Una centrale elettrica a Helsinki. Le emissioni di gas serra della capitale finlandese sono due volte più elevate di quelle delle altre città del nord Europa. Foto Melancholic Optimist/Flickr

Cento miliardi di euro per salvare il pianeta

A meno di tre mesi dalla Conferenza sul clima di Copenaghen (Cop15), l'Unione europea vuole assumere la leadership della lotta al riscaldamento climatico. In un documento destinato al Consiglio, la Commissione illustra il finanziamento delle misure che ha intenzione di proporre.

Pubblicato il 9 Settembre 2009 alle 15:37
Una centrale elettrica a Helsinki. Le emissioni di gas serra della capitale finlandese sono due volte più elevate di quelle delle altre città del nord Europa. Foto Melancholic Optimist/Flickr

"A meno di tre mesi alla Conferenza sul clima in programma a Copenhagen la partita entra nel vivo", scrive La Stampa. La Commissione europea ha preparato un documento in cui sottolinea la necessità di elaborare un piano di finanza climatica che costituisca l'ossatura su cui costruire il successo degli incontri di Copenaghen. Nonostante la rottura dell'amministrazione Obama col passato ostruzionista degli Stati uniti di George W. Bush, la Commissione è preoccupata dalle difficoltà poste dalle economie emergenti ai negoziati preliminari, spiega il corrispondente del quotidiano torinese a Bruxelles, Marco Zatterin. Confermando le sue ambizioni di leader della lotta al riscaldamento globale, l'Unione cerca allora di dare l'esempio con un piano d'investimento progressivo che dovrebbe raggiungere l'importo complessivo di 100 miliardi di euro entro il 2020. Di fronte all'enormità della cifra, la Commissione ci tiene a rassicurare che l'esborso non graverà interamente sulle casse dei paesi membri, ma sarà aperta alla partecipazione privata. "L’idea è metterli insieme combinando tre categorie risorse differenti", spiega La Stampa: "ricorso al capitale finanziario nazionali, sia pubblici che privati; utilizzo dei proventi derivati dalla vendita delle quote sul mercato delle emissioni (come l’Ets in cui le aziende comprano e vendono i "permessi" ad inquinare); movimenti di finanza pubblica mondiale. Proprio gli investimenti privati sono considerati dalla Commissione uno snodo importante della strategia, e questo grazie alla loro capacità di essere remunerativi." Ribadito il comune accordo sulla necessità di porsi come esempio da seguire nella riduzione dei gas serra, tra i membri dell'Unione si apre ora il dibattito sui criteri di ripartizione degli oneri. Ma più che i negoziati per spremere quanto più possibile dalle parti in causa, conclude La Stampa, quello che conterà davvero sarà "la volontà di rinunciare a qualcosa per salvare il domani."

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