Con il trattato di Maastricht la determinazione dei tassi di interesse, gli strumenti per agire sull’inflazione e altri strumenti delle banche centrali per gestire l’economia sono stati trasferiti alla Banca centrale europea (Bce). Si tratta di una cosa risaputa e non è certo un mito. Ma il bilancio rimaneva una prerogativa statale, una delle ultime prerogative dei governi nazionali. Almeno fino a oggi.
“La sovranità assoluta sulla politica fiscale è scomparsa durante la crisi del debito”, afferma Josef Janning dell’European Policy Centre. Si tratta di una situazione evidente per la Grecia, di fatto sotto tutela, o per l’Irlanda e l’Italia, che devono rispettare rigorose esigenze in materia di riforme. In altre parole chi paga - la Germania - decide le misure di rigore che gli altri devono adottare.
Ma questo vale anche per i Paesi Bassi, osserva Janning. Con la crisi gli stati hanno tutti le mani sempre più legate dalla regolamentazione europea. In pratica è il nuovo patto di bilancio che li priva di quello che rimaneva della loro autonomia.
Non è un caso se Angela Merkel considera questo trattato (che entrerà in vigore nel 2013 se 12 paesi lo ratificheranno) come “una tappa verso un’unione politica”. Mentre per gli inglesi e per i cechi si tratta di un buon motivo per non parteciparvi.
Ma che cosa dice esattamente questo patto? In primo luogo non vi può essere un deficit di bilancio. Non si parla più di un 3 per cento, al massimo dello 0,5 per cento. E se dovesse comunque presentarsi un deficit, un meccanismo di correzione scatterebbe automaticamente. In questo caso gli stati dovrebbero prendere delle misure di rigore sulla base delle direttive della Commissione europea.
Nel dicembre 2011 anche la Corte costituzionale tedesca si è occupata di questo trattato e della sua conformità alla costituzione: è possibile che un commissario europeo imponga alla Germania il suo bilancio? Una domanda difficile e particolarmente delicata in periodo di crisi, quando le esigenze di rilancio dell’economia sono pressanti.
“Le prerogative dei parlamenti nazionali” rimangono intatte, si afferma per eludere la questione. In altre parole gli stati devono sempre dare il loro consenso alle misure di rigore richieste. Rimane il problema di sapere fino a che punto i parlamenti sono liberi in questa materia e fin dove arriva l’autorità di Bruxelles: il trattato crea solo linee guida o il commissario europeo responsabile definirà il modo e i settori in cui si dovrà risparmiare? Secondo il parere unanime di tutti gli esperti questo dipenderà dalle condizioni delle finanze di un paese. Più uno stato sarà in difficoltà, più la sorveglianza sarà stretta, la libertà di bilancio ridotta e le esigenze gravose, precise e strutturali.