Attualità L’Ue e le quote di rifugiati

Come ripartire in modo più equo i richiedenti asilo

Il programma di ridistribuzione dei rifugiati di Bruxelles è carente sotto diversi aspetti. Due ricercatori della London School of Economics propongono un sistema alternativo basato su criteri pragmatici e realistici. E alcuni risultati sono sorprendenti.

Pubblicato il 28 Gennaio 2016 alle 10:27

La Commissione europea ha elaborato un criterio di ridistribuzione, descritto in un comunicato stampa del 9 settembre 2015, mirato a ripartire la responsabilità in fatto di accoglienza dei rifugiati – o, più precisamente, dei migranti con diritto alla protezione internazionale provenienti da paesi con tassi di riconoscimento del diritto di asilo a livello europeo superiori al 75 per cento. Attualmente Siria, Eritrea e Iraq.

Il criterio prevede quote proporzionali alla popolazione (40 per cento del punteggio) e al Pil (40 per cento), oltre a due "fattori correttivi", vale a dire il tasso di disoccupazione (10 per cento del punteggio) e il numero di rifugiati accolti nell’arco degli ultimi quattro anni (10 per cento). Secondo la decisione del Consiglio del 22 settembre 2015 il criterio si applica a circa 66mila rifugiati trattenuti in Grecia e in Italia da ridistribuire tra gli altri Stati membri dell'Unione, a eccezione di Danimarca, Irlanda e Regno Unito, esonerati in base al trattato di Lisbona. Le quote delineate dalla Commissione sono riportate nella colonna J della Tabella 2.

In realtà, la Commissione introduce il criterio della popolazione nel punto sbagliato del calcolo. Sono vari i fattori che contano, compresa la dimensione della popolazione, e a tali fattori assegna un peso per determinare l’eventuale disponibilità di accoglienza dei rifugiati, in termini ragionevoli, per ciascuno Stato. L’elemento che sfugge è che la dimensione della popolazione assume un peso molto diverso rispetto agli altri fattori.

Per determinare un principio più equo per l’accoglienza dei profughi occorre anzitutto determinare cosa rappresenta una ragionevole disponibilità di accoglienza dei rifugiati per un cittadino tipico di ciascuno Stato. Sono tre i fattori determinanti. In primo luogo, questa disponibilità è una funzione delle ricchezze. I cittadini degli Stati più ricchi sono in una posizione più favorevole per accollarsi l'onere finanziario che l’accoglienza dei rifugiati comporta rispetto ai cittadini degli Stati più poveri.

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Il secondo fattore è il mercato del lavoro. Il flusso di rifugiati solitamente desiderosi di lavorare rappresenta un vero vantaggio per un mercato del lavoro con più posti di lavoro vacanti e quindi uno Stato con un tasso di posti vacanti superiore dovrebbe essere più predisposto ad accogliere i rifugiati.

Il terzo fattore è costituito dall’aspetto demografico. Il flusso di rifugiati, in genere più giovani rispetto alla popolazione locale, costituisce un vero vantaggio a fronte di una popolazione che invecchia. Uno Stato con una popolazione che invecchia dovrebbe essere più predisposto ad accogliere i rifugiati. La ricchezza facilita l’accettazione dei costi finanziari che l’accoglienza dei rifugiati comporta, mentre le offerte di lavoro vacanti e l'invecchiamento della popolazione fanno dell’accoglienza dei rifugiati un vero vantaggio e non un costo.

Una misura ragionevole delle ricchezze è il Pil pro capite a parità di potere d'acquisto (Ppp), in quanto il costo dell’accoglienza dei rifugiati sarà influenzato dal costo della vita nello Stato membro che accoglie. Si veda la colonna B della Tabella 1.

L’aspetto rilevante a proposito del mercato del lavoro è costituito dalle percentuali dei posti di lavoro vacanti più che dalle cifre della disoccupazione che la Commissione utilizza. Ciò che conta è se i rifugiati saranno in grado di trovare lavoro e se i posti di lavoro vacanti costituiscono una misura migliore rispetto ai tassi di disoccupazione, tenuto conto che questi ultimi sono anche influenzati dalla natura dello stato previdenziale.

Quando uno stato previdenziale gode di elevati livelli di istruzione, tassi elevati di disoccupazione possono coesistere con una elevata domanda di manodopera. Si veda la colonna C della Tabella 1. Un semplice esempio della misura in cui la popolazione invecchia è la proporzione degli ultrasessantacinquenni nella popolazione di ciascuno Stato. Si veda la colonna D della Tabella 1.

A differenza di quanto ha fatto la Commissione europea, abbiamo escluso dalla valutazione il numero delle domande ricevuto negli ultimi quattro anni. Agli Stati che hanno aperto le loro porte in passato deve essere concessa una tregua. Ma d'altra parte, in gioco entrano le economie di scala. Gli Stati che in passato hanno offerto accoglienza dispongono di tutti gli strumenti per offrirla, mentre realizzare simili strutture negli Stati interessati solo in minima parte dal fenomeno dei rifugiati che chiedono accoglienza risulta oneroso. Poiché queste considerazioni portano in entrambe le direzioni, abbiamo volontariamente omesso questo fattore, tenuto anche conto che, in ogni caso, influisce in minima parte nel calcolo della Commissione.

Costruita una misura multidimensionale, per ciascun fattore abbiamo costruito un indice fra 0 e 1, in modo che il valore massimo di ciascun fattore corrisponda a 1 e quello più basso a 0. Così operando, i dati sono normalizzati. Vedere le colonne B, C e D della Tabella 2. La media dei tre fattori dà la misura per la disponibilità di accoglienza ragionevole pro capite per ciascuno Stato. (Colonna E della Tabella 2).

È a questo punto che entrano in gioco le dimensioni della popolazione, riportate nella colonna E della Tabella 1. Prima si moltiplica la disponibilità di accoglienza pro capite per la dimensione della popolazione di ciascuno Stato: nella colonna F della Tabella 2 è riportata la disponibilità all’accoglienza per ciascuno Stato. A questo punto il carico dei rifugiati va ripartito proporzionalmente a questa disponibilità. La colonna G riporta le percentuali e la colonna I i numeri per un gruppo di 66.089 persone. Le colonne H e K riportano invece le percentuali e i numeri sul criterio della Commissione.

Se si esaminano gli Stati membri fortemente interessati dal fenomeno, ovvero quelli le cui quote aumentano di più del 20 per cento (in giallo) o diminuiscono di più del 20 per cento (in blu), emergono notevoli differenze. Per comprenderle, si noti che nello schema il Pil pro capite è meno importante, mentre i posti di lavoro vacanti e l'invecchiamento della popolazione risultano fattori di co-determinazione di uguale importanza.

Per la Germania le quote aumentano di quasi il 50 per cento a causa di un elevato numero di posti di lavoro vacanti e dell'invecchiamento della popolazione. Le quote della Repubblica Ceca aumentano di oltre il 30 per cento e quelle di Malta di oltre il 60 per cento per le stesse ragioni. Inoltre, il basso Pil pro capite di questi Paesi conta meno.

Le quote del Lussemburgo diminuiscono di oltre il 50 per cento a causa di un numero di posti di lavoro vacanti basso e una popolazione giovane, pur con un Pil elevato.

Le quote di Cipro, Polonia e Repubblica Slovacca diminuiscono fra il 55 e il 65 per cento a causa del basso tasso di posti vacanti e della popolazione giovane. Le quote di Francia e Spagna diminuiscono fra il 20 e il 25 per cento a causa dei bassi tassi di posti vacanti. Si potrebbero apportare numerose variazioni al criterio appena delineato. Per determinare la disponibilità all’accoglienza pro capite, si potrebbe tener conto di altri fattori.

Nel calcolo degli indici (ad esempio Lussemburgo nel Pil pro capite) si potrebbero eliminare valori anomali. Si potrebbero anche cambiare i pesi dei fattori, oppure utilizzare un’assegnazione progressiva anziché proporzionale dei rifugiati relativa alla disponibilità all’accoglienza. I lettori sono invitati a provare direttamente nel file Excel, che abbiamo reso disponibile per questo scopo.

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