizio anno.

Sul quotidiano spagnolo El Salto, Ángel Ferrero dipinge un quadro a tinte fosche: “L’Unione europea ha mostrato al mondo il suo volto peggiore in occasione di queste elezioni: un continente che entra nel suo inverno demografico, una palude intellettuale sulle cui sponde vive una popolazione in preda alla frustrazione e al risentimento che l’estrema destra ha saputo capitalizzare come nessun altro”.

Esternalizzazione e modello italiano

Come potrebbe l’estrema destra usare il peso conquistato a seguito del voto europeo? Uno spunto di riflessione lo offre senza dubbio l’esternalizzazione delle frontiere, un processo già largamente avviato nel corso della precedente legislatura. 

“L’Ue sperava che il patto europeo sulla migrazione e l’asilo, approvato a maggio, avrebbe tolto terreno ai partiti di estrema destra che fanno campagna contro l’immigrazione, ma i parlamentari di estrema destra rieletti ora potrebbero volere delle restrizioni più severe”, ricorda acutamente Joanna Gill su Context.

“I partiti di estrema destra potrebbero sostenere nuovi accordi per gestire le domande d’asilo nei paesi extraeuropei e promuovere il rafforzamento delle frontiere dell’Unione”, sottolinea Gill. “Cosa che, secondo i difensori dei diritti umani, aumenta il rischio di respingimenti violenti”.

Il nuovo Parlamento europeo potrebbe quindi proseguire sulla scia degli accordi migratori siglati con Egitto, Tunisia, Mauritania o Libano e cercare nuovi alleati fuori dall’Ue. Un’atmosfera di cui potrebbe beneficiare una persona in particolare: Giorgia Meloni, la presidente del consiglio italiana (Fratelli d’Italia, estrema destra), che ha stretto un accordo di esternalizzazione con l’Albania – la cui entrata in vigore è prevista a fine agosto 2024 – e che ambisce già a vedere l’Unione europea seguire il suo esempio.

“Questo accordo potrebbe essere replicato in tanti altri paesi e rientrare in una soluzione strutturale per l’Unione europea”, si entusiasmava Meloni, citata da Alessia Peretti su Euractiv, alla vigilia delle elezioni. “Questo accordo sta diventando un modello. Qualche settimana fa, una quindicina di paesi europei su ventisette, quindi la maggioranza, ha firmato un appello alla Commissione chiedendo, fra le altre cose, di seguire il modello italiano. Anche la Germania, attraverso la ministra dell’interno (Nancy Fraser, partito social-democratico, centro-sinistra) ha manifestato il suo interesse per l’accordo”, ci ha tenuto a sottolineare la premier.

Federica Matteoni, sulla Berliner Zeitung, concorda pienamente: “Sebbene l’obiettivo non sia ancora stato raggiunto, il modello di Meloni, che vuole esternalizzare l’esame e la gestione delle procedure di asilo verso paesi non membri dell’Ue, non sembra più un tabù in Europa”. Secondo lei, Giorgia Meloni potrebbe leggere nell’atteggiamento di Ursula von der Leyen – attualmente favorita per un secondo mandato come presidente della Commissione europea – un allineamento sulla questione della gestione migratoria. Nulla però è ancora deciso.

“Non sappiamo ancora se il piano di Meloni avrà successo. Sia in Italia che in Albania, le organizzazioni per la difesa dei diritti umani criticano il progetto”, mitiga Matteoni. “Anche l’opposizione l’ha criticato, bollandolo come misura populista e mettendo in guardia rispetto al costo, che al momento si aggira intorno agli 800 milioni di euro, ma che dovrebbe aumentare ancora. Alcuni parlamentari hanno anche paventato il rischio della creazione di una Guantánamo italiana”. Matteoni punta inoltre il dito contro le falle legali del progetto, visto che il quadro regolatorio europeo obbliga a sbrigare le procedure d’asilo sul territorio dell’Unione.

Che ne è del patto sulla migrazione e l’asilo?

L’esternalizzazione delle frontiere europee, sull’esempio dell’Italia in Albania o del Regno Unito in Ruanda, potrebbe rivelarsi la strada più facilmente percorribile per l’Unione europea. Toccare il patto sulla migrazione e l’asilo – un pacchetto legislativo deciso dopo anni di discussioni che dovrebbe entrare in vigore nel 2026 – sembra impensabile a questo punto. Dalia Frantz, responsabile per gli affari europei dell’associazione La Cimade, lo riassume bene in un’intervista su Voxeurop, ricordando giustamente che il discorso non vale solo a livello europeo: “È evidente che l’estrema destra potrà agire anche su scala nazionale”. 

In effetti, mentre il Parlamento europeo potrebbe essere indotto in futuro a contemplare altri accordi di esternalizzazione, alcuni stati membri si sono già portati avanti. In Polonia, la reintroduzione di una zona cuscinetto ad accesso vietato alla frontiera con la Bielorussia è stata fortemente criticata da un gruppo di associazioni in una lettera aperta al viceministro dell’interno e dell’amministrazione Maciej Duszczyk, pubblicata su Krytyka Polityczna. 


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Nel frattempo, la Finlandia si prepara – lontano dagli sguardi dell’opinione pubblica internazionale – a chiudere la frontiera con la Russia, nel contesto di un aumento della “migrazione strumentalizzata”, ricorda Ana P. Santos su InfoMigrants.

Come sottolineato da Ciarán Lawless in una rassegna stampa pubblicata qualche settimana fa su Voxeurop, comincia a delinearsi un nuovo centro politico, incarnato da personalità tradizionalmente di sinistra ma che si pronunciano a favore di una politica migratoria più severa.

Se oggi destra, sinistra e centro tendono a convergere, questo succede perché c’è un consenso nascente – che non sembra prossimo a sparire – sulla necessità di condurre una lotta contro l’immigrazione. I dubbi che vengono sollevati sul rispetto dei diritti umani e la giustezza degli strumenti impiegati per limitare gli ingressi in Europa sembrano più che mai irrilevanti. 

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ECF, Display Europe, European Union

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