Il comune mercato degli eurovoti

Gli anni passano, ma c'è una tradizione che nell'Italia del sud non accenna a scomparire – la compravendita dei voti. Tre candidati alle elezioni europee raccontano la loro esperienza: offerte all-inclusive e prezzi stracciati, fino a 80 centesimi a elettore.

Pubblicato il 1 Giugno 2009 alle 19:53

Il mercato dei voti nell'Italia meridionale non conosce crisi e ha ormai incluso nel suo target anche le elezioni europee. Giacomo Mancini, eurocandidato del Popolo delle Libertà alle elezioni europee del 6-7 giugno racconta al Sole 24 Ore di essere stato contattato da alcuni sedicenti attivisti politici, che si sono poi rivelati intermediari dei boss locali. "In cambio della X sul mio cognome dovevo sganciare 3mila euro", dice Mancini. Quando ha declinato l'offerta, i "piazzisti" non hanno fatto una piega e sono andati a cercarsi un candidato più compiacente.

"Non si spiegherebbe altrimenti perché candidati sconosciuti racimolino migliaia di voti che li portano a conquistare un seggio", spiega il sindaco di Gela Rosario Crocetta. Anche a lui è stato offerto un pacchetto: 500 voti per 400 euro. Rispetto alla Puglia il prezzo è quasi la metà, 80 centesimi a voto. Ma Crocetta spiega che nell'ultima settimana prima delle elezioni la tariffa può lievitare anche fino a 60 euro a preferenza.

A Napoli invece una delle forme di pagamento più apprezzate è il classico posto da dipendente pubblico. Quando parla con i potenziali elettori, racconta il capogruppo dell'ex An alla regione Enzo Rivellini, "qualcuno che prova a buttare lì l'idea di un figlio disoccupato da piazzare non manca mai. Io mi limito a rispondere che può esserci un maresciallo all'ascolto, ma c'è da riflettere sulla drammaticità delle condizioni del Sud."

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